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Gli errori nella trascrizione dei testi

Gli errori nella trascrizione dei testi



Durante il processo di scrittura gli errori sono frequenti. Possiamo imbatterci in casi di aplografia, cioè di riduzione del numero di lettere che compongono una parola per formarne un'altra, sia pure di senso compiuto, ma più breve (sperperare = sperare) o in casi di dittografia, dove il problema è l'inverso.
Mentre si copia, dunque, possono compiersi errori sia sul piano della forma (= modificando la veste fonetica o morfologica) sia sul piano della sostanza (= sostituendo una parola con un'altra). Alcuni errori possono essere manifesti e palesi, ma altre volte possiamo imbatterci in errori non immediatamente identificabili perchè calati armonicamente nell'organico del testo (si parla in questo caso di varianti neutre) . In presenza di più testimoni, se ogni testimone contiene una variante diversa, è più semplice capire in quale sia presente l'errore; se abbiamo a disposizione un unico testimone con un errore, non sarà facile dire se una parola è effettivamente erronea o no.
L'errore può naturalmente dipendere da qualsiasi cosa: tipo di scrittura del modello, rapporto tra la lingua del copista e testo copiato, condizioni di luce, bontà della penna, forza visiva. L'esercizio di copista implica un notevole sforzo psicofisico (lettura, memorizzazione, autodettatura, scrittura). Non è sempre facile distinguere e – c – t oppure f – s di forma lunga, che all'epoca si distinguevano solo per il trattino orizzontale nella f.
Possono esserci anche errori dipesi da fraintendimenti psicologici: si legge l'inizio di una parola e il resto lo si tira ad indovinare (lettura sintetica con omeoarchia) come con tradizione – traduzione; lo si fa solitamente banalizzando, cioè sostituendo il più noto al meno noto, il solito all'insolito, il facile al difficile. In questo caso il filologo, dovendo scegliere tra lezioni equivalenti, in mancanza di argomenti più convincenti, preferirà operare una lectio difficilior.
Un altro errore consiste nel salto con omoteleuto, che vuol dire che dato che si legge per brevi segmenti, può capitare di incontrare una parola al rigo 5 e reincontrarla al rigo 9 convinti di essere ancora la rigo 5, con conseguente lacuna. In questo caso tra un testimone dalla lezione più lunga e un testimone dalla lezione più corta che siano entrambe accettabili, si ha un buon argomento a favore di una lezione più lunga quando si riesce a dimostrare per la versione più breve un caso di salto con omoteleuto.
Un altro errore consiste nella modifica della fonesi scritta. Un copista toscano che copia un testo della Scuola poetica siciliana, probabilmente imprimerà al testo la fonesi toscana perchè la sua autodettatura interiore sarà toscana; un testo toscano copiato in Italia settentrionale la medesima cosa (perciò > perzò).


Tratto da FILOLOGIA DELLA LETTERATURA ITALIANA di Gherardo Fabretti
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