Diritto commerciale:
Il corso si propone di consentire agli studenti di acquisire la conoscenza dei principi fondamentali della disciplina dell'impresa e delle sue diverse forme di organizzazione. L'esposizione si articolare in una prima parte dedicata alla disciplina esterna della società con riguardo allo statuto dell'imprenditore commerciale, ed una seconda parte dedicata alla disciplina interna delle società suddivisa in tre macro argomenti, rispettivamente governance, partecipazione sociale e organizzazione patrimoniale, analizzate per tutti i tipi di società commerciali, a partire dalle società di persone fino alle società di capitali con conclusione riguardante la fase finale dell'attività d'impresa, scioglimento e la liquidazione.
Dettagli appunto:
- Autore: Sara Ghilardi
- Università: Università degli Studi di Pisa
- Facoltà: Economia
- Corso: Economia e Management
- Esame: Diritto commerciale
- Docente: Pinto Vincenzo
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DIRITTO COMMERCIALE, DIRITTO DELL'IMPRESA E DELLE SOCIETÀ Appunti di Sara Ghilardi Università degli Studi di Pisa Facoltà di Economia e Management Corso di laurea in Economia e Management Esame di Diritto Commerciale Docente: Pinto Vincenzo Anno accademico: 2022/2023Diritto commerciale 1) sistema attuale del diritto dell'impresa. La fattispecie impresa p. 5. L'attività produttiva e la destinazione al mercato. L'organizzazione. La professionalità. L'economicità. L'impresa senza scopo di lucro. L'impresa illecita. L'impresa commerciale e la c.d. impresa civile. L'impresa agricola. La piccola impresa. La nozione codicistica. La nozione di piccola impresa ai fini fallimentari. L'impresa familiare e l'impresa artigiana. L'imputazione dell'impresa. La spendita del nome. L'assunzione del rischio e l'imprenditore occulto. L'inizio e la fine dell'impresa. La disciplina esterna dell'impresa. Lo statuto dell'impresa commerciale (insieme di norme che si applica a prescindere dall’organizzazione interna dell’impresa). La pubblicità commerciale. La rappresentanza commerciale. Le scritture contabili obbligatorie. 2) L’azienda e il suo trasferimento 3) La disciplina interna dell’impresa p. 32. I l d i r i t t o d e l l e s o c i e t à . L e s o c i e t à i n g e n e r a l e . I l contratto. Il rilievo negoziale dell'attività. Le società unipersonali. La nullità delle società. L'attività. L'economicità. Le società senza impresa. Lo scopo di lucro. Lo scopo mutualistico. Contratto e attività nella fattispecie societaria. La rilevanza dell'attività. Le società di fatto e i tipi residuali. La rilevanza del contratto. La scelta del tipo. La tipicità delle società. Forma e pubblicità. Società prima dell'iscrizione. 1) p. 44 L’organizzazione della gestione (governance). Il potere decisorio e di controllo. Organizzazione per uffici e per persone. Le società di persone. Le società di capitali. Società azionarie ed s.r.l. I sistemi di amministrazione e controllo. Le competenze decisorie. Poteri dell'organo gestorio e poteri dei soci. Le modalità di esercizio dei poteri. Collegialità e modalità alternative. La delega di poteri gestori. Il potere di rappresentanza. Società di persone e società di capitali. Le modifiche statutarie e il recesso del socio. La patologia. Responsabilità degli amministratori e invalidità delle decisioni. 2) La partecipazione sociale p. 75 le forme di finanziamento. I doveri del socio. Il conferimento. Dovere di fedeltà e dovere di correttezza (art. 2373 c.c.). I diritti partecipativi. Il capitale nominale e la tecnica azionaria. I principi inerenti alle azioni. La diversificazione dei diritti. Diritti particolari del socio e categorie di azioni. Le categorie nominate. La tutela dei diritti della categoria. La circolazione della partecipazione. Limiti statutari e patti parasociali. Gli strumenti finanziari partecipativi e le obbligazioni. 3) L’organizzazione patrimoniale p.105 . I modelli alternativi: responsabilità illimitata e vincolo sul patrimonio. Le società di persone. Responsabilità illimitata e autonomia patrimoniale. Le società di capitali. La responsabilità limitata. I casi speciali. L'accomandita per azioni. I patrimoni destinati. La disciplina del capitale sociale. Profili generali. La fissità del capitale e l'iscrizione nel passivo. La riduzione volontaria del capitale. La disciplina del patrimonio netto. Le riserve. L'aumento gratuito del capitale. La riduzione del capitale con imputazione a riserva. La formazione del capitale. L'aumento del capitale a pagamento. L'effettività globale e l'assegnazione non proporzionale di partecipazioni. La disciplina dei conferimenti. I beni conferibili. Le modalità di esecuzione dei conferimenti. La valorizzazione dei conferimenti. I conferimenti senza stima. L'integrità del capitale. Le perdite di capitale. L'informazione ai soci e la regola ricapitalizza o liquida. Le distribuzioni volontarie. Assunzione di partecipazioni proprie e assistenza finanziaria. I gruppi e l'attività di direzione e coordinamento di società. Le operazioni straordinarie. Trasformazioni fusioni e scissioni. Scioglimento e liquidazione. Le organizzazioni con scopo mutualistico. Le società cooperative. Le mutue assicuratrici. Consorzi e società consortili. 