Ecofisiologia Vegetale:
Esplora con i nostri appunti di Ecofisiologia Vegetale l'affascinante mondo delle risposte delle piante agli stimoli ambientali. Dall'introduzione alla fisiologia ambientale vegetale alla teoria dello stress, passando per le dinamiche della luce, dell'aumento globale di CO2 e temperatura, scoprirai come le piante affrontano e si adattano alle sfide dell'ambiente.
Approfondisci le risposte delle piante alle variazioni di temperatura, esplorando i meccanismi di risposta al freddo e al calore. Affronta il tema della carenza di ossigeno e impara i meccanismi di adattamento ai fenomeni di sommersione. Analizza le relazioni idriche nelle piante, comprendendo i meccanismi di risposta alla siccità e allo stress salino.
Esploriamo in dettaglio gli impatti dei suoli acidi e calcarei sulle piante, focalizzandoci sulla tossicità da alluminio e sulla carenza di fosforo e ferro. Approfondisci l'importanza dell'omeostasi dei macro e micronutrienti, e scopri come le piante affrontano la tossicità di sostanze inorganiche ed organiche.
Indaga sulle relazioni tritrofiche tra piante, erbivori e predatori/parassiti e le interazioni delle piante con l'ecosistema esterno. Esamina la ricerca di base e applicata sull'interazione di fattori ambientali e sistemi di coltivazione sull'efficienza fisiologica delle piante. Infine, scopri l'effetto dei parametri ambientali sulla trasduzione del segnale.
Approfitta di una risorsa indispensabile per approfondire la comprensione di come le piante si adattano e rispondono al loro ambiente in continuo cambiamento.
Dettagli appunto:
- Autore: Martino Raviola
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Biologia
- Corso: Biologia dell'Ambiente
- Esame: Ecofisiologia Vegetale
- Docente: Gianpiero Vigani
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Ecofisiologia Vegetale Appunti di Martino Raviola Università degli Studi di Torino Facoltà: Biologia dell'Ambiente Corso di Laurea in Biologia dell'Ambiente Esame: Ecofisiologia Vegetale Docente: Gianpiero Vigani A.A. 2020/2021 Tesi online A P P U N T I Tesionline ECOFISIOLOGIA VEGETALE Uno dei principali obiettivi della ricerca sulle piante è aumentare la produzione di cibo, a causa della crescita demografica si stima che sarà necessario incrementare la produzione del 70% nei prossimi 40 anni. Bisogna capire come coltivare le piante in climi e areali avversi e come poterle sfruttare al meglio. Tuttavia, la sovrapproduzione deve essere mediata dagli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Tutti i Goals sono dipendenti fra loro. Gli impatti sull’ambiente hanno impatti diretti anche a livello socio-economico, è necessario trovare delle soluzioni alternative per lo sviluppo sostenibile. Il processo di domesticazione ha permesso di selezionare alcune specie per il sostentamento alimentare ma ha causato la perdita di specifici adattamenti e caratteristiche genetico-molecolari delle stesse che erano presenti nelle linee progenitrici; è importante quindi capire quali siano questi adattamenti persi (Es: resistenza alla siccità). Preservare le specie delle piante e capire come sfruttarle al meglio (senza impattare sull’ambiente) è la strategia che si sta impiegando, per farlo è necessario capire come le piante interagiscono con l’ambiente. Capire i meccanismi molecolari significa capire come avvengono le risposte delle piante a livello cellulare in seguito a uno stimolo. L’ecologia è la scienza delle relazioni tra un organismo e l’ambiente circostante; in questo contesto di relazioni si sviluppano gli adattamenti. I meccanismi che avvengono a livello cellulare sono lo specchio di ciò che si verifica a livello fisiologico e morfologico. L’ecofisiologia vegetale è definita fisiologia vegetale degli stress, essa è in stretta relazione con le relazioni che la pianta ha con l’ambiente circostante; le risposte che la pianta attua nei confronti degli stress ambientali determineranno le relazioni che la pianta intera determina con l’ambiente circostante (Es: produzione molecole rilasciate nel suolo per eliminare la crescita di miceti batterici). La sinecologia studia