Appunti di Diritto Commerciale. Si affrontano i temi del trasferimento, della trasformazione e della scissione d'azienda; inoltre vengono spiegati il capitale sociale, il bilancio d'esercizio e il bilancio consolidato. Si conclude con una panoramica sulle informazioni contabili sulle società off-shore.
DIRITTO COMMERCIALE
Appunti del corso a.a. 2010/11 tenuto dalla prof.ssa Patrizia Grosso
Il trasferimento d’azienda
La nozione di azienda
L’azienda è definita dal codice civile come il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per
l’esercizio dell’impresa. Quindi esiste una differenza sostanziale fra azienda e impresa. L’azienda è
un complesso di beni utilizzati dall’imprenditore; l’impresa è l’attività esercitata dallo stesso. Com-
pongono l’azienda, in particolare, i locali nei quali viene svolta l’attività d’impresa, i macchinari, le
attrezzature, le materie prime, le merci, i prodotti finiti, ecc. L’azienda è quindi costituita da un in-
sieme di beni eterogenei che subisce modificazioni qualitative e quantitative nel corso dell’attività
d’impresa. I beni che compongono l’azienda possono essere mobili o immobili, materiali o immate-
riali, fungibili o infungibili. Il complesso di beni che costituisce l’azienda è peraltro caratterizzato
da unità di tipo funzionale, nel senso che i beni costituenti l’azienda nel loro complesso sono unita-
riamente destinati all’esercizio dell’attività d’impresa.
Un carattere particolare dell’azienda che ne costituisce anche un elemento qualificante è rappresen-
tato dall’avviamento; infatti, normalmente, il valore economico del complesso di beni che costitui-
scono l’azienda è superiore alla somma dei valori dei singoli beni. Tale maggior valore costituisce
per l’appunto l’avviamento. Si opera generalmente una distinzione fra avviamento oggettivo e av-
viamento soggettivo, poiché l’avviamento stesso dipende sia da fattori oggettivi sia da fattori sog-
gettivi. L’avviamento oggettivo è ricollegabile al complesso dei beni che costituiscono l’azienda e
permane anche al mutare della persona dell’imprenditore. L’avviamento oggettivo è costituito da
numerosi fattori che sono, per esempio, la capacità del complesso dei beni che costituiscono
l’azienda di consentire una produzione a costi competitivi sul mercato, oppure, la capacità di attrar-
re la clientela o, ancora, l’affidamento dei mercati finanziari. Al contrario, l’avviamento soggettivo
è legato alla persona dell’imprenditore ed evidentemente viene meno al mutare della persona
dell’imprenditore stesso. La disciplina relativa all’azienda è contenuta in un solo articolo del codice
civile ed in particolare l’art. 2555 c.c. Le altre norme contenute nel codice civile relative all’azienda
sono interamente dedicate al trasferimento dell’azienda.
Appunti di Alessandro Pastore
www.tesionline.it Come si è detto l’azienda è costituita da un insieme di beni composito ed eterogeneo. Assume quin-
di rilevanza la destinazione funzionale impressa dall’imprenditore ai beni stessi. Infatti a nulla rile-
va il titolo giuridico reale od obbligatorio che legittima l’imprenditore ad utilizzare il bene, ma è de-
terminante la destinazione dei beni stessi all’attività d’impresa. Pertanto, non rientrano nel compen-
dio aziendale i beni non destinati all’attività d’impresa come, ad esempio, l’abitazione di proprietà
dell’imprenditore, mentre vi rientrano beni di proprietà di soggetti terzi impiegati nell’attività
d’impresa come, ad esempio, i locali in locazione o i materiali in leasing. Potrebbe accadere che
l’imprenditore gestisca più imprese distinte ed in tale caso sarebbero enucleabili più aziende o più
rami d’azienda. Così, ad esempio, un’impresa che abbia ad oggetto la vendita di materiale di cancel-
leria, da una parte, e la vendita di abiti femminili, dall’altra, sarebbe caratterizzata dalla presenza di
due distinti rami d’azienda. Afferiscono all’azienda anche altri elementi quali, ad esempio, i rappor-
ti contrattuali stipulati per l’esercizio dell’impresa come, ad esempio, i contratti di lavoro dipenden-
te, i contratti di somministrazione di energia elettrica, gas, ecc., nonché i crediti e i debiti correlati
con l’azienda stessa. È opinione corrente che l’azienda comprenda soltanto i beni di cui
l’imprenditore si avvale per l’esercizio dell’impresa mentre i contratti in corso, i crediti e i debiti
non rientrino nella nozione di azienda in senso stretto. Tale opinione è confortata dal dato normati-
vo che prevede una disciplina particolare per i contratti pendenti e per la successione nei crediti e
nei debiti aziendali.