2 L’ u n i o n e d e i d u e t e r m i n i p o t r e b b e i n d i v i d u a r e u n a m b i t o r i d o t t o , o v v e r o i l d i r i t t o c h e d i s c i p l i n a u n a p a r t e delle attività produttive, l’attività del commerciante ma in realtà non è cosi. E’ il diritto di tutte le attività produttive organizzate ad impresa; Il suo impatto sulle attività imprenditoriali: • Art 2082 cc “imprenditore” “è l’imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica (elencate nel 2195 cc) organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”. • Art 2195 cc “imprese soggette a registrazione” —> def. impresa commerciale Contiene un elenco a 5 punti delle attività commerciali (solo uno riguarda l’attività commerciale in senso di circolazione dei beni, mentre il n 1 riguarda la produzione di beni e servizi). L’ e s s e n z a d e l d i r i t t o c o m m e r c i a l e d e t t a u n i n s i e m e d i norme speciali che si applicano a questo fenomeno che derogano o integrano quello che si chiama diritto privato comune; in particolare il diritto comm è una disciplina autonoma che si applica alle entità organizzate in forma di impresa e ne regola principi diversi di queste attività rispetto alla disciplina privatistica. Caratteri fondamentali: a) il carattere di diritto speciale in quanto costituito da norme diverse da quelle valevoli per la genialità dei consociati e fondate su propri principi ispiratori b) diritto tendente all’uniformità internazionale, per la sostanziale identità dell esigenze giuridiche della vita economia in tutti i paesi ad economia di mercato e per la progressiva liberalizzazione dei rapporti commerciali internazionali che contraddistingue la moderna civiltà industriale e l’attuale epoca della globalizzazione. Si differenzia dal diritto privato sia per l’oggetto della materia, sia perché gli interessi che vengono tenuti in considerazione dal legislatore sono differenti rispetto a quelli sottesi al diritto privato. Il diritto commerciale è un diritto che privilegia la tutela del credito. Per questo alcune soluzioni normative del diritto commerciale si discostano da quelle che ritroviamo nel diritto privato. Diritto privato: se un contratto è nullo, non produce effetti giuridici fin dall’inizio. Nel diritto commerciale questo principio è in parte disatteso, in alcuni casi viene ribaltato (esempio art 2504 quater disciplina invalidità della fusione: la nullità non può essere dichiarata una volta eseguito l’atto di iscrizione della fusione. Continua quindi a produrre i suoi effetti). Questo perché gli interessi dei quali il legislatore tiene conto nell’ambito del diritto privato e commerciale sono diversi. Nel diritto commerciale, questi interessi sono rappresentati: • dalla tutela del credito • dalla stabilità degli effetti giuridici Temi introduttivi 1. Le ragioni dell’esistenza del diritto commerciale Non bastava la disciplina del diritto privato? Inadeguato a regolamentare le attività organizzate in forma di impresa, se tutti gli ordinamenti derogano una serie di norme autonome occorre risalire all’essenza del fenomeno. Cosa ha di particolare l’organizzazione in forma d’impresa tanto da dedicarne una disciplina a parte ? Chi esercita l’attività come fa a ordinarli se non sono inseriti in un contesto d’impresa, come fa ad acquisire il fattore lavoro? Il modello è quello del mercato (libertà e concorrenza), è costretto a negoziarli volta per volta e va in crisi quando i fattori produttivi diventano essenziali e imprescindibili per svolgere quell’attività poiché fondamentali e acquisirli volta per volta diventa troppo oneroso (costi di transazione), il mercato diventa inefficiente ed ecco che c’è l’incentivo a passare al modello d’impresa dato che sostituisce al modello di mercato e alla libertà, un modello basato sul potere gerarchico dell’imprenditore. Sostituisce nell’acquisizione dei fattori produttivi un modello gerarchico basato sul potere dell’imprenditore di assumere decisioni che influiscono sulla sua sfera e sulla sfera di terzi coinvolti nell’impresa (soci e stakeholders); Si crea un problema di tutela dei