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Studio antropologico: la malattia


Il nostro corpo finisce inevitabilmente per declinare ed essere soggetto a malanni, seguito da un bisogno di curarsi, proprio perché l’idea che ogni società ha del corpo è una costituzione culturale e non assoluta, così come l’idea di male, di sofferenza e di terapia. La malattia ha due chiavi di lettura: da una parte il deseas, alterazione nel funzionamento del nostro organismo, e illness, punto di vista dell’ammalato, il dolore e la sofferenza che percepisce l’individuo. Questi due livelli di interpretazione e di percezione spostano il piano dell’analisi sul rapporto guaritore/paziente.
Esistono diversi approcci al male, secondo i quali il corpo non viene considerato come un soggetto separato dalla mente e dal contesto sociale in cui vive, concetto di molti sistemi di cure tradizionali. La malattia, intesa in questo senso, smette di essere una disfunzione fisica e basta, ma diventa il prodotto di una serie di relazioni tra corpo, mente e condizioni sociali. Molte malattie, tra l’altro, sono causate da malnutrizione, sottonutrizione, carenza di igiene, ambienti malsani: dalla povertà insomma. Il compito del guaritore diventa quindi il capire l’insieme delle cause che provocano il male, non riconducendo i sintomi del paziente a una griglia predefinita, ma interpretandoli a seconda della persona che ha di fronte: anche perché molte volte deve fare i conti con la credenza che quel male derivi da un’entità sovrannaturale.

Tratto da IL PRIMO LIBRO DI ANTROPOLOGIA di Elisabetta Pintus
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