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La nozione di testo filmico, Metz

La nozione di testo filmico, Metz


L’analisi testuale del film ha conosciuto una certa fortuna nel decennio che è seguito alla pubblicazione nel ‘71 di Linguaggio e cinema di Metz; c’è comunque da dire che alcune, come quella di Bellour su una sequenza de Gli uccelli, sono precedenti, e quelle che si riferiscono esplicitamente alla definizione di testo propria di Metz sono in numero assai ridotto.
La nozione di testo appare innanzi tutto per precisare il principio di pertinenza sulla base del quale la semiologia si propone di affrontare lo studio del film: essa lo considera in quanto oggetto significante, come unità di discorso; il film è in effetti suscettibile di molteplici approcci che corrispondono tutti ad un’accezione differente dell’oggetto, dunque ad un differente principio di pertinenza: esso può essere considerato da un punto di vista tecnologico, economico, tematico, come documento sulla base della sociologia della ricezione. Parlare di testo filmico significa dunque prendere in considerazione il film come discorso significante, analizzare il suo/i sistema/i interno/i, studiare tutte le configurazioni significanti che in esso si possono osservare; l’approccio semiologico può individuare due percorsi differenti:
- studiare il film come messaggio di uno o più codici cinematografici, come il montaggio frammentato in Muriel; questo studio deve mettere in relazione la pratica del montaggio in un dato film con quella di altri film che presentano configurazioni simili.
- (in maniera propriamente testuale) studiare il sistema proprio di un film, per esempio il ruolo del montaggio frammentato in Muriel, non più in quanto figura del linguaggio cinematografico, ma in relazione alle altre configurazioni significanti all’opera nel medesimo film e al senso che esse generano.
Metz rimanda alla definizione hjelmsleviana di testo per indicare che il termine serve a nominare ogni svolgimento significativo, ogni processo, sia questo svolgimento linguistico, non linguistico o misto, laddove il film parlato corrisponde a quest’ultimo caso; testo può dunque designare una successione di immagini, una successione di note musicali, un quadro nella misura in cui questo sviluppa i propri significanti nello spazio, ecc.
Testo filmico corrisponde al livello filmofanico così come lo definivano Souriau e Cohen-Seat nel vocabolario della filmologia, vale a dire al film funzionante come oggetto percepito da degli spettatori durante il tempo della sua proiezione; esso si contrappone al sistema del film, che è il suo principio di coerenza, la sua logica interna, è l’intelligibilità del testo costruita dall’analista. Vi sono due istanze astratte appartenenti all’ordine del sistematico: il sistema proprio di quel film e i codici, anch’essi sistematici, costruiti dall’analista, ma questi non sono specifici, singolari; certi codici possono essere generali perché riguardano l’insieme virtuale di tutti i film, altri sono particolari solo nella misura in cui non intervengono che in una categoria di film, una sola classe di film: ma anche se sono particolari, questi codici non sono mai singolari, riguardano sempre più di un solo film; solo i testi sono singolari.


Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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