terzi dato che le decisioni dell’imprenditore vanno ad influire e determinare rapporti interpersonali, motivo per il quale non è sufficiente la disciplina del diritto privato. L’impresa è un fenomeno generale da regolare poiché ha effetti sui terzi, nasce quindi la disciplina autonoma che è il diritto commerciale 2. La dimensione storica del diritto commerciale Quali sono i modelli secondo i quali sono state incardinate le regole dettate per le attività produttive ? Una categoria che non è sempre uguale a se stessa ma muta a seconda dei mutamenti della realtà sottostante, in particolare del fenomeno d’impresa che intende regolare. I modelli con cui il dir comm è stato regolato dal basso medioevo e codice civile del 42 d.c sono: il sistema soggettivo del medioevo che segna le origini del dir comm e il sistema oggettivo di regolazione delle attività produttive adottato nei codici di commercio ottocenteschi. 3 -Il modello soggettivo segna la nascita del diritto comm come materia autonoma nel 13 secolo quando il dir comm si è sviluppato come insieme di regole speciali dedicate a particolari soggetti (da qui sistema soggettivo): era il diritto dei mercanti, soggetti iscritti alle Corporazioni arti e dei mestieri. Un origine processuale, poiché i mercanti per regolare in modo efficiente le controversie avevano demandato l’amministrazione della giustizia ad un organo arbitrale, i consoli (non i tribunali ordinari) da questa specializzazione sono nate regole giurisprudenziali ad hoc alle relazioni tra mercanti che favorivano la snellezza dei traffici. (nasce da qui quella regola del cc dell’acquisto in buona fede un bene mobile che rende proprietario colui che acquista dietro atto scritto) Il modello soggettivo era un diritto speciale sotto tre profili: • Aveva una giurisdizione speciale • Aveva una fonte autonoma (usi mercantili e usi delle corporazioni arti e mestieri) • Contenuto speciale tramite regole ah hoc Da questo sistema si passa con le codificazione nel 800’ ad un sistema diverso, a base oggettiva. Rispetto al medioevo il diritto diventa un diritto statale perché si affermarono gli stati nazionali, e lo stato assume il monopolio del diritto come oggi, assieme al principio della libertà di iniziativa nel campo economico. In quest’ottica i grandi stati nazionali iniziarono ad inaugurare l’epoca delle grandi codificazioni (costruzione del diritto tramite la raccolta delle norme in codici omogenei). Inizialmente in Francia, Il diritto privato si divideva in due codici autonomi, il codice civile e il codice di commercio, coniati da napoleone, diretti ad aprire l’era delle codificazioni e caratterizzata dalla separazione dei codici in materia privatistica. Il neo nato stato italiano nella seconda metà del 800’ impronta con gli stessi criteri francesi la separazione dei due codici. 1865 il primo codice di commercio italiano, poco dopo sostituito nel 1882 dal nuovo codice di commercio che è rimasto in vigore fino all’emanazione del codice civile 1942 ancora in vigore oggi in materia privatistica. Codice di commercio: Era una materia autonoma per fonti poiché contenuta in una fonte diversa dal codice civile, anche per il contenuto delle regole (dettate per la materia commerciale diverse da quelle del cc). Dedica alla materia commerciale due nuclei: regole speciali dei contratti commerciali e lo statuto professionale delle attività commerciali (sia esercitata da persona fisica che da società). A quale figura si applicava il codice di commercio? Determina un passaggio netto della materia commerciale infatti alla base c’era un impostazione di tipo oggettivo, applicato ai commercianti. L’ a r t . 8 p r e c i s a v a : “ c o m m e r c i a n t i s o n o c o l o r o c h e c o m p i o n o atti di commercio per professione abituale e le società commerciali” intendendo per atti di commercio quelli indicati all art 13, atti di intermediazione e produzione. Qual’è il criterio attorno a quale ruota l’applicazione della disciplina ? L’atto di commercio che determina la qualifica di commercianti e determina l’applicazione dello statuto speciale (non si parte quindi dalla figura del commerciante ma dall’atto). 3. L’impostazione attuale 1.Unificazione dei codici: Il codice del 1942 ancora in vigore oggi, varia da quello del 1882 poiché non abbiamo più un codice di commercio ma tutta la materia privatistica all’interno di un unico codice. 