COMPILAZIONE
GIUSTINIANEA
Appunti di Greta Guidetti
Università di Pisa
Facoltà: Giurisprudenza
Corso di laurea Magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza
Esame: Storia del Diritto Romano
Docenti: Grillone Alessandro
A.A. 2021/2022Rappresenta una cristallizzazione del diritto romano nelle epoche più antiche della sua storia. Si
parla di fonti di cognizione: le istituzioni di Gaio, per il diritto privato, e la grande compilazione
giustinianea, le quali ci sono arrivate praticamente nella loro versione integrale e che rappresentano
una cristallizzazione del diritto romano. Le fonti del diritto si dividono in fonti di produzione cioè
gli atti normativi che progressivamente accrescono il volume delle norme giuridiche che in una
determinata epoca si applicano, sono gli atti che creano diritto; quelle di cognizione, sono i testi da
cui conosciamo le fonti di produzione, conosciamo il diritto vigente delle varie epoche, non perché
lo abbiano prodotto nel momento in cui sono state scritte ma perché lo cristallizzano e lo divulgano
dalle epoche passate.
La compilazione è una fonte di cognizione, particolare rispetto alle istituzioni di Gaio, attraverso la
quale conosciamo le opere dei giuristi romani, le costituzioni imperiali delle epoche più risalenti, gli
elementi istituzionali di base contenuti nel manuale delle Institutioes, ma tale atto con cui si
promulgano le singole parti della compilazione, è a sua volta una Costituzione imperiale che invece
è una fonte di produzione. Attraverso la costituzione imperiale si emana la parte della compilazione
e per tale effetto la compilazione diventa diritto vigente all’epoca di Giustiniano. È quindi una fonte
di cognizione (la raccolta in se), ma anche fonte di produzione, la costituzione che serve per
promulgare l’opera, ha doppia valenza: rappresenta il diritto vigente all’epoca giustinianea e l’unico
strumento attraverso cui ricostruire l’evoluzione del diritto romano.
L’importanza dell’opera è determinata dal fatto che non è solo il diritto vigente all’epoca
giustinianea, ma anche il diritto vigente nell’Europa orientale fino al 1700-800, in Grecia fino al
1941 quando si promulgò un codice simile a quello tedesco che lo sostituisce. Per l’Europa
occidentale e per l’Italia è la base del diritto medievale comune, la cui vigenza arriva alle soglie
della modernità e alle prime grandi codificazioni. Ha una vasta importanza. Giustiniano non appena
entra in carica si propone il progetto che sostituisce il precedente codice compilato da Teodosio II e
che aveva limiti e difetti. La prima parte della compilazione deve sostituire questo codice
teodosiano, e ha come nome “Codex Iustiniano”, è un codice cioè una raccolta di costituzioni
imperiali, che sono espressione del potere normativo dell’imperatore, che quando promulga una
legge lo fa attraverso la fonte di produzione detta costituzione imperiale. Il Codex deve raccogliere
le costituzioni imperiali che erano ritenute vigenti alla sua epoca da Giustiniano.
Le costituzioni imperiali sono promulgate da tutti gli imperatori, dal primo all’ultimo sono passati
cinque secoli, questo creò incertezza riguardo il diritto vigente, pertanto serviva un codex di leggi
imperiali vigenti. Per compire tale raccolta Giustiniano nomina una commissione di giuristi che si
avvale del fatto che nel 6 secolo, ricomincia a fiorire lo studio del diritto, attraverso due scuole di
diritto, Costantinopoli e Berito, la commissione è costituita da studiosi provenienti da queste scuole
e presieduta da Triboniano, il giurista più importante dell’impero, che si sedeva con l’imperatore
per scrivere una nuova costituzione, esprimendo in termini giuridici la volontà dell’imperatore. Tale
commissione riceve un primo impulso con una costituzione imperiale di Giustiniano “Haec quae
necessario”, che fissa i compiti dei commissari redigenti la codificazione, impone ai commissari
delle direttive da seguire quando dovranno scegliere le costituzioni da inserire nel testo. Tale scelta
dovrà avvenire cercando di eliminare le costituzioni desuete, per i principi, o contraddittorie rispetto
ad altre successive; è un’operazione di principio e ricognizione della successione normativa,
bisogna raccogliere nel codice, solo ciò che è più vicino al diritto dell’epoca giustinianea e non ne
urta la sensibilità. L’opera viene promulgata attraverso la “Summa rei publicae”, del 529, questa
costituzione ci dice cosa è stato fatto, che è stata tolta dalle leggi la caligine del tempo e le loro più
intime contraddizioni. Abbiamo ottenuto il risultato preposto. Le costituzioni d’ora in poi potranno
essere citate in giudizio, solo indicandole nella forma contenuta nel codex: solo le forme incluse nel
codex ed espresse con la forma del codex.