Introduzione al trasferimento d’azienda
Il trasferimento d’azienda può avvenire attraverso l’utilizzo di negozi giuridici differenti. Così, ad
esempio, il trasferimento può essere a titolo definitivo, ad esempio con la vendita, o temporaneo,
come ad esempio nell’affitto d’azienda. Il trasferimento può essere attuato con un atto unilaterale,
ad esempio la donazione, o con un contratto, ad esempio di nuovo la cessione d’azienda. Il trasferi-
mento d’azienda è disciplinato da norme speciali spesso derogatorie della disciplina di diritto co-
mune. Tale disciplina peculiare è ispirata dalla finalità di favorire la conservazione dell’unità eco-
nomica dell’azienda. In altri termini la disciplina è volta a tutelare l’interesse generale alla circola-
zione dell’azienda come complesso unitario e al mantenimento dell’efficienza e della funzionalità
dell’azienda stessa.
Appunti di Alessandro Pastore
www.tesionline.it Oggetto e forma del contratto di trasferimento d’azienda
Come si è detto, l’azienda può formare oggetto di negozi traslativi differenti. In particolare può
formare oggetto di cessione, conferimento in società, donazione, usufrutto o di affitto
1
. È importan-
te, prima di parlare di trasferimento d’azienda, stabilire se i beni che formano oggetto di un atto di-
spositivo dell’imprenditore costituiscano o meno un’azienda oppure se non si tratti semplicemente
del trasferimento di singoli beni aziendali. La soluzione al problema è data dalla capacità o poten-
zialità produttiva del complesso dei beni che formano oggetto di disposizione. Se il complesso dei
beni è in grado di produrre beni o servizi è corretto etichettare il trasferimento come trasferimento
d’azienda; se il complesso dei beni trasferiti non è in grado di produrre beni o servizi ci si trova in
presenza di un trasferimento di singoli beni. È importante sottolineare che il complesso dei beni che
formano oggetto di trasferimento può essere qualificato come azienda anche se la capacità produtti-
va del complesso dei beni è soltanto potenziale. E così, si è in presenza di un’azienda anche quando
non siano ricomprese nel complesso di beni le materie prime, ad esempio, o altri fattori produttivi
necessari per far funzionare l’azienda stessa. È opinione corrente che la qualificazione dell’atto di-
spositivo sia un trasferimento d’azienda o un trasferimento di singoli beni indipendentemente dalla
qualificazione fatta dai contraenti nell’atto negoziale. Capita spesso, infatti, che per motivi fiscali si
mascheri un trasferimento d’azienda con il trasferimento di singoli beni, magari in tranche successi-
ve
2
.
In ordine alla forma del contratto di trasferimento d’azienda si opera una distinzione fra forma ne-
cessaria per la validità del contratto, forma richiesta ai fini probatori e forma richiesta per
l’iscrizione nel registro delle imprese. La forma è uno degli elementi essenziali del contratto, quindi
il mancato rispetto della forma richiesta dalla legge per la validità del contratto comporta la nullità
del contratto stesso. Ad esempio, per il trasferimento dei beni immobili e dei beni mobili registrati
la forma richiesta per la validità del contratto è quella scritta. Pertanto, il contratto di cessione di
un’immobile, ad esempio di un appartamento, è nullo se stipulato in forma verbale.
Per il trasferimento d’azienda la forma richiesta ai fini della validità del contratto è libera, fatto sal-
vo il caso in cui rientrino nel compendio aziendale beni immobili o beni mobili registrati, nel qual
caso la forma richiesta è quella scritta. Pertanto il contratto di cessione di un’azienda composta e-
sclusivamente da beni mobili non registrati può essere stipulato anche in forma verbale.