le relazioni di una popolazione all’interno di un ecosistema, le modificazioni a livello fisiologico definiscono quindi le dinamiche a livello individuale e sinecologico. La fisiologia degli stress è capire come la pianta interagisce con l’ambiente, a livello molecolare e tissutale. I fattori ambientali influiscono su queste dinamiche. Essi sono definiti in 3 macrocategorie: • RISORSE → Essenziali per la crescita e lo sviluppo. Sono luce, CO2, acqua, azoto, fosforo etc… Esse nel momento in cui mancano possono diventare fattori di stress. • STRESSORI → Fattori la cui variabilità va a influire in maniera negativa sulla crescita e lo sviluppo. Sono fattori naturali come il PH, la salinità, la temperatura etc… • XENOBIOTICI → Sostanze tossiche non presenti in natura ma immesse da azioni antropiche con le quali la pianta, in quanto organismo sessile, deve confrontarsi per sopravvivere. Sono ad esempio l’inquinamento, le tossine organiche e inorganiche La pianta deve quindi tutelarsi dalle sostanze xenobiotiche, utilizzare in modo ottimale le risorse ed evitare/superare i fattori stressori. Un impatto negativo incide sulla vitalità, sullo sviluppo e sulla crescita. La diversa combinazione dei fattori ambientali influisce sullo sviluppo e l’estensione di una comunità vegetale in un ecosistema. STRESS Classificati in base alla natura dello stress. 1. Biotici → Dati da altri organismi viventi che generano un impatto negativo sulla pianta: • Infezione causata da agenti patogeni • Erbivori • Competizione 2. Abiotici → Dati da fattori ambientali di natura chimico/fisica: • Temperatura Lo stress da freddo è differente tra il raffreddamento e il congelamento (effetti e risposte diverse) • Acqua siccità o sommersione • Radiazioni La luce determina delle risposte specifiche biochimiche e cellulari per contrastare le variazioni della stessa 1• Stress chimico Legati ai minerali e agli inquinanti (le risposte sono specifiche e sono di immagazzinamento o evitamento) • Stress meccanico Legato allo stress biotico, l’erbivoria è legato allo stress meccanico (rottura tessuti) • Stress elettrico e magnetico L’intensità dei fattori viene percepita come stress perché allontana la pianta dalla sua condizione ottimale di crescita e sviluppo. Nel momento in cui si determinano delle variazioni ambientali la pianta viene spostata dalla sua condizione normale ed ottimale, definita fisiological normal type. Tanto maggiore è la deviazione tanto maggiore sarà l’intensità dello stress. Le risposte sono più specifiche dove lo stress è maggiore. Bisogna quindi conoscere i range ottimali di crescita delle piante per poter studiare le risposte; ciò porta alla specie-specificità delle risposte nei confronti degli stress, che dipende dal genotipo considerato. Le reazioni agli stress sono caratterizzate da risposte specifiche e a-specifiche (attivazione risposte comuni in diverse tipologie di stress). Cross protection = Legata a una condizione di stress multiplo. Dopo l’aggiunta di un secondo stress, se le risposte a-specifiche sono le stesse, la pianta può essere più pronta a contrastarlo e quindi in parte si dice “protetta”. CONCETTO DI STRESS Nasce dal contesto fisico, in base a una forza applicata su un materiale. La deformazione è la risposta del materiale su cui viene applicata la forza ed è in relazione con lo sforzo. Il rapporto forza/deformazione definisce il modulo elastico, ovvero la forza richiesta per produrre un’unità di cambiamento, è una misura della resistenza. Nel contesto biologico lo sforzo è la risposta che la pianta deve attuare per sostenere lo stress al quale è sottoposta. Nel momento in cui il sistema percepisce lo stress quest’ultimo risponde con lo sforzo; ad aumentare dello stress aumenta la risposta. La prima fase è quella elastica (il materiale si allontana dalla fase ottimale e può rispondere in modo più o meno intenso ma può ritornare allo stato iniziale), la seconda fase è detta plastica, dove si verificano i danni irreversibili al sistema. Nella fase elastica la pianta attuerà le risposte di contenimento del danno (strain), nel momento in cui il danno si è