Concertazione, protocollo del 23 luglio 1993 e patto del 98
L’evoluzione storica della concertazione: gli anni ’70 e ‘80
Dopo quel primo caso, negli anni ’80 il Governo reintervenne nella contrattazione a seguito di difficoltà di accordo sulla scala mobile. Il Governo era interessato. Come controprestazioni fece entrare nella trattativa es. la riforma degli assegni familiari e la fiscalizzazione degli oneri previdenziali.Il Governo ha scambiato il consenso a linee di politica economica, con benefici futuri a carico della finanza pubblica.
L’anno successivo mancò il consenso della Cgil che non concluse l’accordo. Il Governo proseguì è vi furono aspre polemiche. La concertazione si interruppe per molto tempo.
Il protocollo del 23 luglio 1993 e la politica dei redditi
Occorreva rispettare i trattati europei per partecipare all’unione europea.Si riprese il metodo di concertazione.
Il protocollo del 1993:
associazione delle parti sociali alla determinazione della politica dei redditi
struttura contrattuale coordinamento e competenze
individuazione dei soggetti titolari di rappresentanza e contrattazione
Individuati gli obiettivi e le procedure per la politica dei redditi (predeterminazione del tasso di inflazione). Comportamenti coerenti es. dei datori di lavoro (prezzi).
Tempi e modalità del confronto prima del DPEF. Impegni per il triennio di obiettivi.
Non quindi scambio ma concertazione. Anche predeterminando le regole per i confronti futuri tra le parti.
Il patto del ’98: istituzionalizzazione e decentramento della concertazione
Accordo sulle pensioni nel 9’95, patto per il lavoro del ’96, patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione del ’98.Il metodo della concertazione è indicato nel secondo capitolo dell’intesa del 1998.
Seguendo due direttrici vuole rafforzare e dare stabilità alla concertazione stessa con regole di autonomia e responsabilità (meccanismi certi e trasparenti)
La prima direttrice vuole rendere compatibile la concertazione con i poteri pubblici decentrati dopo la devoluzione dei poteri prima attribuiti allo Stato.
Inoltre coinvolge i governi locali negli accordi nazionali. Si promuove un apposito protocollo sottoscritto da rappresentanze locali e sociali dove si concorda questa partecipazione con gli obiettivi
La seconda coordina la legislazione con l’autonomia collettiva prevedendo che le due fonti di produzione normativa si alternino a seconda delle materie di competenza dell’una o dell’altra.
Così se le materie di politica sociale comportano impegno di spesa a carico dello Stato il Governo procede a consultazione preventiva delle parti sociali che possono solo fare valutazioni o proposte.
Se non comportano impegno di spesa o riguardano rapporti tra imprese, dipendenti, rappresentanze la procedura è più articolata:
confronto preventivo tra governo e parti sociali per ogni materia sugli obiettivi
iniziativa legislativa o negoziato bilaterale.
il negoziato bilaterale è la richiesta delle parti sociali di procedere per via negoziale invece che legislativa o assumere l’iniziativa fissando prima obiettivi con il governo.
Il governo poi deve recepire come se fosse proprio.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Barbara Pavoni
[Visita la sua tesi: "L'evoluzione della valutazione nel pubblico impiego"]
- Università: Università Politecnica delle Marche
- Facoltà: Economia
- Titolo del libro: Diritto sindacale
- Autore del libro: Giugni
- Editore: Cacucci
- Anno pubblicazione: 2007
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