La figura del Capo
Molte società invece hanno un capo, figura che manca alle società acefale e alle bande seminomadi, ed è l’espressione di un’asimmetria, in quanto ha prerogative e privilegi che gli altri non hanno: può esercitare il potere, cosa che i suoi sottomessi non possono fare. La parola capo quindi indica un individuo che detiene una funzione di comando, con diverse modalità: i capi anuak del Sudan risolvono le dispute ma non hanno nessuna forma di governo; gli shilluk, sempre del Sudan, regna ma non governa; presso i kachin della Birmania ogni villaggio ha un capo, mentre altri villaggi si riuniscono costituendo un "grappolo di villaggi", tra i quali il più anziano e il suo capo è superiore a tutti gli altri; tra i cheyenne del Colorado e del Dakota, ogni accampamento aveva un capo, mentre quando si riunivano era un consiglio di capi e la Società dei guerrieri a comandare sulla popolazione; presso gli inuit il capo è colui che si distingue nell’abilità venatoria, che verrà ascoltato nelle decisioni relative alla caccia, ma non per forza anche in altri contesti.
In alcune società un capo esercita l’autorità senza avere la forza necessaria per imporla, diventando quindi un regolatore di dispute all’interno di un contesto sociale limitato. La sua funzione principale è di mantenere l’ordine attraverso la risoluzione delle controversie, dev’essere quindi un buon oratore, che non è solo uno dei requisiti, ma anche uno dei doveri che deve assolvere in quanto capo. Ciò non vale solo per le popolazioni tribali, ma anche nell’ambito della politica e del governo: presso gli antichi romani l’arte della retorica era un’arma di persuasione, e in ogni dibattito democratico la parola è fondamentale.
Il capo è innanzitutto un paciere, un mediatore,e svolge questo ruolo grazie alla sua posizione esterna alla rete sociale, posizione che gli deriva proprio dal rapporto asimmetrico che ha con il resto della società: si stabilisce un contratto tra il capo e la comunità, dove la comunità sa che il capo deve qualcosa, perché riceve a sua volta qualcosa dalla comunità. L’azione del capo deve essere pubblica e diretta verso l’intera comunità, senza mai privilegiare un gruppo, una famiglia, un individuo: per questo in molti casi si ha un capo straniero alla popolazione che comanda, che può essere frutto di una conquista o di un assorbimento di individui esterni ai quali è affidato il ruolo dell’autorità in funzione della loro neutralità verso le relazioni locali. L’asimmetria può essere espressa sul piano dell’età o dello status, da particolari abilità nella caccia, nel combattimento o nello svolgimento di altre attività, oppure da una spiccata attitudine a risolvere conflitti; può esprimersi su un piano matrimoniale, ed è per questo che Clastres sostiene che la sfera politica è esterna a quello che la società stessa fonda, cioè lo scambio di doni e di donne. La sua diversità rispetto al resto del gruppo si può esprimere anche dal punto di vista economico, dal momento che ha il compito di accumulare e ridistribuire beni e deve essere sempre generoso, come nel caso dei big men della Nuova Guinea o dell’Amazzonia, la cui carriera si fonda sulla sua capacità di tessere relazioni favorevoli e sull’abilità nell’intraprendere scambi sia di tipo materiale che di carattere sociale, deve per forza mostrarsi generoso, offrire banchetti alla popolazione per ottenere e rafforzare il consenso nei suoi confronti. È una sorta di voto di scambio: accumula beni in quantità, stringe alleanze (anche grazie a matrimoni favorevoli), elargisce ricchezze e cibo; il suo status non è ereditario, e quindi deve competere con altri uomini che cercano di prendersi la carica. I rituali sacrificali, i grandi banchetti offerti hanno anche l’effetto di distruggere l’eccesso di ricchezza che potrebbe concentrarsi nelle mani di un individuo, garantendo una certa equità ridistribuendo alla società beni e ricchezze.
Fino a quando rimane a livello di villaggi o tribù, l’azione del capo si traduce in una sorta di influenza piuttosto che in un esercizio del potere vero e proprio. Tribù non è un concetto ben definito, concentrando organizzazioni più grandi di una banda o di un villaggio, ma più piccole di uno Stato: generalmente indica un insieme integrato di individui, più numeroso di quello della banda, basato su gruppi di discendenza; più tribù si possono alleare per dare origine a una formazione politica integrata più ampia, definita con il termine dominio. Con il dominio nasce la società non egualitaria, l’asimmetria non è più privilegio di un solo capo, ma di un’elite, la burocrazia. La sempre maggiore specializzazione del lavoro e la crescita continua della popolazione da gestire comportano la creazione di nuovi status gerarchici.
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Autore:
Elisabetta Pintus
[Visita la sua tesi: "L'individuazione di nuovi segmenti turistici: ''il turismo danzante''"]
- Università: Università degli Studi di Cagliari
- Facoltà: Economia
- Esame: Demoetnoantropologia - A.A. 2010/2011
- Docente: Felice Tiragallo e Tatiana Cossu
- Titolo del libro: Il primo libro di antropologia
- Autore del libro: Marco Aime
- Editore: Einaudi
- Anno pubblicazione: 2008
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