2.Introduzione concetto di impresa : la nuova figura dell’imprenditore si va a sostituire alla figura del commerciante, non c’è più l‘atto di commercio ma l’impresa 1892 Cesare Vivante: prolusione (lezione inaugurale che un professore era tenuto a svolgere quando saliva sulla cattedra di un ateneo) fu il primo a sostenere l’unità del diritto privato, l’unico a sostenere la necessità di eliminare la separazione dei codici e creare un unico codice di diritto privato. Molte regole nate nel diritto commerciale erano diventate regole generali tanto vale introdurre un unico codice. Da qua non si è più parlato di questa unificazione poiché lo steso Vivante tornò indietro sulla sua presa di posizione 1927 Lorenzo Mossa occupa la cattedra di diritto commerciale all’università di Pisa: Saggio critico sul progetto del nuovo codice di commercio 4 Introduzione della nozione di impresa riteneva che l’autonomia del diritto commerciale non potesse essere messa in discussione e non potesse essere fondata su un elemento insignificante cioè il compimento dell atto di commercio, ma doveva essere l’impresa cioè che l’attività fosse organizzata ad impresa. Fu accusato di voler tornare ad un progetto soggettivista. 1940 Asquini Elabora un progetto di codice di commercio contenente la nozione di impresa dove risalgono le idee di Mossa criticate precedentemente da Asquini. La scelta fu determinata da motivazione ideologiche ritenendosi incompatibile con la visione corporativa dell’economia propria del regime fascista. Sarebbe dovuto essere approvato dal consiglio dei ministri al 1941 ma sta di fatto che il ministro Nino Grandi stravolse l’impostazione del diritto privato, pur lodando il progetto Asquini impose una scelta che fino a quel momento era rimasta nel cassetto, cioè l’unificazione dei codici. L’ u n i f i c a z i o n e d e l d i r i t t o p r i v a t o f u q u i n d i u n a s c e l t a i d e o l o g i a p o l i t i c a d e l re g i m e f a s c i s t a. Venne meno il primo nucleo normativo speciale della materia commerciale del 1882, regole speciali dei contratti commerciali. Abbiamo un unica disciplina dei contratti contenuta nel libro 4 del cc, mentre per il secondo nucleo normativo (lo statuto professionale delle attività commerciali.) viene dedicato il libro 5 del cc, “Del lavoro”, partendo dal presupposto secondo cui ogni prestazione professionale deve essere ridotta ad unità senza distinzione tra lavoro autonomo e subordinato con regole diverse ma sempre stessa forma di lavoro. (Ideologia fascista dove non esistono le classi sociali). Titolo 1: disciplina attività professionali Titolo 2: il lavoro nell’ impresa (che contiene la disciplina del lavoro subordinato) Sostituire la nozione di commerciante e introdurre la nozione di imprenditore tale da abbracciare ogni forma di impresa, la disciplina delle attività commerciali è riorganizzata attorno ad esso e viene eliminata la distinzione tra industria e commercio e agricoltura e artigianato. Art. 2082 “ i m p r e n d i t o r e c h i e s e r c i t a p r o f e s s i o n a l m e n t e u n a t t i v i t à e c o n o m i c a o r g a n i z z a t a finalizzata alla produzione di beni e servizi” Dobbiamo individuare differenti tipologie di imprenditori, la cui funzione non è meramente descrittiva ma quella di identificare la disciplina applicabile (regime giuridico applicabile). Infatti resta contraddistinto da un proprio statuto professionale integrativo di quello generale Tipologie di imprese: In base all’oggetto dell’impresa: (qualitativo) • Imprenditore agricolo (2135) • Imprenditore commerciale (2195) In base alla natura: • Impresa individuale • Impresa societaria • Impresa pubblica Il sistema attuale è ti tipo soggettivo o oggettivo? Per alcuni manuali il codice del 42 ha riportato diritto ad un sistema soggettivo, poiché si parla di imprenditore. Ma la definizione di imprenditore si declina in termini oggettivi perché si basa sull’attività svolta dato che chiunque esercita un attività con le caratteristiche del 2082 è qualificato imprenditore, non è quindi una nozione autonoma ma la conseguenza di un fatto. L’attività d’impresa guida nell’applicazione della disciplina. ES: Una parte dello statuto dell’impresa commerciale è l’assoggettività a liquidazione. In base alla dimensione: (quantitativo) • Piccolo imprenditore (2083) • Imprenditore medio-grande5 La fondazione o l’associazione è soggetta a liquidazione giudiziale in caso di insolvenza ? Si, perché conta l’attività svolta. Una spa che esercita un attività agricola ? No, perché riguarda solo le imprese commerciali Ma se il nostro sistema è oggettivo cosa è cambiato rispetto al codice di commercio? Cambia il modo con cui è costruito il fatto oggettivo ( nel 82 era il compimento dell atto di commercio ora è l‘esercizio di attività commerciale) —> sostituire l’ atto di commercio con un sistema fondato sulla impresa, nozione maggiormente idonea a livello sociale del fenomeno d’impresa. Ma è