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La manodopera nel settore agricolo

Percentuale di lavoro erogato dalle diverse categorie di manodopera

La tabella mostra le diverse figure della manodopera impiegata nelle aziende agricole.
Abbiamo due grandi gruppi: manodopera familiare e altra manodopera. Le prime righe sono occupate dai diversi ordinamenti produttivi, il secondo gruppo di righe distingue per dimensione economica delle aziende; guardando l’ultima riga del totale, si notano alcuni aspetti rilevanti. Ad esempio, il 52%, la metà abbondante di tutta la manodopera utilizzata nell’agricoltura italiana, è lavoro erogato dal conduttore, dall’imprenditore. Nel complesso, la manodopera familiare rappresenta l’85%, la stragrande maggioranza del lavoro erogato. Le altre figure familiari compaiono in proporzioni ridotte: 16% del coniuge, altri familiari più del 10% e parenti meno del 5%. Le altre colonne, che riguardano il ruolo della manodopera salariata, non familiare, distinta a sua volta in salariati fissi, ossia impiegati a tempo indeterminato, i quali contano davvero poco; 0.9% sono coloro che svolgono un ruolo dirigenziale, 3% sono operai, persone assunte a tempo indeterminato nelle aziende agricole, che si occupano di mansioni manuali. A tempo determinato, in particolare nella posizione degli operai, le cose cambiano; troviamo un quasi 10% del lavoro complessivamente erogato, perché i lavori in agricoltura, il fabbisogno di manodopera in agricoltura è molto a singhiozzo, il calendario dei lavori è mal distribuito nel corso dell’anno. Si verificano momenti di picco, ad esempio per le culture arboree, il momento della raccolta o potatura. Raccolta che è momento di picco anche per seminativi e ortive, momento di picco nell’assorbimento. Questo fa si che, in aziende piccole, dove nel corso dell’anno c’è esubero di manodopera disponibile, inutilizzata, poi in alcuni momenti, per alcuni giorni o settimane, c’è bisogno di prendere persone dall’esterno, poiché la disponibilità familiare non basta più. In altri casi, il problema della discrepanza tra domanda e offerta di manodopera aziendale, deriva dal tipo di mansione da svolgere. Se analizziamo, dettagliatamente, i diversi ordinamenti produttivi, l’incidenza della manodopera a tempo determinato, cambia a seconda del tipo di produzioni prevalenti.
Ad esempio, è piuttosto bassa nell’ordinamento specializzato a seminativi, dove la raccolta è meccanizzata, c’è il terzista e non c’è assunzione di operai. Dato più forte nell’OTE dell’ortofloricoltura, nella frutticoltura, nell’olivicoltura, e poi si riabbassa nel caso degli allevamenti, dove gli stessi allevamenti hanno la % più alta della manodopera a tempo indeterminato, perché sono quelle produzioni per cui il fabbisogno di manodopera è elevato e costante per tutto l’anno. Nel leggere queste %, importante è la distorsione, derivante dalla qualità del lavoro erogato che, nel caso delle aziende familiari, porta ad una sovrastima, dove la % è calcolata sul numero di giornate lavorate, dichiarate al momento del censimento dal conduttore aziendale. Percentuale di aziende per l’impegno aziendale del conduttore. Da questa tabella emerge che, 1 imprenditore su 4 possiede un’altra attività, esterna all’azienda, il 25%. Nel caso delle dimensioni aziendali, la % di pluriattività è più alta nelle aziende piccole, e si riduce progressivamente man mano che aumentano le dimensioni delle aziende; laddove le dimensioni aziendali lo consentono, l’impegno dell’imprenditore si concentra in azienda. Se, invece, la relazione di capitali dell’impresa non permette di generare reddito sufficiente per la famiglia, strategia più frequente è la pluriattività. Se si scremasse il dato del 25%, da quelle imprese gestite da imprenditori anziani, l’incidenza sarebbe più elevata. Nel dettaglio degli ordinamenti produttivi, emergono alcune differenziazioni significative, ad esempio l’OTE a culture ortive o floricole ha un’incidenza della pluriattività più bassa rispetto alle altre, perché si tratta di ordinamenti produttivi che richiedono più impegno in azienda, sia come erogazione quotidiana di manodopera, che come impegno gestionale. Al tempo stesso, sono anche ordinamenti produttivi che generano redditi maggiori, c’è minore spinta verso la ricerca di un’altra attività. Ci sono poi ordinamenti dove la pluriattività non incide di più. La prima colonna riguarda imprenditori agricoli full time, a tempo pieno, oppure che hanno un impegno in azienda prevalente. Quando l’imprenditore agricolo è pluriattivo, impegnato in un altro settore, l’attività extragricola tende quasi sempre ad essere prevalente come impegno.

