Equivocità della ‘tesi del fondamento’: ‘tesi dell’ente’ o ‘tesi dell’essere’?
Principium rationis, tradotto in linguaggio filosofico tedesco, corrisponde alla locuzione Satz vom Grund, o, meglio ancora, a Grundsatz vom Grund, tesi del fondamento. La sua forma linguistica è: nihil est sine ratione, «niente è senza ragione, senza fondamento». Volgendone il contenuto in forma affermativa, la tesi dice: omne ens habet rationem, «ogni ente ha una ragione, un fondamento». Spesso il contenuto della tesi è noto anche nella formulazione seguente: nihil fit sine causa, «niente accade senza causa». Essa non è una semplice costatazione: una costatazione è tale da prevedere una verifica empirica di ciò che afferma in quanto dichiara che la verità di quanto afferma sia verificabile, ma una siffatta verifica è negata all’uomo. Non è nemmeno una regola: una regola è il risultato di una costatazione; se una costatazione non mi conducesse ad affermare con assoluta certezza che ogni ente (perlomeno gli enti finora osservati) ha un fondamento, allora la regola derivante da essa prevedrebbe delle eccezioni. Ma la tesi del fondamento non pone eccezioni. Essa è sicuramente una proposizione, ma lo è in un modo totalmente diverso da qualsiasi altra proposizione: è θέσις nel senso greco del termine, è «pro-posizione», posizione di qualcosa di evidente e di necessario innanzi agli occhi, «posizione del fondamento». L’evidenza di questo principio sembra lapalissiana: il nostro intelletto non si sforza minimamente per comprenderne il senso. Ciò, scrive Heidegger, dipende «dal fatto che l’intelletto umano […] mira subito a scovare il fondamento in base al quale ciò che gli capita di incontrare è così com’è». Tale tesi «risuona», dunque, nel rappresentare umano come un «movente del suo comportamento».
Tuttavia, nonostante la tesi del fondamento sia posizione di qualcosa di evidente dinanzi agli occhi, e nonostante sembri che questo contenuto evidente sia il fondamento, la sua forma linguistica ci rivela una sconcertante verità: la tesi del fondamento, che dovrebbe asserire qualcosa sull’essenza del fondamento, sembra esprimere, in realtà, qualcosa intorno all’ente. Soggetto della proposizione è, infatti, omne ens, e la ratio si configura come predicato dell’ente. La tesi non dice nulla rispetto al fondamento di cui presume di parlare. Essa è percepita come un bastone d’appoggio in quanto è «tesi fondamentale», è «principio»; è addirittura il «principio primo di tutti i principi primi» in quanto è da esso che gli altri principi primi (identità, differenza, contraddizione, terzo escluso) ricevono la loro ragion d’essere. Ma, non appena pensiamo tale principio in maniera più rigorosa, non appena lo interroghiamo sull’essenza di ciò di cui esso dovrebbe parlare, veniamo mandati fuori strada.
A questo modo di pensare ci ha condotto una determinata lettura della tesi: nihil est sine ratione. Essa pone l’accento sui termini nihil e sine e rappresenta l’interpretazione letterale del principio, quell’interpretazione che asserisce dell’ente-soggetto l’avere un fondamento. L’obiettivo di Heidegger è quello di dimostrare che la tesi del fondamento non è tesi dell’ente, non è tesi che parla dell’ente, ma è tesi del fondamento nel senso più proprio del termine: essa dice qualcosa proprio sul fondamento in quanto tale, su quel fondamento a partire dal quale ogni ente riceve la sua legittimazione. Per giungere a questa conclusione, è opportuno mettere in disparte la pretesa di occuparsi immediatamente del contenuto della tesi del fondamento (come sarebbe stato più ovvio comportarsi in questo caso) prendendo una via indiretta. Una ricerca del contenuto della tesi del fondamento che non prenda le mosse da lontano ci condurrebbe inevitabilmente al punto di partenza: la tesi del fondamento asserirebbe a quel punto ancora una volta qualcosa intorno all’ente. Lo scopo di questa via indiretta è quello di prepararci al salto in un’altra modalità del pensiero, un pensiero che ci induca ad ascoltare la tesi secondo un’altra tonalità: nihil est sine ratione. Tale accentazione esprime una consonanza tra est e ratio, tra «è» e «fondamento» e, di conseguenza, getta luce sull’essenza del fondamento che vogliamo ricercare. Ma abbiamo già anticipato troppe cose. Seguiamo con calma la via indiretta dell’analisi del principio di ragione percorsa da Heidegger fino a giungere alla piana da cui compiere il salto sulla strada maestra.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Carmine Ferrara
[Visita la sua tesi: "Il problema del male e del nulla nel ''De casu diaboli'' di Anselmo d'Aosta"]
- Università: Università degli Studi di Salerno
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Corso: Filosofia
- Esame: Filosofia teoretica
- Docente: Francesco Tomatis
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