verificato la pianta deve gestirlo con altri meccanismi (riparazione molecolare), se invece il danno diventa irreversibile quest’ultima tende a morire. Spesso entra subito in fioritura e produce semi per garantire il proseguimento della vita dei suoi geni prima della morte. I danni (reversibili o irreversibili) si verificano solo nella fase plastica. In un sistema biologico ci sono diversi fattori che influiscono tra stress e sforzo (strain): • Tempo → Maggiore è il tempo di azione dello stress è più difficile sarà contrastarlo. • Meccanismi di riparazione → A seguito di danni irreversibili le piante hanno evoluto tali meccanismi (a livello cellulare e molecolare) per superare il danno subito. • Meccanismi di adattamento → L’adattamento è l’insieme di tutti i processi che consentono alla pianta di rispondere in maniera efficiente a tutte le condizioni avverse (crassulacee in ambienti aridi hanno sviluppato degli adattamenti che sono frutto di un’azione selettiva, esse hanno sviluppato adattamenti fisiologici e morfologici specifici). • Susseguirsi delle stagioni → Il cambio di stagione implica la variazione di diversi fattori ambientali, la percezione di tali variazioni richiedono l’attivazione di determinati processi di risposta da parte delle piante. I processi sono frutto di una regolazione a livello cellulare/molecolare legata alla percezione dei determinati stimoli ambientali, che nelle piante perenni sono meccanismi efficienti che consentono la vita in tutte le stagioni. • Stress multipli nello stesso momento → E’ una condizione molto frequente ed è quindi importante considerare l’ambiente in tutta la sua totalità. 2L’hardening è associato a meccanismi fisiologici e molecolari propri della pianta che consentono alla stessa di rispondere e superare lo stress anche se esso è ancora presente; si tratta di un’elevata efficienza nella risposta. L’incremento dello stress permette di distinguere tre fasi distinte nel sistema, che sono correlate fra di loro. La prima è di allarme (meccanismi di percezione dello stress), la seconda è di resistenza (risposte più forti) e la terza è di esaurimento (danno e necessità di correre ai ripari e/o morte). Tanto più lo stress aumenta tanto più intenso sarà lo sforzo (strain); il perdurare di tale stress può portare la pianta alla tolleranza o al non contenimento dei danni. Le componenti caratterizzanti i meccanismi di risposta della pianta allo stress sono: • Meccanismi di prevenzione (avoidance) o allontanamento che prevengono lo stress. [Es: se la pianta cresce su un suolo ad elevata salinità può prendere il sodio che penetra nelle cellule e compartimentarlo nel vacuolo]. Se i meccanismi di avoidance sono efficaci la pianta sarà tollerante. • Meccanismi di difesa che permettono di migliorare lo stress, limitarne gli effetti e riparare gli eventuali danni. Le risposte di questo tipo includono quelle rapide (reversibili) connesse ai processi di omeostasi cellulare e di acclimatamento. I meccanismi di difesa sono sia specifici che a- specifici (modificazione metabolismo). • Meccanismi di tolleranza veri e propri che permettono alla pianta di tollerare lo stress e di adattarsi geneticamente all’ambiente sfavorevole. La tolleranza vera si verifica in seguito a una pressione selettiva, che è ereditabile ed è un processo lento. La tolleranza si riferisce quindi all’adattamento. L’ADATTAMENTO è frutto di una pressione selettiva che ha portato ad avere dei meccanismi di risposta a determinate condizioni estreme in modo indiretto alla percezione dello stress (sono meccanismi consecutivi) L’ACCLIMATAMENTO si riferisce a tutte quelle risposte che la pianta induce per rispondere allo stress che viene percepito. Si riferisce alla fase elastica, a quella di allarme e a quella di resistenza. Sono meccanismi che permettono al metabolismo della cellula della pianta di modulare tutti i processi in modo tale da sopravvivere in quelle determinate condizioni. CONFRONTO TRA TRE MECCANISMI DI REGOLAZIONE IN FUNZIONE A DIVERSE PERTURBAZIONI AMBIENTALI A: REGOLAZIONE = Risposte che avvengono nella fase di allarme (percezione). Nei primi minuti la cellula risponde attraverso delle reazioni del metabolismo che permettono alla cellula di rispondere. Sono modifiche delle attività enzimatiche. Sono rapide e immediate. B: ACCLIMATAMENTO = Entra in gioco se lo stress persiste ed è meno rapido. Sono modifiche a livello delle proteine e dei metaboliti. Richiede una modulazione a livello molecolare e biochimico che porti a una diversa trascrizione genica, una diversa sintesi proteica. 