veramente il diritto di tutte le imprese? Apparentemente se guardiamo alle sole definizioni di imprenditore dovremmo rispondere che il dir comm è il diritto di tutte le imprese, sia quella commerciale che l’impresa agricola che la piccola. Tuttavia le fattispecie (fatti che delineano l’applicazione di una normativa) normative non sono fini a se stesse, definiscono l’ambito della disciplina ma le definisce solo in apparenza, solo un manifesto ideologico del codice poiché abbiamo un unica disciplina dell impresa ovvero di quella commerciale composta dai 4 nuclei normativi (pubblicità, rappresentanza, scritture contabili, crisi e insolvenza). Le altre nozioni (impresa agricola e piccoli impresa) non hanno una loro disciplina autonoma quindi hanno una funzione in negativo, non reggono un autonoma disciplina ma servono solo ad escludere certe attività dall’applicazione dallo statuto dell impresa commerciale. Si dice quindi che le nozioni di impresa agricola e piccola hanno una rilevanza negativa, e servono a sottrarre fenomeni di attività organizzata all unica disciplina dell impresa, giustificata o per ragioni qualitative o ragioni dimensionali ritenute non meritevoli di quel trattamento. Il diritto commerciale non è quindi il diritto di tutte le imprese, rimane il diritto dell’impresa commerciale che è l’unica fattispecie ad avere una disciplina in positivo. (Espressa dalla formula art 2082 + 2195, quando si applica il diritto dell’impresa, quelle a rilevanza negativa sono dettate dalle norme 2083 e 2135, piccola impresa e impresa agricola). Le fatt ispecie impresa cap. I Profilo temporale e profilo soggettivo Principio di relatività delle fattispecie alla disciplina, quando il legislatore da una definizione non lo fa per scoprire l’essenza di quel fenomeno, ne per scopi descrittivi, ma per scopi prescrittivi ovvero ogni nozione/ fattispecie o definizione che troviamo nel cc è funzionale ad una disciplina data. Qual’è l’importanza di questo principio? poiché la fattispecie serve per applicare quella determinata disciplina, la stessa nozione inserita in un contesto normativo diverso può avere un significato diverso. es. nozione di imprenditore art. 2082, delinea in termini di attività selezionando dei requisiti la nozione dell’impresa, non con scopi descrittivi, ma con scopi prescrittivi per applicare una disciplina data, cioè lo statuto dell’impresa commerciale. Non si determina l’impresa ad ogni fine di legge ma solo per lo statuto, cambiando il contesto normativo la definizione di impresa cambia. (Ad es dal cc al regolamento del trust). Fattispecie con rilevanza positiva L’impresa commerciale, la nozione quindi si scompone di due elementi, da un lato deve avere i requisiti dell’impresa 2082 in più l’attività deve rientrare in una delle attività del 2195 per essere commerciale. Per individuare con correttezza la fattispecie con rilevanza positiva dobbiamo esaminare uno alla volta. (dalla nozione impresa e poi sommarci l’attività commerciale) L’art 2082 definisce l’imprenditore come proiezione soggettiva dell esercizio di un attività con certe caratteristiche che per riconoscere dobbiamo scomporre in diverse componenti. “È imprenditore chi esercita professionalmente un attività economica organizzata al fine della produzione o scambio di beni o servizi “6 L’imprenditore viene definito dall’art 2082 ma la qualifica viene data dall’attività che non può essere generica che in mancanza di determinate caratteristiche si fuoriesce dallo status dell impresa commerciale. I requisiti che caratterizzano il fenomeno impresa sono: 1) attività organizzata 2) economicità 3) professionalità 4) produttività I) Profilo soggettivo: individuato da chi esercita l’attività, ha in questa norma una portata selettiva ? Può consentire di escludere qualche soggetto? NO, chi sta per chiunque, neutro rispetto alla nozione di impresa Per capire quanto sia neutro proviamo a riempirlo conte varie figure che potrebbero riempire quel “chi”. Persona fisica: impresa individuale Enti collettivi: esercizio impresa collettiva, che può essere societaria La società non esaurisce il profilo soggettivo: si può avere l’impresa collettiva non societaria imputata soggettivamente a un ente collettivo diverso dalla società (associazione, fondazioni…benché abbiano uno scopo altruistico, etero destinazione del risultato a favore della collettività e non degli associati). Il fenomeno dell’impresa è andato oltre la forma societaria ed esercitato da enti che non sono pensati per svolgere attività d’impresa commerciale. Quindi l’esistenza dell’impresa collettiva non societaria e degli enti pubblici (art.2093 cc, “impresa esercitata da enti pubblici”. Impresa imputata ad ente dotato di personalità di diritto pubblico, territoriale o meno, che esercita un attività d’impresa. ENTE PUBBLICO:Due modalità di esercizio d’impresa del ente pubblico, in via esclusiva o prevalente dell impresa. 