La diversificazione
La diversificazione è l'espansione di un'impresa esistente verso una nuova linea di prodotto o area di attività.
Questa può essere:
• correlata (diversificazione concentrica). Si verifica quando un'impresa si espande in un'area di attività simile. Es. La Bic: prima faceva penne e poi ha iniziato a fare rasoi. Nella diversificazione correlata ci può essere una sovrapposizione di: tecnologia e distribuzione, poiché si va ad acquisire competenze in un settore molto simile al nostro core business.
• Non correlata (diversificazione di gruppo). Questa si verifica quando la nuova linea di produzione è molto lontana dal core business dell'azienda.
La differenza non è netta: bisogna prima capire l'approccio strategico complessivo del gruppo ed identificare le competenze manageriali esistenti all'interno di esso. La diversificazione è classificata sulla base della sua direzione:
1) diversificazione orizzontale, che caratterizza un'impresa che allarga il proprio perimetro restando all'interno della stessa fase produttiva;
2) diversificazione verticale, si verifica quando l'impresa si incarica di una serie di fasi successive di produzione di un bene/servizio.
Vi sono diversi motivi per i quali le imprese decidono di diversificare:
1) motivi legati al risparmio fiscale (anche se adesso l'ADE parla di abuso di diritto);
2) peso del management; sono loro a voler diversificare o a voler acquisire per poter migliorare la situazione aziendale e anche per poter avere più certezza nel posto di lavoro e nei bonus di fine anno.
La diversificazione è positiva solo se aiuta l'impresa a raggiungere i suoi obiettivi, che possono essere:
1) crescita. La diversificazione aiuta le imprese ad uscire dal loro settore di appartenenza poiché, se non lo facessero, sarebbero prigioniere di un unico settore (esempio: le imprese prigioniere di un medesimo distretto). Le aziende come tabacco o petrolio sono quelle che fanno parte di settori a bassa crescita ma con alta liquidità; la diversificazione, per quanto buona, non è vista di buon occhio da parte degli azionisti, poiché più interessati alla creazione di liquidità; quindi, più interessati nell'investimento in settori anche con bassa crescita (o in declino) ma che producano abbondanti flussi di cassa.
2) riduzione rischio. Se i cash flow che generano le attività sono parzialmente correlati, riunire delle attività diverse in un'unica struttura può creare dei vantaggi di profitto più stabili. I principali beneficiari della riduzione del rischio sono i manager poiché garantiscono sicurezza lavorativa.
3) creazione di valore.
4) Sfruttamento di economie di scope.
5) I mercati interni dei capitali. Se l'impresa è diversificata, diviene un mercato interno dei capitali, cioè il gruppo prenderà decisioni inerenti l'allocazione del capitale alle diverse attività.
I gruppi che diversificano hanno due vantaggi:
-possono evitare di sostenere i costi associati al ricorso al mercato esterno dei capitali;
-hanno miglior accesso all'informazione inerenti le prospettive finanziarie delle proprie diverse attività.
Ai due vantaggi si contrappone uno svantaggio: le decisioni di investimento all'interno di un gruppo diversificato sono un processo politicizzato che lascia da parte le considerazioni
strategiche e finanziarie per far posto a conflitti personali.
6) I mercati interni del lavoro. Se l'impresa diversifica ha il vantaggio di poter spostare i dipendenti da una divisione all'altra senza dover far ricorso al mercato del lavoro. I costi evitati sono: costo per gli annunci, per i licenziamenti, tempo impiegato nei colloqui.
La diversificazione per realizzare la crescita o la riduzione del rischio, però, non è sempre in linea con l'interesse degli azionisti.
Per capire se la diversificazione fa o meno gli interessi degli azionisti, Porter ha elaborato 3 test essenziali. Questi test essenziali sono:
1) test di attrattività. I settori scelti per la diversificazione devono essere strutturalmente attrattivi o potenzialmente attrattivi; un'assunzione di base di questi test è che l'attrattività di un settore non è una condizione sufficiente a spingere un'impresa ad entrarvi. La diversificazione dà la possibilità alle imprese di fare maggiori profitti che magari derivano dall'investimento in settori diversi da quelli di appartenenza, ma comunque corrono gli stessi rischi delle imprese che investono in nuovi settori;
2) test del costo di entrata. Il costo di entrata non deve capitalizzare tutti i futuri profitti. Con questo test, il costo di entrata può controbilanciare l'attrattività del settore. Vi sono settori come quelli della consulenza aziendale, il farmaceutico, che hanno una redditività maggiore rispetto alla media ma solo perché protetti da barriere all'entrata. Chi decide di investire in questi tipi di settore deve decidere tra: 1) acquisire un attore consolidato pagandolo un prezzo alto ma che sicuramente risponderà alle aspettative di redditività che vogliono gli investitori; 2) inserirsi nel settore con un'impresa nuova che però deve affrontare le barriere all'entrata.
3) Better – off test. La nuova unità deve ottenere un vantaggio competitivo dal suo legame con l'impresa o viceversa; questo strumento, come base, vuole analizzare il vantaggio competitivo ed è il test che nella prassi prevale e questo perché, ad esempio, non si può fissare come base il test dell'attrattività del settore come fonte duratura di profitti superiori alla norma. Inoltre, prevale il Better – off test poiché gli altri due tendono a semplificarsi a vicenda.
Nonostante i numerosi studi, non è emerso ancora nessun collegamento tra performance economiche e grado di diversificazione delle imprese. Infatti, se si stanno a vedere i risultati, oltre una certa soglia, è facile collegare la diversificazione ad un basso grado di redditività.
Analizzando un'impresa diversificata, bisogna fare attenzione a distinguere la correlazione dalla causalità. Gli effetti che ci aspettiamo derivino da una diversificazione dipendono da come essa viene effettuata; da diversi risultati, è parso chiaro come fusioni/acquisizioni fra aziende di settori diversi generino risultati deludenti. È apparso ovvio, anche, il fatto che quando le imprese dismettono attività non legate al loro core business, hanno una maggiore redditività (con annesso aumento delle quotazioni azionarie). Quindi, gli studiosi sono giunti alla conclusione che possa esserci una relazione instabile tra diversificazione e redditività. Anche se i risultati reperiti non sono coerenti tra di loro, ci si può spingere a dire che la diversificazione dà migliori risultati quando si parla di settori correlati (anche se questi collegamenti creano un maggior problema di complessità gestionale) mentre la redditività è più bassa quando parliamo di settori non correlati.
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