Per quanto riguarda, invece, la forma richiesta a fini probatori, il codice civile prescrive la forma
scritta. Pertanto, il contratto di trasferimento d’azienda può essere provato soltanto per iscritto. Di
1
Ricordiamo che l’affitto ha ad oggetto un bene produttivo (per esempio l’azienda), mentre la locazione un bene non
produttivo (per esempio un appartamento).
2
Questo perché il trasferimento di singoli beni è soggetto a IVA, quindi è detraibile, mentre il trasferimento d’azienda è
soggetto a imposta di registro, che non è detraibile.
Appunti di Alessandro Pastore
www.tesionline.it conseguenza un contratto di trasferimento d’azienda comprendente esclusivamente beni mobili non
registrati e stipulato in forma verbale è perfettamente valido ma non può essere provato in giudizio.
Relativamente alla forma richiesta ai fini dell’iscrizione nel Registro delle imprese il codice civile
prescrive la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata. L’atto pubblico è l’atto re-
datto con l’assistenza del notaio (cioè l’atto rogato dal notaio), la scrittura privata autenticata è un
contratto scritto con le firme autenticate dal notaio. In definitiva, poiché il contratto di trasferimento
d’azienda è soggetto ad iscrizione nel Registro delle imprese e la forma richiesta per l’iscrizione è
quella dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, nella pratica si adotterà sempre una
delle due forme anche nel caso in cui non rientrino nel compendio aziendale beni immobili o beni
mobili registrati. L’iscrizione nel Registro delle imprese deve avvenire nel termine di 30 giorni dal-
la data del contratto a cura del notaio rogante o autenticante. Per gli imprenditori commerciali il
contratto di trasferimento d’azienda deve essere iscritto nella sezione ordinaria del Registro delle
imprese e l’iscrizione produce efficacia dichiarativa, cioè determina l’opponibilità del trasferimento
ai terzi.
Divieto di concorrenza
Nel disciplinare il trasferimento d’azienda il legislatore ha, tra l’altro, perseguito l’obiettivo di evi-
tare che l’alienante, cioè il cedente, in un’epoca prossima al trasferimento dell’impresa assuma un
comportamento concorrenziale a svantaggio dell’acquirente causando un danno in capo a
quest’ultimo. Il codice civile, in particolare, stabilisce che chi aliena un’azienda commerciale deve
astenersi per un periodo massimo di 5 anni dal trasferimento dall’iniziare una nuova impresa che
per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze possa sviare la clientela dell’azienda ceduta. Quindi il
legislatore ha inteso tutelare anzitutto l’acquirente evitando che la clientela possa essere nel breve
termine sviata dall’alienante. Nel contempo, peraltro, ha voluto evitare che l’alienante veda com-
pressa la propria libertà di iniziativa economica oltre un determinato arco di tempo sufficiente per
consentire all’acquirente di consolidare la propria clientela, termine legislativamente stabilito in 5
anni. Il termine previsto dalla legge è derogabile in meno e cioè può essere previsto un intervallo
più breve, ma non è derogabile in più, nel senso che non è possibile prolungare oltre i 5 anni la du-
rata del divieto. Quanto al contenuto del divieto di concorrenza, e cioè in merito all’oggetto,
all’ubicazione o ad altre circostanze relative all’inizio di una nuova impresa, alienante ed acquirente
hanno massima libertà di scelta. Così si potrebbe, ad esempio, prevedere che il divieto di concor-
renza operi soltanto con riferimento al territorio provinciale, così come si potrebbe prevedere
l’estensione del divieto di concorrenza a tutto il territorio nazionale. Come si è detto, il divieto di
concorrenza ha per oggetto l’inizio di una nuova impresa concorrente. Possono sorgere dubbi in or-
Appunti di Alessandro Pastore
www.tesionline.it dine all’identificazione dei casi concreti. Così potrebbe accadere che l’alienante costituisca una so-
cietà di comodo ed assuma la veste di amministratore unico della società stessa. In questo caso, evi-
dentemente, l’alienante avrebbe iniziato una nuova impresa non direttamente ma nascondendosi
dietro lo schermo societario. Atteso lo spirito della norma, e cioè la volontà di tutelare l’acquirente,
pare corretto propendere per una applicazione estensiva della norma di legge, cioè pare corretto ri-
tenere che il divieto di concorrenza sia violato sia nel caso in cui la nuova impresa sia iniziata diret-
tamente, sia nel caso opposto in cui la nuova impresa sia iniziata indirettamente avvalendosi dello
schermo societario. In ogni caso, per superare i dubbi interpretativi, è raccomandabile specificare in
modo preciso l’estensione del divieto di concorrenza direttamente nel contratto di trasferimento
d’azienda.