3Il Genoma [ADATTAMENTO] è l’insieme dei geni; l’RNA viene decodificato in proteine, quindi l’insieme delle proteine è il Proteoma; le proteine vanno a caratterizzare le attività enzimatiche [REGOLAZIONE]. Ciò porta al consumo e alla produzione di prodotti metabolici, i metaboliti che vanno a costituire la cellula o il tessuto in un determinato momento costituiscono il Metaboloma [ACCLIMATAMENTO, perché non serve più avere enzimi veloci ma devo avere una riprogrammazione dei geni trascritti, quindi richiede di lavorare a livello del Proteoma e di conseguenza a quello del Metaboloma]. I geni che vengono indotti nelle prime fasi, a seguito di uno stress sono pochissimi, ma nella fase di acclimatamento sono molti di più, perché per mantenere alte le risposte è indispensabile mantenere una maggiore trascrizione genica. C: ADATTAMENTO = E’ un lavoro lungo diverse generazioni. Si sono verificate delle modifiche a livello del Genoma. Si sono sviluppate delle caratteristiche genomiche tali che permettono la trascrizione di geni utili e necessari a consentire la vita in un determinato ambiente in maniera consecutiva. Lo stress non è sempre un fenomeno negativo, si distinguono: • Eu-stress → A basse intensità di uno o più fattori di stress la performance della pianta può aumentare. È collegato al cross-protection. [Uno studente universitario regolare è in una condizione di eu-stress perché è “pre-allertato”] • Di-stress → Il persistere di fattori di stress può portare al diminuire della condizione metabolica ottimale raggiunta in fase di eu-stress. La pianta si allontana dalla sua fisiological normal type. CONCETTI DI BIOCHIMICA METABOLISMO PROCESSI ANABOLICI = Portano alla sintesi di sostanze PROCESSI CATABOLICI = Portano alla degradazione della sostanza organica Nel Metabolismo i processi maggiori riguardano quello Primario e Bioenergetico (processi volti al sostegno dei composti metabolici essenziali per la vita della cellula). Sono la Fotosintesi (nel cloroplasto), la Respirazione cellulare (nel mitocondrio) e la glicolisi (nel citosol). FOTOSINTESI A livello del cloroplasto si hanno sia la parte di cattura della luce, quindi di trasformazione dell’energia luminosa in energia chimica, sia il ciclo di Calvin, responsabile dell’organicazione della CO2. Nella prima fase della fissazione della CO2 agisce la RUBISCO. GLICOLISI La glicolisi è divisa in due parti. La prima è di investimento energetico dove il glucosio inizia ad essere demolito e segue una trasformazione che richiede ATP. Nella seconda fase le due molecole di gliceraldeide- 3-fosfato vengono trasformate in bifosfoglicerato e, con la sintesi di una molecola di ATP, in fosfoglicerato fino ad arrivare al piruvato dove si sintetizza altra ATP. Nella seconda fase viene ottenuta energia. Il piruvato, oltre che nella glicolisi, può essere anche utilizzato nelle vie fermentative che vengono attivate durante un deficit della respirazione mitocondriale che si verifica spesso in carenza di ossigeno. CICLO DI KREBS Il TCA è localizzato nella matrice mitocondriale, e grazie al piruvato consente di ottenere la sintesi di importanti metaboliti per l’intero metabolismo come il citrato, il fumarato, il malato l’ossalacetato. Vengono sintetizzati anche in determinate condizioni di stress e vengono rilasciati nel suolo perché hanno particolari funzioni. Il ciclo del TCA è importante per le capacità degli intermedi che possono essere trasportati dentro al mitocondrio e favorire il ciclo di Krebs e creare nuovi composti. 