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Bellezza e filosofia nell' "Iperione"



Il 1° volume si chiude con il discorso di Atene. Il segreto di questo popolo è la bellezza, causa del suo sviluppo armonico. Umano e divino si riconoscono nella bellezza. La bellezza coappartiene a umano e divino, e rende possibile il rimando ontologico (tramite la bellezza si accede ad essi). L’arte bella vive nel ricordo di uno stadio originario. Quando l’eterna bellezza era senza coscienza di se stessa (vedi l’Essere Assoluto come indifferente sia all’identità che alla molteplicità). In nome di questa provenienza l’arte può ringiovanire l’uomo avvicinandolo al suo ideale eroico. Seconda creatura della bellezza è la religione, non cultuale ma intesa come amore della bellezza. È questa la vera saggezza, che supera l’amore per la saggezza (filosofia), perché la filosofia dipende dalla poesia. Gli ateniesi divennero popolo filosofico grazie all’apporto della poesia. Con la poesia si può riconciliare ciò che per la filosofia resta contraddittorio. Poesia come alfa e omega della filosofia. Gli scritti dei presocratici o Eraclito son più vicini alla poesia religiosa che al dialogo filosofico. Il discorso si chiude con parole di sfiducia verso la ragione e il puro intelletto. Dal puro intelletto non nasce filosofia, perchè la filosofia è superiore alla limitata conoscenza di ciò che è. E la filosofia non si fa con sola ragione perchè è più di un interminabile progresso nell’analisi e nella sintesi di una qualsiasi materia. Solo se al servizio della bellezza la ragione trova uno scopo preciso: pensare al giorno di festa quando l’uomo verrà ringiovanito. Il 2° volume comincia con la dichiarazione di guerra della Russia alla Turchia del 1770.  I briganti greci del suo esercito deludono Iperione. La guerra è persa, Iperione comunica a Diotima di voler morire, ma è solo ferito e curato da Alabanda. Alabanda che gli ricorda come l’unità con la totalità non si possa recidere: quindi è inutile preoccuparsi della morte. Dopo la morte di Diotima Iperione si sposta in Germania e vi trova un realtà sociale e culturale impermeabile verso il suo utopico proposito. Il senso dell’esistenza umana, dell’esistenza tragica, è affidato a un verso di Eraclito: conciliazione è entro la discordia, e tutto ciò che è separato si ricongiunge.

Tratto da HOLDERLIN di Dario Gemini
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