Successione nei contratti
Nello svolgimento dell’attività d’impresa, l’imprenditore stipula numerosi contratti con fornitori,
finanziatori, lavoratori dipendenti e clienti al fine di assicurarsi i fattori produttivi necessari
all’organizzazione dell’impresa e allo svolgimento del ciclo produttivo, nonché per commercializ-
zare i suoi prodotti. Tali contratti vengono normalmente denominati contratti aziendali e sono, ad
esempio, il contratto di locazione dell’immobile nel quale viene svolta l’attività d’impresa, i con-
tratti di leasing sui macchinari, i contratti di somministrazione di energia elettrica, gas e acqua, i
contratti di fornitura delle materie prime e i contratti di vendita dei prodotti finiti stipulati con i
clienti. All’atto del trasferimento dell’azienda è normale, quindi, che vi siano numerosi rapporti
contrattuali in corso di esecuzione. Nel disciplinare la successione dei contratti aziendali il legislato-
re si preoccupa di favorire il mantenimento dell’unità economica dell’azienda. Tenuto conto che
l’acquirente dell’azienda ha normalmente interessi a subentrare nei contratti in corso di esecuzione
e al fine di favorire la successione nei contratti, il legislatore introduce significative deroghe alla di-
sciplina di diritto comune relativo alla cessione dei contratti. In particolare il legislatore stabilisce
che nel trasferimento d’azienda vi sia un subingresso generalizzato dell’acquirente nei contratti a-
ziendali. A tale principio generale il legislatore pone due eccezioni e stabilisce, in particolare, che
non formano oggetto di successione i contratti aventi carattere personale, nonché i contratti per i
quali sia pattiziamente escluso il subingresso dell’acquirente. Sono contratti aventi carattere perso-
nale quelli per i quali assumono rilevanza i profili personali dei contraenti: è così, ad esempio, il
contratto con lo psicologo di fabbrica, il contratto di assistenza legale e il contratto di assistenza e
consulenza prestato dal dottore commercialista. Per i contratti aventi carattere personale il legislato-
re stabilisce che non si proceda al subingresso da parte dell’acquirente indipendentemente da
un’esplicita manifestazione di volontà in tal senso nel contratto di trasferimento dell’azienda. Il
Appunti di Alessandro Pastore
www.tesionline.it mancato subingresso per tali contratti è quindi un effetto automatico del trasferimento d’azienda che
può, peraltro, essere derogato dalle parti costituendo un principio di natura dispositiva. Pertanto è
sempre possibile stabilire contrattualmente che vi sia un subingresso anche nei contratti avente ca-
rattere personale o in alcuni di essi. Il legislatore stabilisce inoltre, come si è detto, che non formano
oggetto di successione i contratti per i quali le parti abbiano espressamente escluso il subingresso
dell’acquirente. Occorre peraltro domandarsi se le parti possano escludere dalla successione un nu-
mero indeterminato di contratti o se, al contrario, vi sia un limite all’esclusione. Occorre cioè do-
mandarsi se le parti possano escludere dalla successione il contratto di locazione dell’immobile nel
quale viene svolta l’attività d’impresa, i contratti di leasing sui macchinari, i contratti di sommini-
strazione di energia elettrica, gas e acqua e così via. La risposta a tale interrogativo deve essere data
tenuto conto del fatto che oggetto del contratto di trasferimento d’azienda è un bene produttivo.