Il primo principio non dovrebbe meravigliarci. Il secondo compito dovrebbe destare sospetto perché
in base al mandato che Giustiniano aveva dato, alcune costituzioni sono state modificate, tagliate e
incollate, per essere ancora conformi al pensiero giustinianeo. È come se si fossero fatte delle
falsificazioni, che vengono però approvate con una bolla reale. È particolare la pena cui è sottoposto
colui che citi una costituzione nella forma originaria, cercando di portarla in giudizio per dire che la
forma della stessa costituzione nel codice è alterata. Tale soggetto che cita la forma originaria in
giudizio, sarà perseguito attraverso il crimine di falso. La volontà imperiale era questa, cioè
innovare compilando, porre un diritto vigente parzialmente nuovo, ma facendo riferimento al diritto
storico per produrre diritto vigente.
Il codice è composto di 12 libri a loro volta divisi in titoli che recano l’indicazione dell’argomento
trattato. All’interno del titolo, le costituzioni imperiali sono disposte in ordine cronologico, e
devono riportare l’autorità imperiale che le ha emanate e l’anno in cui sono state prodotte. Indicano
il tipo di costituzione imperiale, se è generale o particolare adottata per risolvere un singolo caso
concreto che per la bontà della soluzione giuridica in essa espressa ha ottenuto un’applicazione
generalizzata in via di principio.
Il codice ha poi una seconda edizione che oggi possiamo consultare cioè il “Codex repetitae
praelectionis” del 534, ed emanato con la Costitutio Cordi. Tra le due redazioni si colloca quella
dell’opera più importante della compilazione giustinianea, che è un’opera tripartita in codice,
digesto e institutiones, cioè il digesto compilato dai commissari giustinianei dal 530 al 533. Nel 530
abbiamo una costituzione imperiale, con cui si da impulso ai commissari giustinianei alla
compilazione del digesto che è importante perché ci dice cosa contiene e quali sono le direttive che
l’imperatore volle dare. Il digesto è una raccolta di iura, cioè i pareri dati dai giuristi per la
risoluzione di casi concreti, non dell’epoca giustinianea o quella precedente, ma di epoca classica e
post classica, dal 1 secolo a.C., agli albori del 4 secolo d.C.; tenendo presente che raccoglie i pareri
dei giuristi dalla metà del primo secolo d.C. alla metà del terzo secolo d.C. (la maggioranza)
Sarebbe come dire che una raccolta di giurisprudenza odierna ci dica che si potrà citare in giudizio
solo la giurisprudenza del 17-18 secolo. Questo perché Giustiniano era consapevole che il livello
della scienza giuridica non era più quello altissimo dell’epoca classica e che le raccolte di pareri
giurisprudenziali degli ultimi due secoli, non erano le opere dei giuristi che avevano creato il
sistema del diritto classico. Il discorso sui contenuti si deve connettere alle direttive che egli da alla
commissione, cioè di scegliere in base alla soluzione più confacente al diritto dell’epoca e migliore
in termini pratici, e sciogliere le antinomie e contraddizioni tra i pareri dei giuristi.