1. scopo principale o oggetto esclusivo dell’esercizio dell’attività d’impresa —> ente pubblico economico, erano gli enti costituiti per l’esercizio esclusivo di un attività d’impresa (es. POSTE ITALIANE, ENI, ENEL) 2. La seconda modalità è l’esercizio in via accessoria da parte di un ente che in via accessoria gestisce anche un attività imprenditoriale —> impresa organo (es. gestione acqua, rifiuti …). L’art 2093 individua nei primi due commi le due fattispecie appena distinte Comma 1 : le disposizioni di questo libro si applicano agli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali, cioè chi esercita in via prevalente o esclusiva l’attività commerciale Comma 2: si riferisce all impresa organo Nei casi in cui l’ente pubblico è imprenditore è un fenomeno scomparso, dall’ inizio anni 90 l’intervento pubblico nell’economia è diminuito, sostituito dalla gestione dell’impresa tramite una società per azioni a partecipazione pubblica invece di utilizzare un ente pubblico (espansione società a partecipazione pubblica) Se l’ente pubblico si avvale dello strumento societario, l’impresa si imputa alla società, fenomeno dell’impresa pubblica ma giuridicamente diverso. Fenomeno della privatizzazione -> La gestione dei servizi pubblici è stata affidata a operatori privati anche se a maggioranza pubblica, l’impresa pubblica in quanto tale è praticamente scomparsa ma non l’intervento pubblico nell’economia.7 II) Profilo oggettivo: l’attività L’attività è una serie coordinata di atti finalizzata ad uno scopo, ha già quindi una dimensione qualitativa diversa rispetto all’atto. Essa deve avere certe caratteristiche per essere d’impresa, più un requisito non scritto nel 2082 cioè il requisito della liceità dell’attività. Le caratteristiche che l’attività deve avere sono: 1 requisito: produttività L’attività per essere impresa deve essere finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o di servizi. Implica che un attività per essere impresa deve essere diretta a produrre nuove utilità, cosa rimane fuori dallo statuto dell impresa commerciale poiché non idoneo a produrre nuova utilità ? L’attività di mero godimento dei beni, senza produrre un bene e senza aggiungere un servizio (es. locazione di immobili, detenzione di partecipazioni sociali). Ci sono attività che si pongono in mezzo, attività miste tra attività produttiva e mero godimento, ma basta che produca un utilità in più al mero godimento e allora viene considerata impresa. ES: Il godimento di beni immobili indirettamente affittando beni a terzi non è impresa, lo diventa quando unitamente alla locazione del locale fornisce anche un servizio (Air B&B, pulizia camera, segreteria…) Chi detiene partecipazioni sociali si limita a riscuotere gli utili, e diventa impresa quando abbiamo un attività di holding, quando il soggetto che detiene partecipazioni in modo professionale e organizzato esercita anche la direzione e coordinamento delle società partecipate (dirige il gruppo, anche con partecipazioni di controllo ci si potrebbe limitare ad esercitare i diritti e non partecipare alla gestione, le partecipazioni diventano il mezzo e non il fine per gestire le varie società controllate). Da un punto di vista letterale sembra ammettere nell’attività di impresa sia l’attività di produzione legata allo scambio sia la produzione senza scambio. Produzione senza scambio: quando l’attività produttiva non viene destinata al mercato—> impresa per conto proprio, un attività destinata allo stesso soggetto che la esercita. La destinazione al mercato è un requisito implicito? NO Ad esempio le Cooperative con mutualità pura, scopo mutualistico esclusivo (attività esclusivamente svolta e destinata ai soci), vende ad un prezzo di favore ai suoi soci, produce per scambiare ad un mercato ristretto ma pur sempre il prodotto esce dalla sfera giuridica del produttore: Non è quindi un impresa per conto proprio poiché la produzione è destinata al mercato ( produzione per lo scambio). Il vero caso di impresa per conto proprio è l’Opera in economia, allora è impresa per conto proprio, poiché destinata allo stesso produttore. Ma se non è destinata la mercato la mancanza di questo elemento riduce la tutela dei soggetti coinvolti nel impresa? Lo statuto dell impresa commerciale è diretto alla tutela dei terzi, ma la produzione per lo scambio nel 2082 non essendo stato inserito va a discapito di coloro che sono coinvolti nell’esercizio di impresa (cioè chi la esercita)? Ad es chi svolge lavori in autonomia potrebbe aver bisogno di capitale di terzi quindi non viene esclusa dall’attività commerciale perché necessita di una forma di tutela dei terzi. La mancanza di destinazione al mercato non preclude l’applicazione della disciplina (potrebbe essere piccola o perché esercita in modo non professionale o non organizzata quindi potrebbe essere esonerata per la mancanza di altri requisiti). 