Quindi si deve concludere che sia consentito escludere uno o più contratti dalla successione purché
non sia pregiudicata la potenzialità produttiva dell’azienda che forma oggetto di trasferimento. Così,
ad esempio, se il contratto di trasferimento ha per oggetto un’azienda volta alla produzione di scato-
lette di plastica partendo da materiale plastico grezzo e la produzione è svolta attraverso l’utilizzo di
macchinari in leasing, è ragionevole ritenere che non possano essere esclusi dalla successione i con-
tratti di leasing sui macchinari venendo meno, in caso contrario, la potenzialità produttiva
dell’azienda oggetto di trasferimento. Infatti, nel caso in cui i contratti di leasing siano esclusi dalla
successione viene pregiudicata la potenzialità produttiva dell’azienda oggetto di trasferimento e si
deve pertanto ritenere che il trasferimento stesso riguardi, non un bene produttivo quale è per
l’appunto l’azienda, ma singoli beni atomisticamente intesi. In tale caso, in definitiva, non si appli-
cherà la disciplina del trasferimento d’azienda e si applicherà la regolamentazione propria dei sin-
goli beni o diritti che formano oggetto di trasferimento.
Nel disciplinare la successione dei contratti aziendali il legislatore, come si è detto, ha inteso favori-
re soprattutto la circolazione dell’azienda e la continuità dell’esercizio dell’attività d’impresa, com-
primendo i diritti normalmente riconosciuti al terzo contraente (o contraente ceduto). Nel diritto
privato, infatti, si stabilisce che la cessione del contratto può avvenire soltanto se vi è il consenso
del contraente ceduto in modo tale da tutelare in misura piena l’interesse di ciascuna parte a non su-
bire la sostituzione della controparte contrattuale. Così, ad esempio, nel caso di contratto di locazio-
ne di immobile, il locatario può cedere la sua posizione contrattuale soltanto con il consenso del lo-
catore o proprietario dell’immobile. Nel trasferimento d’azienda, invece, come si è visto, la succes-
sione nei contratti aziendali è automatica e non è necessario il consenso del contraente ceduto. E co-
sì, se l’attività d’impresa viene svolta in un immobile condotto in locazione, il contratto di locazione
si trasferisce automaticamente dall’alienante all’acquirente dell’azienda senza necessità di acquisire
Appunti di Alessandro Pastore
www.tesionline.it il consenso del locatore o proprietario dell’immobile. In definitiva, l’effetto successorio nei contratti
aziendali si verifica automaticamente per effetto del trasferimento d’azienda e il terzo contraente è
tenuto ad eseguire le proprie prestazioni nei confronti del nuovo titolare dell’azienda. Occorre peral-
tro domandarsi se il contraente ceduto, nel trasferimento d’azienda, sia privato di ogni e qualsiasi
forma di tutela. Il legislatore, pur volendo favorire la circolazione dell’azienda e la continuità
nell’esercizio dell’impresa, ha previsto una, seppur minima, forma di tutela del contraente ceduto.
In particolare, il legislatore ha riconosciuto al terzo contraente il diritto di recedere dal contratto en-
tro tre mesi dalla notizia del trasferimento, a condizione che sussista una giusta causa. Il codice civi-
le, quindi, ha offerto al contraente ceduto una protezione legislativa molto limitata. Infatti,
quest’ultimo può recedere dal contratto in un intervallo di tempo molto breve e cioè tre mesi dalla
notizia del trasferimento dell’azienda. Inoltre, il contraente ceduto dovrà provare la sussistenza di
una giusta causa. Pare corretto ritenere che i tre mesi decorrono dall’iscrizione nel Registro delle
Imprese del contratto di trasferimento d’azienda, giacché l’iscrizione produce efficacia dichiarativa
e quindi rende il contratto di trasferimento opponibile ai terzi, quindi anche al contraente ceduto.
Quanto alla sussistenza della giusta causa, il contraente ceduto dovrà provare che l’acquirente
dell’azienda si trova in una situazione oggettiva personale, patrimoniale o aziendale tale da non dare
affidamento sulla regolare estinzione del contratto. È agevole rilevare come la posizione del contra-
ente ceduto nel caso di esercizio del diritto di recesso sia particolarmente sfavorevole. Infatti, in tale
ipotesi, si determinerà non la prosecuzione del contratto in capo all’alienante, bensì la definitiva e-
stinzione del contratto stesso. È quindi evidente, in definitiva, che vi sia un accentuato favore legi-
slativo per il mantenimento dell’unità funzionale dell’azienda, anche a discapito dei soggetti terzi
contraenti che sono venuti in rapporto con l’azienda prima del trasferimento.
Successione nei crediti e nei debiti
Parlando di successione nei contratti si è presa in considerazione l’ipotesi in cui le prestazioni corri-
spettive derivanti dai contratti non siano interamente eseguite da entrambe le parti. Si è esaminato
cioè il caso in cui sia l’imprenditore alienante sia il terzo contraente, al momento del trasferimento
dell’azienda, debbano ancora eseguire prestazioni promesse nel contratto. La successione nei crediti
e nei debiti riguarda invece il caso in cui per i crediti l’imprenditore abbia integralmente adempiuto
alle obbligazioni a suo carico, per esempio, abbia venduto e consegnato le merci pattuendo un pa-
gamento differito; nel caso dei debiti l’ipotesi in cui il terzo contraente abbia integralmente eseguito
le proprie prestazioni e così, ad esempio, abbia fornito materie prime non ancora pagate. In tali casi
ci si trova in presenza di contratti precedentemente stipulati ed integralmente eseguiti da una delle
parti contrattuali, cioè l’alienante o il contraente ceduto, con la conseguenza che residuano esclusi-
Appunti di Alessandro Pastore
www.tesionline.it vamente crediti o debiti relativa all’azienda ceduta. Come si avrà modo di vedere, la regolamenta-
zione legislativa della successione nei crediti e nei debiti aziendali presenta significative deroghe ai
principi di diritto comune.
Il legislatore non precisa se i crediti relativi all’azienda ceduta si trasferiscano insieme alla stessa,
limitandosi a stabilire che la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta ha effetto nei confronti
dei terzi anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione. Peraltro, è opinione corren-
te, attesa l’unità funzionale dei beni e dei diritti che compongono il complesso aziendale, che in as-
senza di specificazione nel contratto di trasferimento d’azienda i crediti seguano l’azienda ceduta e
quindi si trasferiscano con essa. La disciplina relativa alla successione dei crediti, come si è detto,
presenta vistose deroghe alla regolamentazione di diritto comune. Infatti, per la successione dei cre-
diti non è necessaria la notifica al debitore ceduto o l’accettazione da parte di quest’ultimo, poiché
l’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel Registro delle imprese costituisce una sorta di notifica
collettiva. In definitiva, quindi, pare corretto ritenere che i crediti relativi all’azienda ceduta si tra-
sferiscano insieme con l’azienda stessa e che l’onere di notifica al debitore ceduto sia soddisfatto
dall’iscrizione del trasferimento nel Registro delle imprese. Il legislatore ha inteso peraltro tutelare
anche il debitore ceduto, stabilendo che quest’ultimo sia liberato dall’obbligazione se paga in buona
fede all’alienante. In tale ultimo caso, evidentemente, l’acquirente potrà esercitare azione di rivalsa
nei confronti dell’alienante.