La struttura demografica

Attività extraziendale del conduttore part time

Qui c’è il dato % di quello che fanno gli imprenditori agricoli pluriattivi, come attività al di fuori della loro azienda. Alcuni, il 16%, sono attivi in agricoltura, fuori dalla loro azienda, ma sempre nel settore primario. Più del 25% sono attivi nell’industria, e a seguire negli altri settori. RLS aziendale per impegno in azienda del conduttore. Si può vedere come si differenzia il dato medio, a parità di dimensioni aziendali, nel caso dell’attività a tempo pieno in azienda, o nel caso della pluriattività, con l’attività mista che riduce il reddito aziendale.

Sull’asse delle ordinate, di questo grafico, ci sono dati % sull’incidenza di agricoltori con meno di 40 anni. La colonna blu riguarda l’agricoltura, quella gialla riguarda l’economia. Sull’asse delle ascisse, troviamo gli occupati in agricoltura in tutte le figure professionali.
Nell’agricoltura italiana, con meno di 40 anni, abbiamo il 37/38%; negli altri settori dell’economia italiana, l’incidenza è più elevata, poco sotto il 50%. In alcuni grandi paesi europei, nel complesso del sistema economico, ci sono più giovani di quanti non ce ne siano in agricoltura. C’è una differenza generale nella struttura demografica, tra un paese industrializzato e un paese meno ricco, con un’incidenza di popolazione giovane più elevata nei paesi meno industrializzati, rispetto a quelli ricchi in cui c’è una tendenza all’invecchiamento, perché s’allunga l’età media, si riducono i tassi di natalità. Dopodiché, c’è una specificità che riguarda il settore agricolo, che è la senilizzazione del settore, ossia l’invecchiamento della manodopera utilizzata nel settore agricolo, che dipende dalla selettività del processo dell’esodo agricolo, avvenuto con l’avvento dell’industrializzazione del paese, quando si sviluppano gli altri settori dell’economia, il settore industriale, dei servizi e c’è uno spostamento selettivo dei lavoratori dal settore primario agli altri settori, che riguarda lavoratori più giovani, i quali hanno più facilità a riconvertirsi dal punto di vista professionale, imparare a fare nuove cose, sono più facilitati nel spostarsi sul territorio dove c’è domanda di lavoro. Pertanto, nel settore primario tendono a rimanere persone adulte, più grandi d’età. Quindi, c’è un primo cambiamento della struttura demografica, che avviene in modo concentrato, in particolar modo in Italia, con uno svuotamento della manodopera più giovane. Col passare del tempo, la struttura demografica del settore resta squilibrata, perché giovani generazioni che s’affacciano al mondo del lavoro, vanno in via preferenziale verso gli altri settori. Inoltre, si riducono progressivamente nel tempo i giovani che entrano nel settore primario; una volta finito l’esodo vero e proprio, continua ad esserci un assottigliamento delle fila di giovani che, quando terminano gli studi e devono entrare nel mondo del lavoro, scelgono il settore primario, perché le occasioni d’occupazione sono minori, i redditi sono bassi, e quindi c’è una selezione anche in entrata. In Italia, dagli anni ’50 agli anni ’80, c’è stato un allungamento dell’età scolare, un ritardo nell’entrata del mondo del lavoro che si è man mano esteso, spostando verso l’alto la piramide demografica degli occupati in agricoltura. La minore presenza di giovani è un fatto comune all’agricoltura dei principali paesi dell’UE.
Tuttavia, c’è qualche differenziazione tra paese e paese. Ad esempio, un dato rilevante è la situazione del Portogallo, dove c’è un’incidenza di giovani in agricoltura bassissima, a differenza degli altri settori in cui la presenza di giovani è piuttosto elevata. Questo grafico, per il Portogallo, evidenzia una specificità dell’agricoltura. Portogallo che si comporta in maniera un po’ anomala, nel caso della distribuzione delle aziende agricole, per classi dimensionali, dove emerge una situazione di frammentazione drammatica, peggiore, rispetto all’Italia. In Olanda, invece, c’è una situazione opposta. Ci sono parecchi giovani nell’agricoltura, dove la situazione agricola non è molto diversa dagli altri settori dell’economia. Il grafico ci dice che, quando c’è una maglia aziendale più forte, l’agricoltura trattiene e/o attira più giovani; viceversa, laddove la maglia aziendale è più fragile, c’è minore presenza di giovani.

Questo grafico riporta l’incidenza dei lavoratori anziani, molto anziani come lavoratori, in un’età (65 anni) in cui si va in pensione come lavoratori dipendenti. Le barre gialle, che riguardano l’intera economia, sono basse, ci sono pochi lavoratori occupati nei paesi europei. Qui è la situazione è completamente diversa. Il massimo è il 15% dei lavoratori agricoli in Portogallo. I lavoratori, sostanzialmente, sono pochi; ci sono liberi professionisti, imprenditori, lavoratori autonomi. Mentre, in agricoltura, ce ne sono sempre di più, in ogni paese. Si nota che, in alcuni paesi, c’è una presenza particolarmente forte, come Portogallo appunto, Grecia, Italia, Danimarca. Un primo motivo per cui, in agricoltura, la manodopera tende a restare attiva, anche molto in avanti negli anni, è lo stesso settore che, essendo una struttura d’impresa di tipo familiare, i lavoratori tendono ad andare in pensione, smettono l’attività, oppure vanno in pensione ma la proseguono nella loro impresa. In agricoltura c’è una specificità in più, che riguarda la commistione tra la vita professionale e la vita delle persone; la vita nell’azienda agricola, spesso, è la vita delle persone, in azienda c’è la residenza di queste persone. Qualora non ci fosse un familiare interessato a subentrare, in maniera attiva, non avviene successione. Come si valuta questo fenomeno? Fenomeno che presenta dei chiaroscuri: da una parte, se l’alternativa è l’abbandono totale dei terreni agricoli, è meglio che ci sia qualcuno, per quanto anziano, che si preoccupi ancora del governo dei terreni; dall’altra parte, la permanenza degli anziani in azienda tende a irrigidire ulteriormente il mercato fondiario già rigido, riducendo l’offerta di terreni. In Francia hanno fatto un esperimento, operante già da diversi anni, che è una Banca dei Terreni, una banca dati dei terreni disponibili o che lo saranno in un certo orizzonte temporale, terreni condotti da imprenditori agricoli anziani, che non hanno una successione interna alla famiglia, e nel giro di un tot numero di anni, non saranno più coltivati dall’imprenditore attuale. A fronte di questo, c’è una potenziale domanda di terreni, un’altra banca dati, domanda e offerta di terreni; da una parte ci sono giovani imprenditori agricoli, che magari hanno pochi terreni e vorrebbero ingrandirsi, oppure giovani aspiranti imprenditori agricoli. La domanda di terreni è specificata, segmentata, a seconda dell’ubicazione dei terreni, o di dove gli aspiranti vorrebbero avviare un’attività.
Banca dati che svolge una funzione di mediazione tra imprenditori agricoli, potenziali uscenti e potenziali entranti, cerca di assortirli e di facilitare un’attività d’affiancamento nel tempo, ossia un’acquisizione di competenze, dall’anziano in uscita al giovane in entrata.

Questo grafico è sempre una ripartizione per diverse classi d’età: sotto 44 anni, tra i 45 e 64 anni e sopra i 65; riguarda solo i conduttori aziendali, gli imprenditori agricoli. In questo caso, si mostra come la situazione demografica, con riferimento ai conduttori aziendali, sia molto più esasperata, i lavoratori salariati tendono ad essere più giovani degli imprenditori. La situazione dell’invecchiamento del lavoro agricolo è dovuta proprio all’invecchiamento degli imprenditori stessi. Ulteriore fattore d’invecchiamento della manodopera, abbastanza recente, che iniziò ad esercitare in Italia i suoi effetti negli anni ’80, è una sorta di ritorno all’agricoltura.
C’è stato un processo di inversione dei saldi demografici dei lavoratori agricoli, per cui dai 60 anni in su, ricominciavano ad esserci dei saldi attivi; questo perché, in quel periodo, c’erano pensionamenti anticipati come età, persone che andavano presto in pensione da altre occupazioni, e invece di non far nulla, iniziavano un’attività di agricoltori, o essendo di estrazione agricola come famiglia, ossia poteva essere un ritorno all’agricoltura di persone che, da giovani, erano uscite dal settore primario, oppure persone che non avevano mai fatto gli agricoltori, ad esempio smettono di lavorare, lasciano la città, vanno a vivere in campagna e iniziano una loro attività produttiva. L’incidenza forte di agricoltori anziani ha, tradizionalmente, delle conseguenze negative, perché i giovani sono meglio istruiti, più propensi al rischio, hanno un orizzonte di vita maggiore davanti a loro, tendono ad essere imprenditori più dinamici. Alcuni studiosi rappresentano questo fenomeno, raccontandolo come circolo virtuoso, dove nelle aziende più grandi, meglio dotate, si tende a restare giovani, perché se si è figlio di agricoltore, che ha un’azienda con buone prospettive di reddito, è probabile che si decida di rimanere attivi in agricoltura; a sua volta, la presenza di giovane agricoltore darà un contributo positivo alla redditività dell’azienda, possibilità di investire capitali, ecc. Nelle aziende minori, invece, che sono meno produttive, meno redditizie, c’è maggiore probabilità di non avere un successore, di restare abbandonate. NUOVO ARGOMENTO. Valutazione della misura di sostegno all’ingresso di giovani agricoltori, che l’UE ha incluso nell’ambito della PAC. È una misura di tipo strutturale, che è un aiuto a fondo perduto, per giovani che intendono iniziare un’attività in agricoltura, e per favorirne l’insediamento. È un tentativo di valutare se questa misura è stata efficace o meno; la tesi che si sostiene è che, questa misura non poteva avere nessuna efficacia per come era costruita, rilevandosi come iniqua. Non essendo riuscita a generare nuove imprese condotte da giovani, è stata considerata come regalo di 30mila € a giovani che erano già insediati in aziende agricole, oppure a giovani che non sarebbero mai stati imprenditori agricoli ma avevano un familiare coinvolto in tale settore.  

Tratto da ECONOMIA DEL SETTORE AGROALIMENTARE di Valerio Morelli
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