2) organizzazione Organizzazione dei fattori produttivi, guarda ai fattori produttivi organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell impresa. Quella minima organizzazione necessaria sotto la quale non si può parlare di impresa. 1.Rapporto tra impresa e lavoro autonomo Qual’è il minimo d’ organizzazione affinché si possa parlare di impresa ? Occorre avere una minima parte etero organizzata, (non è impresa l’attività auto organizzata), poiché ci si riferisce ai fattori produttivi capitale e lavoro, significa dire che l’imprenditore deve organizzare nell’impresa anche fattori produttivi di terzi, si ha impresa sia quando organizza esclusivamente lavoro altrui8 senza organizzare il capitale o anche viceversa organizza capitale di terzi utilizzando il lavoro proprio (Se organizza capitale di terzi e lavoro di terzi non è impresa) . Altrimenti si ricade nel lavoro autonomo, la differenza tra proprio nel fatto di un minimo di etero organizzazione, se utilizza capitale di terzi e lavoro autonomo (es. elettricista se organizza solo il lavoro proprio con pochi strumenti è lavoro autonomo se si avvale di terzi allora è imprenditore). 2.Rapporto tra impresa e professioni intellettuali Questo requisito interagisce anche nel rapporto tra impresa e professioni intellettuali, disciplinata dal libro V , art. 2229 e seg. nel titolo III dedicato al lavoro autonomo; art. 2222 e il titolo secondo dedicato alle professioni intellettuali. Per professioni intellettuali si intende quelle attività che consistono nell’ esercizio di una prestazione di natura essenzialmente intellettuale (avvocato, notaio, architetto…), una serie di attività che mettono al centro della produzione un servizio di natura intellettuale. Si dividono in due categorie: 1. Le professioni intellettuali protette : per accedere alle quali è necessaria l’iscrizione ad un albo previo esame di abilitazione, per l’accesso al mercato è necessario aver dei requisiti 2. Le professioni intellettuali non protette : attività per il cui accesso non è necessario possedere particolari requisiti L’art. 2238 cc, a chiusura della disciplina delle professioni intellettuali, stabilisce che: Se l’esercizio della professione costituisce elemento di una attività organizzata in forma d’impresa si applicano anche le norme del titolo II, cioè la disciplina dell impresa commerciale. Quando la prestazione professionale è inserita nel contesto di una attività che di per se è un impresa (es. medico in una casa di cura privata, la professione è inserita in un più ampio contesto di impresa) In positivo, questa norma ci dice che la disciplina dell impresa sia applica solo se la professione intel. è inserita in un contesto imprenditoriale, qualora il professionista si limiti a rendere la prestazione senza inserirsi in un contesto imprenditoriale la disciplina dell impresa non si applica. In negativo, la norma introduce un esonero delle professioni intel. dalla disciplina dell impresa. Perché non sono assoggettate alla disciplina impresa? Manca un requisito del 2082 e anche il requisito dell’organizzazione? Sia per quelle auto organizzate che quelle etero organizzate, non è la mancanza dell organizzazione a giustificare l’esonero della disciplina. La distinzione sta in un privilegio riconosciuto a attività che tradizionalmente hanno goduto di particolari vantaggi, non c’è una ragione sostanziale ma una ragione storica. Criterio sostanziale, non contano elementi formali (iscrizione albo…) ma quel che conta è che l’attività si limiti a eseguire una prestazione di tipo intellettuale, se l’attività è contenuta entro questi limiti è esonerata dallo statuto dell’impresa commerciale es. farmacista, iscritto ad un albo, l’oggetto tipico della prestazione protetta intellettuale è il consiglio di farmaci, poiché è inserita nel contesto di un attività imprenditoriale cioè la compravendita di farmaci, allora è considerato un imprenditore quindi nel caso di insolvenza è soggetto a liquidazione giudiziale (fallimento). Si supera l’elemento formale per quello sostanziale, anche avendo i requisiti del 2082 tuttavia finché rimane tale è esonerata. 