Più articolata e complessa è la disciplina prevista per i debiti aziendali. In particolare, il codice civi-
le stabilisce che nel trasferimento d’azienda risponde, in ogni caso, dei debiti l’alienante e del pari
risponde l’acquirente limitatamente ai debiti che risultano dai libri contabili obbligatori. Il legislato-
re, quindi, offre la massima tutela al creditore ceduto il quale può far valere le sue ragioni sia nei
confronti dell’alienante, sia nei confronti dell’acquirente, purché il debito risulti dai libri contabili
obbligatori. Evidentemente tale disciplina si applica esclusivamente al trasferimento di azienda
commerciale giacché, come è noto, soltanto sull’imprenditore commerciale medio-grande incombe
l’obbligo di tenere i libri contabili. Il legislatore prevede, peraltro, che l’alienante possa essere libe-
rato dalla responsabilità per i debiti aziendali da parte dei relativi creditori. È tuttavia evidente che i
creditori non acconsentiranno mai alla liberazione dell’alienante privandosi, in caso contrario, di un
soggetto obbligato per legge al pagamento dei loro crediti. La disciplina del trasferimento d’azienda
prevede quindi la successione nei debiti aziendali in capo all’acquirente anche se manca un patto di
accollo dei debiti stessi da parte di quest’ultimo, fermo restando che la responsabilità
dell’acquirente sussiste solo per i debiti aziendali che risultano dai libri contabili obbligatori. Come
è agevole rilevare, il codice civile delinea soltanto la responsabilità del pagamento dei debiti azien-
dali in capo all’alienante e all’acquirente senza prendere posizione sul punto se il trasferimento
Appunti di Alessandro Pastore
www.tesionline.it dell’azienda determini anche il trasferimento dei debiti aziendali. In tale contesto normativo si deve
ritenere che l’alienante e l’acquirente possano liberamente stabilire nel contratto di trasferimento
d’azienda l’accollo o meno dei debiti aziendali. Evidentemente la previsione dell’accollo o meno
dei debiti aziendali determinerà anche l’insorgenza del diritto ad esercitare l’azione di rivalsa da
parte dell’alienante o dell’acquirente a seconda dei casi. E così se, ad esempio, nel contratto di tra-
sferimento d’azienda sia previsto l’accollo dei debiti aziendali in capo all’acquirente e ciononostan-
te l’alienante sia chiamato a pagare il debito da parte del terzo creditore, l’alienante stesso potrà e-
sercitare l’azione di rivalsa nei confronti dell’acquirente. Viceversa, se nel contratto di trasferimento
d’azienda non è previsto l’accollo dei debiti aziendali e l’acquirente sia chiamato a pagare da parte
del terzo creditore in quanto il debito risulta dai libri contabili obbligatori, l’acquirente stesso avrà
diritto ad esercitare l’azione di rivalsa nei confronti dell’alienante.
Usufrutto e affitto d’azienda
Come anticipato, l’azienda può essere costituita in usufrutto e può essere concessa in affitto.
L’usufrutto, come è noto, è un diritto reale di godimento, mentre l’affitto è un diritto personale di
godimento. Il codice civile dedica poche norme all’usufrutto e all’affitto d’azienda. Più in particola-
re detta un’unica norma all’usufrutto d’azienda che si applica all’affitto d’azienda per espresso rin-
vio di legge. In particolare il legislatore stabilisce che l’usufruttuario debba esercitare l’azienda sot-
to la ditta che la contraddistingue, quindi l’usufruttuario non può modificare la ditta scelta dal nudo
proprietario. L’usufruttuario, inoltre, deve condurre l’azienda senza modificarne la destinazione ed
in modo da conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di
scorte. Pertanto, l’usufruttuario non può mutare la destinazione dell’azienda utilizzandola per finali-
tà anche produttive diverse rispetto a quelle originarie. Nel contempo deve preservare la potenzialità
produttiva dell’azienda stessa. L’usufruttuario, quindi, ha il diritto di utilizzare l’azienda per le fina-
lità produttive alle quali la stessa era originariamente destinata e ha il diritto di sfruttare gli immobi-
li, gli impianti, i macchinari e le scorte. Tuttavia, l’usufruttuario stesso ha anche il dovere di acqui-
stare ed immettere nell’azienda nuovi beni al fine di garantirne e di preservarne l’efficienza e la po-
tenzialità produttiva. È quindi evidente che al termine dell’usufrutto l’azienda sarà costituita in tutto
o in parte da beni diversi rispetto a quelli originari. Per tale motivo il legislatore prevede che venga
redatto un inventario all’inizio e alla fine dell’usufrutto e che la differenza fra le due consistenze sia
regolata in denaro. In tal modo si garantisce una compensazione in denaro degli eventuali apporti o
delle eventuali diminuzioni di valore generati dalla conduzione dell’usufruttuario.
Una disciplina particolare è prevista in tema di divieto di concorrenza. In particolare si stabilisce
che il nudo proprietario non possa iniziare una nuova impresa idonea a sviare la clientela per tutta la
Appunti di Alessandro Pastore
www.tesionline.it durata dell’usufrutto. Quindi il legislatore non pone un limite temporale al divieto di concorrenza
ma lo stesso viene parametrato alla durata dell’usufrutto. Ancora, il codice civile stabilisce il princi-
pio della successione dei contratti aziendali del nudo proprietario all’usufruttuario all’inizio
dell’usufrutto e la retrocessione degli stessi al termine del rapporto. Disciplina diversa, invece, pre-
vista per i debiti aziendali. Infatti, in assenza di un espresso richiamo alle norme relative alla ces-
sione d’azienda, pare ragionevole ritenere che i debiti aziendali anteriori alla costituzione
dell’usufrutto gravino esclusivamente sul nudo proprietario.
Come si è detto, le norme relative all’usufrutto d’azienda si applicano anche all’affitto d’azienda. A
tale ultimo proposito è bene, peraltro, precisare che l’affitto d’azienda costituisce un contratto radi-
calmente diverso rispetto al contratto di locazione di un immobile destinato all’esercizio di
un’attività d’impresa. Infatti, nel caso di affitto d’azienda, oggetto del contratto è un complesso di
beni organizzati, eventualmente comprensivo dell’immobile, complesso di beni potenzialmente in
grado di produrre. Nel caso di locazione di immobile, invece, il contratto ha ad oggetto un unico
bene che da solo non è in grado di produrre alcunché.
Appunti di Alessandro Pastore
www.tesionline.it La trasformazione d’azienda
La trasformazione è il cambiamento di tipo di società (ed in tal caso si parla di trasformazione omo-
genea) ovvero il passaggio da una società di capitali ad altro tipo di ente giuridico o comunione
d’azienda e viceversa (e in tal caso si parla di trasformazione eterogenea). Per ogni ipotesi di tra-
sformazione è fissata una regola fondamentale e cioè quella della continuità dei rapporti giuridici,
nel senso che con la trasformazione l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e procede in
tutti i rapporti anche commerciali dell’ente trasformando. Prima della riforma delle società di capi-
tali del 2003 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2004, la trasformazione era disciplinata soltanto con
riferimento alle società e quindi il codice civile regolamentava soltanto la trasformazione omogene-
a, cioè il passaggio da una società di persone a una società di capitali e, anche se non espressamente
disciplinata ma comunemente ritenuta possibile, la trasformazione da società di capitali a società di
persone e la trasformazione fra società di persone e fra società di capitali. Con la riforma del 2003,
l’istituto della trasformazione ha ampliato il suo campo di applicazione e, come si è detto, oggi si
può parlare di trasformazione omogenea e di trasformazione eterogenea.
La trasformazione omogenea è il passaggio da un tipo ad un altro tipo nell’ambito delle società lu-
crative. È opinione corrente che la trasformazione, cioè il cambiamento del tipo di società, costitui-
sca una modifica dell’atto costitutivo anche se per effetto della trasformazione, normalmente, si rea-
lizza anche un cambiamento più o meno accentuato dell’intero assetto organizzativo. E il fatto che
la trasformazione costituisca una semplice modifica dell’atto costitutivo determina come conse-
guenza che la trasformazione non comporta l’estinzione della società preesistente e la nascita di una
nuova società ma, al contrario, è la stessa società che continua a vivere in una rinnovata veste giuri-
dica e che conserva i diritti agli obblighi anteriori alla trasformazione. La funzione delle trasforma-
zioni è quella di consentire ai soci un adattamento dell’assetto societario alle nuove esigenze so-
pravvenute e il fatto che la trasformazione costituisca una semplice vicenda modificativa dell’atto
costitutivo consente di realizzare tale obiettivo senza che i soci siano costretti a liquidare la prece-
dente società e a costituirne una nuova con notevoli vantaggi sia civilistici sia fiscali. Nel nuovo si-
stema disegnato dalla riforma del diritto societario è espressamente contemplata la trasformazione
omogenea progressiva e cioè il passaggio da società di persone a società di capitali e la trasforma-
zione omogenea regressiva, cioè il passaggio da società di capitali a società di persone. È opinione
corrente che tuttora sia possibile la trasformazione fra società di persone e quella fra società di capi-
tali. In definitiva, si ritiene possibile il passaggio da un tipo ad un altro nell’ambito delle società con
scopo lucrativo. Discorso a parte deve essere fatto, invece, per la trasformazione che comporti un
mutamento dello scopo economico della società e in particolare il passaggio da società lucrative a
Appunti di Alessandro Pastore
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