La compilazione giustinianea è uno dei punti più alti della scienza giuridica romana, ma
contraddice il sistema di produzione normativa che fece il diritto romano così grande. I due grandi
motori di produzione del diritto romano classico e preclassico sono la giurisprudenza e l’editto del
pretore che rispondono il secondo sul piano processuale e il primo su quello sostanziale e
processuale, per avere un diritto sempre aggiornato nel tempo e plastico verso le nuove esigenze
della società e delle mutate condizioni economiche. Un diritto a formazione giurisprudenziale e
pretoria elabora in base ai casi concreti che i cittadini portano davanti alle corti, sempre nuove
soluzioni, le migliori si recepiscono come diritto vigente e vengono compilate entro le singole opere
dei giuristi, all’interno dell’editto del pretore; sia il pretore che i singoli giuristi cui si sottoponevano
i casi concreti potevano produrre un diritto che risolveva la controversia immediatamente, in base a
principi giuridici di volta in volte rielaborati ed applicati al caso concreto. Con la compilazione
siamo agli antipodi di questo sistema, bisogna fissare il diritto vigente, cioè bisogna cristallizzare le
opinioni dei singoli giuristi e le parti dell’editto pretorio naturalmente ancora vigenti una volta per
tutte, in modo che siano coerenti tra loro. Se una soluzione proposta dal giurista x in un nel primo
secolo d.C. è diversa dalla soluzione proposta dal giurista y alla stessa fattispecie un secolo più tardi
bisognerà scegliere tra le due soluzioni, all’interno dello ius controverso, la migliore all’epoca di
Giustiniano. Questo è il secondo compito che Giustiniano da ai suoi commissari, cioè sciogliere le
antinomie tra i vari pareri giurisprudenziali raccolti. Il terzo compito mira a modificare i pareri
giurisprudenziali che non siano più adeguati al diritto vigente, recuperandone i principi giuridici ma
applicandoli ad istituti nuovi.
Esempio: vi è un istituto classico che è il “Receptum argentarii”, cioè un contratto che il banchiere
stipulava con il cliente per regolamentare un’anticipazione del capitale del banchiere nei confronti
del cliente. Può essere stipulato solo se una della due parti è il banchiere. Nel codice giustinianeo
non esiste più questo, ma si sviluppa un istituto identico, la “pecunia constituta”, che non prevede
che una delle due parti sia un banchiere, può essere stipulato da due privati cittadini.
Sostituiscono il termine receptum con il termine pecunia constituta in tutti i passi dei giuristi che
discutono del receptum e utilizzano quei passi per regolamentare un istituto analogo ma diverso per
alcuni profili però a cui si potevano applicare i medesimi principi, li modifica li destruttura però per
utilizzare i medesimi principi, quindi era un aggiornamento lemmatico e sostanziale dell’antico ius
controverso al diritto ritenuto vigente nell’epoca di Giustiniano. Queste modifiche contenute in
determinati pareri dei giuristi, oggi le chiamiamo interpolazioni, la dottrina romanistica discute se
determinati passi possano essere attestazione del diritto vigente all’epoca classica o solo del diritto
vigente all’epoca giustinianea perché dobbiamo domandarci se all’interno di quei passi ci sia un
interpolazione, cioè una modifica fatta dai compilatori Giustinianei che trasforma quel passo in
diritto nuovo e quindi quel passo è in realtà espressione del diritto vigente all’epoca giustinianea e
non del diritto vigente all’epoca in cui quel giurista lo ha scritto.
Poi la raccolta giunge a compimento nel 533 con una costituzione che è la tanta dedochen, che
abroga la legge delle citazioni ( la legge che regolamentava l’utilizzo dei pareri giurisprudenziali in
giudizio, prima che si applicasse il digesto) e ci da informazioni: dice che tutti i pareri della
giurisprudenza classica e pre classica che non sono nel digesto o nella forma che è stata codificata
in esso, d’ora in poi non si possono più usare; il digesto non potrà mai essere commentato ne per
impulso privato, ne pubblico, il giurista non si potrà cimentare nel commento di ciò che è stato
codificato.
Il digesto si compone di 50 libri che all’interno sono divisi in titoli e ognuno indica la rubrica
dell’argomento. L’esposizione del codice è ordinata nell’ordine di trattazione dell’editto del pretore,
in ciascun titolo sono disposti i frammenti vigenti tratti dalle singole opere dei giuristi in modo da