3) professionalità Portata selettiva di questo requisito Professionalità può significare attività esercitata in via principale ? Dovremmo dire che allora non è impresa quella esercitata a titolo accessorio, ma questa conclusione contrasta con la norma 2093 (imprese pubbliche territoriali che esercitano con l’impresa organo la raccolta rifiuti ad esempio). Anche l’attività esercitata in via accessoria è impresa quindi non si può intendere l’esercizio principale Significa abitualità, ripetuta e costante nel tempo ? NO, poiché è qualcosa di meno intenso, l’attività non deve essere abituale (anche lo stagionale è impresa) ne che consta in una pluralità di atti (anche un unico affare complesso è impresa). 9 Professionalità è il requisito meno selettivo, inteso in negativo come non occasionalità, ( es. venditore in una specifica festa) 3) economicità L’attività d’impresa per essere tale deve essere un attività economica, che pone un collegamento con la produttività (attività diretta alla produzione di nuove utilità, non a godere dell’esistente). É possibile esercitare attività produttive che non siano economiche ? Se dovessimo dire che un attività produttiva è di per se anche economica, questo ultimo requisito che fine farebbe ? Sarebbe dipendente e perderebbe senso normativo. Allora bisogna attribuirne un significato diverso rispetto alla produttività. Economicità significa attività condotta con metodo economico cioè con modalità dirette a programmare una remunerazione dei costi con i ricavi, da valutare ex-ante, cosi inteso il requisito acquista autonomia. Le attività non economiche intese in questo senso non sono imprese, cioè quelle di mera erogazione programmate in perdita, per effetto di apporti altruistici dei terzi (es. mensa degli indigenti, è attività produttiva come il ristorante, professionali poiché stabili nel tempo, organizzate poiché viene organizzato il lavoro altrui, ma non entrambe economiche dato che la mensa offre beni a coloro che hanno bisogno senza remunerare i costi). Sopra il metodo economico c’è lo scopo di lucro, poiché diretto a creare un surplus quindi un utile. Lucro in senso oggettivo, scopo di produrre utili nel patrimonio di impresa senza necessariamente distribuirli, e in senso soggettivo, produrre ma anche dividere gli utili. DOMANDA: Per avere impresa è necessario lo scopo di lucro, esso preclude la disciplina dello statuto dell’impresa commerciale ? No, è sufficiente che l’attività sia condotta con metodo economico. La principale forma dell’attività d’impresa che sono le società, art 2247 norma che delinea la fattispecie società, caratterizzate da un metodo economico e lucrativo, poiché la società è definita come esercizio in comune di un attività tra più soci per dividerne gli utili (quindi sia in senso soggettivo che oggettivo). Invece, le società con scopo non lucrativo (mutualistico): cooperative o società consortili Art 2511, cooperative : società a capitale variabile con scopo mutualistico Strutture societarie nate storicamente e sviluppatesi poi per accogliere questa particolare impresa dal punto di vista funzionale, lo scopo mutualistico (definizione creata nella relazione del ministro della giustizia Grandi nel codice del 1942) è la finalità di offrire ai membri dell organizzazione beni e servizi o occasioni di lavoro a condizioni più favorevoli rispetto a quelle presenti sul mercato. Quello scopo intuitivamente diverso dallo scopo lucrativo, offrire una maggiore remunerazione o un risparmio di spesa, vantaggio economico che deriva dal differente trattamento che l’impresa offre ai soci. Cosa deve fare il socio per conseguire il vantaggio mutualistico? Non può limitarsi a godere dei diritti sociali come il socio di attività lucrativa, ma deve istaurare con la società rapporti di scambio mutualistico, nell' ambito dei quali maturerà i vantaggi. Cooperative di consumo (socio coop deve acquistare, quindi lo scambio è la compravendita di beni) e cooperative di lavoro (lavoro subordinato alla cooperativa). Cosa ha in comune con lo scopo lucrativo? Distinti dagli enti no profit per lo scopo egoistico, cioè il vantaggio economico che è destinato ai soli membri dell’organizzazione. Si realizzano pero in modi diversi, uno tramite una gestione di resa e la distribuzione dell utile, il secondo tramite l’acquisizione del vantaggio per effettivo di scambi mutualistici paralleli all fattispecie sociale. L‘intensità dello scopo mutualistico è dato dal rapporto tra l’attività svolta a favore dei soci e quella svolta a favore di terzi, le cooperative svolgono anche per terzi ma senza vantaggi a meno che non siano pure ovvero destinate solo ai soci. Questa caratteristica non è necessaria perché prevede anche attività verso terzi, per le cooperative non pure distingue due tipologie: