La concorrenza nel settore agroalimentare
Qualità intrinseca e qualità estrinseca
Qualità intrinseca è la qualità che fa parte della natura del prodotto in sé. Qualità estrinseca può essere qualcosa che riguarda il processo produttivo, e che può o non può riflettersi nelle caratteristiche del prodotto. La qualità, sempre più importante oggi sui mercati, non è solo intrinseca, ma è anche qualità di una serie di condizioni, intorno al prodotto e che possono fare la differenza del suo successo o meno sul mercato. A noi interessano entrambe le tipologie di qualità, perché la qualità che ci fa vendere sul mercato, è molto composita, nella quale devono rientrare una quantità di attributi che formano una serie lunga che non finisce più. Un prodotto di massa standardizzato ha dei canoni di qualità che deve rispettare. La qualità non è solo eccellenza, ma qualità è definire un segmento di mercato, una tipologia di prodotto, e attenersi a quella. Analisi storica. Nel passaggio dagli anni ’50/’60 ai decenni successivi, c’è stato un cambiamento nei consumi alimentari, e nel modo di considerare l’agricoltura, la vita in campagna, il tipo di sguardo che le persone rivolgono al settore primario. Un settore fondamentale, perché si riflette anche nella domanda di beni alimentari, nelle aspettative che hanno i consumatori, quando decidono di rivolgersi a un prodotto industriale, standardizzato, oppure decidono di acquistare prodotti che hanno stretto legame con le campagne, le aziende agricole che li hanno generati. Mentre nel periodo dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione, i prodotti agricoli in quanto tali, erano considerati negativamente, perché erano prodotti mancanti di una serie di servizi incorporati, a differenza dei prodotti industriali, nel senso di standardizzazione delle caratteristiche. Se, ad esempio, si compra un prodotto agricolo, può risultare acerbo, maturo, saporito: ci sono molti più margini d’incertezza, è un prodotto meno standardizzato. Questa standardizzazione, questa maggiore certezza di quello che si compra, era in quella fase, e ancora oggi, un elemento prevalente di apprezzamento nei confronti di prodotti industriali, che sono confezionati, più conservabili, velocemente preparabili nella lavorazione domestica. Tutto ciò che era agricolo aveva una connotazione sociale negativa, di arretratezza, povertà, c’era un profilo di affermazione di uno status positivo, legato alla modernità.In quel periodo, con la crescita del reddito, si è assistito ad un cambiamento importante nelle categorie merceologiche di beni alimentari consumati. Nella seconda fase, negli anni più vicini a noi, con una decisa accelerazione negli ultimi vent’anni, il modo di considerare l’agricoltura è molto cambiato: è mutato il modo di vivere delle persone, si è verificato un parziale controesodo dalle città verso le campagne, riscoprendo alcuni valori positivi della vita in campagna, alcune condizioni economico – sociali più favorevoli, trascinando con sé una serie di valenze positive anche negli stili di consumi alimentari. Non è, infatti, un caso che oggi si parla di filiera corta; i consumatori sono interessati ad accorciare le filiere, riaccostarsi alla natura dei processi produttivi in agricoltura, per acquisire prodotti la cui genuinità è ridiventata un valore. In passato, alcuni aspetti negativi, insidie dei prodotti alimentari trasformati industrialmente, hanno iniziato a venire a galla, e si è diffusa la conoscenza, ad esempio uso di conservanti e coloranti. Negli anni ’60/’70 non c’era consapevolezza che alcuni elementi dei processi produttivi di tipo industriale, potevano comportare una riduzione del valore nutrizionale degli alimenti, o causarne un impatto negativo sulla salute. Tale consapevolezza è emersa nel corso del tempo, perché nel caso di problemi di tipo cronico, serve del tempo affinché si manifestino gli effetti, gli studi epidemiologici vengano fatti, confermati, alcune evidenze diventino certezze effettive e poi conosciute dal pubblico dei consumatori. Pensiamo all’emergenza di ossina e BSE che hanno contribuito a cambiare il tipo di considerazione da parte del grande pubblico dei consumatori, rispetto all’industrializzazione spinta dei processi produttivi degli alimenti. Consapevolezza che si è diffusa molto, e nel frattempo si diffondeva una domanda opposta di salubrità degli alimenti, di sicurezza igienico – sanitario degli alimenti, che è positivamente correlata con il reddito. Le persone sono più ricche e domandano più salute, che è un bene di lusso, molto elastica rispetto al reddito, poiché col reddito aumentano le aspettative di vita, migliora il livello di salute determinando l’aumento della domanda. Col reddito aumenta il livello di istruzione, la capacità delle persone di comprendere relazioni complesse, come le relazioni tra uno stile alimentare e lo stato di salute delle persone.
In generale, in questa fase, aumenta la domanda di contatto con la natura, perché la vita nelle città della maggior parte della popolazione, si carica di connotazioni negative, una vita avulsa dall’ambiente naturale dove avvengono i processi produttivi primari. Questo cambiamento di consapevolezza si traduce in una serie di domande, che le persone esprimono al settore primario e ai beni e servizi prodotti dal settore stesso. All’agricoltura, la società non domanda solo di produrre materie prime agricole, ma i cittadini domandano di produrre salubrità, paesaggio, preservare tradizioni, biodiversità, stili di vita diversi. L’agricoltura ha un po’ la funzione di museo del passato, di una società preindustriale, di garantire anche diversità sociale, modelli di vita diversi alternativi. In questa fase, che coincide con la fase apicale di sviluppo dei livelli di ricchezza, avviene in modo spinto quel processo di moltiplicazione dei modelli di consumo, che ha iniziato a portare a quella differenziazione spinta dei mercati dei prodotti. Questa diversificazione è così tanto spinta, che taglia trasversalmente anche le singole persone. Ciascuno di noi, in diverse situazioni della propria vita, ove la varietà delle situazioni della vita di ciascuno di noi è molto aumentata, perché è aumentata la mobilità sociale e nello spazio, ci muoviamo più di prima, si cambia ruolo all’interno dei gruppi sociali di riferimento, ognuno di noi esprime bisogni diversi, e con riferimento a una categoria merceologica ci comportiamo diversamente. I modelli di consumo si frammentano e tagliano trasversalmente le nostre vite, e le diverse occasioni di consumo. Anche i bisogni alimentari, che potrebbero avere base oggettiva più solida, tanto è vero che sono direttamente collegati al concetto di sazietà, si sono incredibilmente smaterializzati; ai livelli di reddito medi, diffusi nei paesi ricchi, sono bisogni sganciati dalla base materiale del bisogno. Se, ad esempio, decidiamo di passare una serata con amici, andando a mangiare una pizza, in quel momento stiamo esprimendo un bisogno di convivialità. Si riempie di esigenze che riguardano la sfera della segnalazione dello status, dire qualcosa di noi stessi agli altri; consumando, si raccontano anche delle storie, a noi stessi e agli altri. Ad esempio, quando decidiamo di privilegiare l’acquisto di un pacchetto di cacao di una marca, rispetto ad un’altra, stiamo dicendo qualcosa agli altri dei nostri valori, ma al tempo stesso diamo a noi stessi un’immagine di persone che ci gratifica di più.
Movimenti del consumo critico: sono movimenti di consumatori che, tramite scelte positive o negative, esprimono una loro idea del mondo, della società, e decidono di selezionare i prodotti in base al loro grado di apprezzamento su quello che fanno le imprese. Tutta la sfera valoriale riguarda la segnalazione di status, o la soddisfazione morale, dove l’acquisto di un prodotto porta all’acquisto di una sensazione di benessere morale, perché si pensa di aver fatto una cosa giusta. Riguardo alla contraddittorietà, quando gli acquisti rispondono a bisogni, desideri, che sono anche largamente immateriali, dentro ci finisce tutta quella componente di irrazionalità, e di contraddittorietà, che si trova nelle menti umane. La nostra razionalità di consumatori è molto lontana dall’essere completa, perfetta; si tratta di una razionalità limitata, piena di elementi contraddittori. Se, per i consumatori, gli attributi di qualità sono così fondamentali, lo diventano anche per le imprese, perché la capacità di stare sul mercato dipende dalla capacità di soddisfare i bisogni. Conferire, quindi, al prodotto che vogliamo vendere, la qualità giusta per il segmento di mercato che è il target da noi individuato, è importante almeno tanto quanto risultare competitivi in termini di prezzo, e in alcuni casi lo è anche di più. Per un tessuto produttivo, come l’agroalimentare italiano, che per condizioni ambientali e per caratteristiche dell’unità di produzione, non è competitivo sul fronte dei costi di produzione, noi abbiamo uno svantaggio in termini di costi di produzione, rispetto alla maggior parte dei nostri competitor sui mercati internazionali, ma abbiamo molti potenziali vantaggi in termini di qualità, perché abbiamo una reputazione affermata, tanta varietà di produzioni, molte produzioni rispondono a segmenti in forte espansione della domanda internazionale. Interessante è la nicchia della qualità elevata, dove si fa riferimento all’eccellenza, che non è solo il prodotto artigianale, può essere anche un prodotto di tipo industriale per un mercato più ampio, però nel suo segmento deve essere il top della gamma. La concorrenza perfetta è il mercato dove la qualità non è rilevante, perché per ipotesi il prodotto di tutte le imprese che stanno su quel mercato, è identico, così come i processi produttivi, qualità intrinseche ed estrinseche, e i prodotti non sono nemmeno distinguibili sul mercato.
Due prodotti, invece, possono essere considerati distinti, o come due varianti di un prodotto differenziato, a seconda di come la vedono i consumatori, i quali in una certa coordinata spazio – temporale, la possono vedere in un modo diverso rispetto a un altro gruppo di consumatori. L’elasticità incrociata è la misura di quanto siano correlati, agli occhi dei consumatori, due beni: Exy=dQx/dPy. L’elasticità incrociata, tanto più è elevata, tanto più ci dice che due prodotti sono due buoni sostituti; tanto migliori sostituti sono questi prodotti, tanto più i due mercati sono interconnessi, al limite sono un mercato solo. Se il valore dell’elasticità s’avvicina allo zero, tanto più quei prodotti sono distinti. La qualità può dar luogo a un tipo di differenziazione verticale oppure orizzontale. Nel caso di differenziazione verticale, tutti i consumatori hanno le stesse preferenze, una variante di prodotto è preferita, rispetto ad un’altra, da tutti quanti; in tal caso, si potrebbe fare un’affermazione della serie che, il prodotto A è migliore del prodotto B, che è migliore del prodotto C. Il fatto che l’ordinamento delle preferenze sia univoco, non vuol dire che gli acquisti siano univoci. Nel caso della differenziazione orizzontale, non tutti i consumatori la pensano nello stesso modo, non si può dire che un prodotto sia migliore di un altro, in termini oggettivi, perché i clienti la vedano in modo differente.
Domanda del consumatore (approccio di Lancaster)
Studio della domanda del consumatore, attraverso l’approccio di Lancaster. Lancaster, economista degli anni ’60, ha proposto un’analisi della domanda secondo basi diverse da quelle che conosciamo noi, perché l’interesse dei consumatori non si rivolge ai beni in quanto tali, ma alle caratteristiche che definiscono i beni. Il bene ci interessa solo come strumento per arrivare a certe caratteristiche, perché il bene è descritto come paniere di caratteristiche. Ad esempio, se usciamo con gli amici e ci vogliamo rilassare, la birra non ci interessa in quanto tale, ma ci attira perché è una bevanda, con certo contenuto alcolico e che ci rilassa. Se non c’è la birra, ci accontentiamo di un’altra bevanda che abbia caratteristiche simili, dal punto di vista del contenuto alcolico. Secondo Lancaster, ciò che è rilevante nell’analisi dei beni, è lo spazio delle caratteristiche, ogni bene è definito da un certo vettore di caratteristiche.Primo esempio rapporto tra caratteristiche e beni. Sull’asse delle ordinate, abbiamo la gradazione alcolica, sulle asse delle ascisse troviamo il contenuto calorico. Vicino l’origine c’è l’acqua, che ha zero gradazione alcolica e zero calorie; vicino l’acqua, c’è l’acqua tonica, che è zero alcolica, ma un po’ zuccherata (spostata vs destra). A seguire, la birra analcolica, con zero alcol e più calorie. La Coca cola ancora più a destra, molto più calorica. Il gruppo di prodotti disposto orizzontalmente, si discosta molto dal secondo gruppo di prodotti (vino, birra, ecc.), che delinea una correlazione positiva, molto forte, tra il contenuto calorico e quello alcolico. Come tecnologia produttiva, non è possibile avere un prodotto che sia più alcolico e meno calorico.
Secondo esempio rapporto tra caratteristiche e beni. Sull’asse delle ordinate, abbiamo il contenuto zuccherino, sulle ascisse l’effervescenza. La grappa, ad esempio, è zero effervescenza e zero contenuto zuccherino, è attaccata all’acqua. Anche per la Coca cola la differenziazione è cambiata.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Valerio Morelli
[Visita la sua tesi: "L'interazione tra l'immagine di un brand sportivo e la notorietà dei singoli calciatori: il caso Real Madrid"]
- Università: Università degli Studi della Tuscia
- Facoltà: Economia
- Docente: Prof.ssa Anna Carbone
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