4L’ossiglutarato è importante per la sintesi del Glutammato, un importante metabolita in relazione all’assimilazione dell’azoto e responsabile della sintesi dell’acido GABA (molecola segnale di risposta a uno stress). Il ciclo di Krebs è definito come tale perché entra una molecola che viene convertita in Acetil-Coenzima-A che si unisce all’ossalacetato a formare il Citrato, di conseguenza l’Isocitrato, l’ossoglutarato, il succinato, il fumarato, il malato e l’ossalacetato che è pronto per far ripartire il ciclo. Tuttavia, per le reazioni anaclerotiche è stato visto che il ciclo può avere delle reazioni lineari, non solo cicliche. Se ci sono delle parti bloccate le altre reazioni vengono mantenute perché i prodotti vanno a svolgere altre funzioni all’interno delle cellule. In carenza di alcuni elementi come ad esempio il ferro la parte sottostante alla formazione del citrato potrebbe svolgersi più lentamente perché a questo punto della catena agiscono due enzimi lenti. La carenza di ferro va a creare un rallentamento, nelle piante viene sintetizzato citrato e accumulato malato in grosse quantità perché il ciclo è passato da una modalità ciclica a una lineare in attesa di superare la condizione di stress. CATENA RESPIRATORIA Il TCA avviene a livello della matrice (parte più solubile) ma la catena respiratoria si trova sulla membrana interna del mitocondrio. Le NADH e le NADPH sono componenti esterne mentre le AOX sono interne e sono tutte di origine vegetale che permettono di mostrare un’alta flessibilità metabolica in funzione degli stimoli ambientali che percepiscono. La catena è formata dal Complesso 1, dall’SDH sulcinato-deidrogenasi (Complesso 2), i complessi 3, 4 e 5, che sono i complessi che caratterizzano la catena di trasporto degli elettroni che sono presenti anche nelle cellule animali. A livello dei primi due complessi il potere riducente (NADPH) cede elettroni per essere trasferiti sul pool dell’ubichinone (UQ). Il sulcinato viene ridotto a fumarato. Successivamente gli elettroni vengono trasferiti nel complesso 3 che li trasferisce al citocromo c e, una volta arrivati al complesso 4 vengono trasferiti all’ossigeno per formare acqua. Nei vari complessi vengono trasferiti i protoni nello spazio intermembrana, ma non vale per il complesso 2 (SDH). Il trasferimento di questi protoni va a creare un’alta concentrazione protonica nello spazio intermembrana che determinerà la forza motrice necessaria per la sintesi di ATP. Il Complesso 5 riequilibrerà il PH e la concentrazione protonica e determinerà la sintesi di ATP. Le cellule vegetali hanno la presenza di ossidasi alternative, ovvero proteine in grado di accettare elettroni dal pool dell’ubichinone e di trasferirli direttamente sull’ossigeno (non trasferisce protoni). E’ un’importante valvola di sfogo perché consente di avere modo di liberarsi di un eccesso di elettroni che potrebbe presentarsi all’inizio della catena e per evitare di coinvogliare troppi elettroni nel complesso 4 perché potrebbero crearsi delle specie reattive dell’ossigeno. Vengono indotte soprattutto quando viene inibito il complesso 1. Le NADPH idrogenasi reattive, che sono localizzate sia sulla superficie esterna della membrana interna che sulla superficie interna della membrana interna possono ossidarsi e utilizzare gli elettroni per coinvogliarli al pool dell’ubichinone. Nel momento in cui si verifica l’inibizione dei due complessi iniziali, la presenza di questi enzimi consente comunque il funzionamento della catena respiratoria. Le piante in quanto organismi sessili devono avere delle possibilità aggiuntive per rispondere ai fattori di stress. L’enzima del ciclo di Krebs che permette la trasformazione del succinato in fumarato è la succinato- deidrogenasi (SDH → Complesso 2 della catena respiratoria). Il metabolismo primario, in particolare la glicolisi e il ciclo di Krebs è importantissimo come fonte di precursori per la sintesi di numerosi metaboliti che vanno a caratterizzare tutto il metabolismo. Anche il processo fotosintetico è fondamentale per la sintesi di metaboliti. [Destino piruvato in determinate condizioni di stress?] → Domanda 5E’ un metabolita finale del processo glicolitico e, affinché tale processo venga mantenuto attivo, la prima via metabolica del piruvato è l’ingresso nel ciclo di Krebs ma se succede qualcosa a livello della respirazione mitocondriale quest’ultimo viene indirizzato in altri punti: • Se ho uno stress ambientale che colpisce il comparto mitocondriale si avrà un rallentamento sull’utilizzo del piruvato nel processo glicolitico. Se si deve mantenere attivo tale processo il piruvato può essere utilizzato in diverse vie metaboliche attivate in determinate condizioni ambientali. ULTRASTRUTTURA ORGANELLI Aspetto importante per i meccanismi fisiologici della pianta e i suoi meccanismi di acclimatamento nei confronti di un determinato stress ambientale. Capire come è fatto un cloroplasto e un mitocondrio facilita la comprensione delle risposte della pianta. Le membrane interne di tali organelli vengono modificate in determinate condizioni e ciò riflette l’attività metabolica specifica. L’ultrastruttura è una struttura sub-microscopica non visibile a livello del microscopio ottico, serve un microscopio elettronico a trasmissione. E’ uno strumento che permette di avere una risoluzione molto alta, caratterizza le alterazioni ultrastrutturali a livello cellulare e subcellulare. Essenzialmente ha come output un’immagine 2D del preparato. Per avere informazioni riguardo alle analisi, la preparazione dei campioni è molto particolare, serve prendere il tessuto e includerlo in resine in modo tale che le strutture siano ben evidenti. Si aggiungono poi degli elementi di contrasto che evidenziano le membrane e, soprattutto, per avere un’elevata risoluzione, è necessario fare delle sezioni molto sottili del preparato. [Es: immagini riguardanti cellule vegetali incluse da un tessuto fogliare; sono ben organizzate, la parte centrale è il vacuolo (circa 90% del volume) e tutte le altre strutture sono incluse tra la membrana del vacuolo, che è il cloroplasto, e la membrana del plasmalemma. Facendo un ingrandimento della zona evidenziata si vedono i cloroplasti (Ch) e i mitocondri (M). Si vede il confronto tra una pianta che cresce in condizioni normali e una che cresce in assenza di Ferro. L’ultrastruttura dei cloroplasti e dei mitocondri è diversa, la diversità sottende delle importanti risposte metaboliche e di acclimatazione] CLOROPLASTO Formato da un doppio strato di membrana (interna ed esterna). All’interno si distingue una parte più chiara liquida (stroma) che contiene un sistema di membrane detti tilacoidi che si possono organizzare in grana (impaccamento dei tilacoidi), indice molto importante che riflette dei cambiamenti fisiologici in funzione delle risposte ambientali. All’interno della membrana tilacoidale abbiamo il lume tilacoidale, anche in questo caso le variazioni metaboliche che avvengono al suo interno riflettono le risposte alle variazioni ambientali. Nello stroma sono disciolti gli enzimi che svolgono il ciclo di Calvin e altre proteine come i ribosomi e altre strutture come il DNA del cloroplasto. A livello tilacoidale sono presenti le proteine che invece caratterizzano la cattura della luce e il trasferimento elettronico dalla clorofilla in potere riducente. MITOCONDRIO Presentano una membrana esterna e una interna caratterizzata da numerose introflessioni che vanno a definire le creste mitocondriali. All’interno della membrana interna si ha la matrice mitocondriale dove sono disciolti gli enzimi che caratterizzano il ciclo di Krebs e sulla membrana interna sono invece presenti le proteine che caratterizzano il trasporto degli elettroni mitocondriali. Lo spazio intermembrana è importante per l’accumulo di protoni, quindi per il gradiente protonico necessario per creare l’ATP. Questa è la classica rappresentazione. Tuttavia, è stato osservato che non in tutti gli organismi si riscontra questa struttura (Baffle Model) perché spesso in alcuni casi l’ultrastruttura riportata non combacia, spesso si osserva un’altra struttura. 6Si ha una membrana esterna, una membrana interna e delle strutture vescicolate (creste) che si connettono alla membrana interna tramite delle giunzioni. Questo modello è definito Crista Junction Model. In carenza di Ferro ci sono meno creste e le stesse hanno anche un volume più ristretto. Le alterazioni, associate ai dati metabolici, indicano una riduzione delle unità respiratorie e una limitazione del volume delle creste. Queste modulazioni ultrastrutturali, probabilmente, indicano la flessibilità dei mitocondri di adattarsi alla disponibilità di ferro che la pianta ha incontrato in quel momento. La caratterizzazione dell’ultrastruttura permette di individuare le risposte fisiologiche della pianta. COME LE PIANTE PERCEPISCONO LO STRESS Il meccanismo di percezione è una sfida per il futuro. A livello cellulare la percezione e l’attivazione delle risposte allo stress richiama dei meccanismi di un certo livello. La percezione avviene grazie a dei recettori posti sulla membrana esterna delle cellule che, per alcuni stress, sono stati identificati. Il meccanismo è la percezione dello stimolo, quindi il riconoscimento molecola esterna, con conseguente legame con essa che può modificare la struttura proteica/molecolare del recettore. La modificazione porta a un innesco di meccanismi per attuare le risposte allo stress. I segnali recepiti dai recettori vengono trasmessi attraverso delle molecole specifiche coinvolte in diversi stress. Ciò va a definire anche il sistema di amplificazione del segnale all’interno della cellula. Alcune molecole che vanno ad agire nel meccanismo di trasmissione del segnale sono il Ca 2+ (essenziale per la pianta come nutrimento e importanza strutturale, il suo ruolo principale è la trasduzione del segnale) e le ROS (reactive Oxygen Species, che possono avere un effetto deleterio). CALCIO Il calcio è indispensabile per il completamento del ciclo vitale, non è sostituibile, però deve essere mantenuto a concentrazioni bassissime all’interno della cellula perché può legare gli ioni fosfato e farli precipitare come fosfati di calcio (molecola importante per la sintesi di composti energetici o le reazioni di fosforilazione). Per essere mantenuto a basse concentrazioni viene trasferito al di fuori della parete cellulare o all’interno del vacuolo. La bassa concentrazione significa che la pianta può utilizzare una piccola variazione di essa per segnalare che è entrato qualcosa di esterno nella cellula, ciò porta all’attivazione di risposte in condizioni di stress ambientali. La pianta, per attivare le risposte, fa entrare il calcio per aumentare la concentrazione in modo tale che seguano risposte come attivazioni metaboliche, attivazioni enzimatiche e regolazioni molecolari. Il calcio può essere trasferito all’interno della cellula ma i flussi di calcio sono anche a livello sub-cellulare (può essere trasferito anche nei mitocondri, nei cloroplasti e in altre zone). La dinamica del Ca è misurata attraverso dei biosensori che emettono fluorescenza quantificabile. Uno dei biosensori, espresso geneticamente, è il Cameleon che modifica il proprio colore in funzione di determinate condizioni. E’ costituito da due clorocromi con un ponte al quale sono legate proteine in grado di legare il calcio; nel momento in cui si ha una variazione di calcio si ha una modifica strutturale del biosensore e quindi a un trasferimento di energia che permette di emettere un rapporto di fluorescenza specifico e quantificabile. Questo biosensore permette le misurazioni in vivo. I tempi di risposta di trasduzione del segnale in un apice radicale sono stati visti fornendo ATP esterna, che induce il flusso di calcio a livello del Citosol. In pochissimi secondi si ha avuto un picco di fluorescenza (il calcio entra nel citosol delle cellule e attiva le risposte) per poi diminuire (svuotamento dal citosol). Lo stesso esperimento è fatto a livello mitocondriale, meno immediato rispetto al precedente perché il picco rimane per più tempo e lo stesso vale per lo svuotamento. Ciò significa che la dinamica del calcio a livello sub-cellulare si realizzano in maniera diversa. Strutturazione meccanismo di trasduzione mediato dal Calcio: Questi meccanismi sono comuni a diversi stress. Al fine di poter avere questo meccanismo sempre attivo è necessario avere una parte definita Componente ON che permette di trasferire il calcio nel citosol (o in altri organelli) per avviare le risposte, ma allo stesso tempo è necessario avere una Componente OFF per svuotare il citosol dal calcio e permettere alla cellula di poter ricevere altri stimoli. Sono state identificate numerose proteine che caratterizzano la componente on e quella off (non da sapere). 7Una volta che il calcio entra nel citosol, grazie alla componente ON, esiste un sistema di proteine complesso in grado di decodificare e percepire le variazioni di calcio, nonché di attivare le risposte. Esse sono appartenenti ai sensori del calcio (Es: Calmodulina) e appartenenti agli effettori (si legano ai sensori ed effettuano una reazione di chinasi, in grado di fosforilare altre molecole, quindi trasferendo dei pirofosfati a delle proteine). La fosforilazione delle proteine è uno di quei meccanismi post-trasduzionale che permette l’attivazione o l’inibizione di alcune proteine e alcuni enzimi. ROS Si distinguono: • Forme non radicaliche → Perossido di Idrogeno H 2O 2 e Ossigeno Singoletto 1 O 2. Sono meno reattive ma possono dare origine a diverse reazioni ossidative. • Forme radicaliche → Anione radicale superossido O 2 - , il Radicale Ossidrile OH e il Radicale Perossidrile O 2H. Sono molto reattive e innescano molto velocemente delle reazioni di ossidazione a catena deleterie per le molecole nella cellula (proteine, nucleotidi etc…). La reazione di Fenton si verifica quando ci sono dei radicali liberi all’interno della cellula, ad esempio aumenta la quantità di ferro libera (Fe 2+ ), che può innescare reazioni particolari come la reazione con acqua ossigenata a formare radicale ossidrilico che può portare alla formazione di tutte le reazioni a catena di stress ossidativo. La reazione di Fenton verrà vista più in dettaglio nella parte di stress da metalli pesanti. L’acqua ossigenata può formarsi dalle altre specie dell’ossigeno reattive radicaliche perché la pianta trasforma le specie più pericolose in una forma meno impattante come l’acqua ossigenata. Il legame tra ferro e ossigeno è antico ed ha permesso di cambiare la chimica del ferro in maniera importante (aerobiosi). Questa relazione è un aspetto molto importante per la biochimica di tutte le reazioni che avvengono nella pianta. Le ROS vengono prodotte in diverse parti della cellula. A livello del plasmolemma esistono delle proteine che possono formarle e, reazioni come queste, sono molto utili nel momento in cui la pianta va incontro a un attacco da parte di un agente patogeno in modo da indurre le ROS al patogeno stesso. Si possono formare a livello citosolico, a livello del cloroplasto e a livello del mitocondrio (perché in questi due comparti cellulari avvengono reazioni di trasferimento elettronico come la fotosintesi e la respirazione cellulare, dove variazioni dell’efficienza di trasporto elettronico possono formare le ROS). Possono formarsi sia all’interno che all’esterno della cellula, attraverso il metabolismo. Le ROS si formano quindi normalmente nella cellula e possono avvenire in qualsiasi momento, la cellula ha quindi dei meccanismi di difesa nei loro confronti, quelli di detossificazione, il problema si riscontra quando vengono prodotte in quantità tali da superare il contenimento da parte della pianta. La loro produzione, in condizioni controllate, può essere percepita dalla cellula come una molecola segnale per l’attivazione di determinate risposte. La loro presenza può essere sia una molecola segnale, sia un danno (ad esempio se c’è del ferro libero) non contenibile dai meccanismi di scavenging. Per il ferro libero esistono dei meccanismi di difesa, detti di sequestro, attraverso delle molecole come la ferritina (in grado di legare fino a quattro molecole di ferro). Sia il segnale sia le risposte possono essere usate come modi per superare la situazione di stress ossidativo nella cellula o possono coincidere con l’attivazione delle risposte che portano alla morte programmata cellulare (PCD). L’attivazione necessita la presenza di molecole segnale nella cellula; l’accumulo eccessivo dei ROS porta l’attivazione di tali molecole e quindi alla morte cellulare, con conseguente formazione di zone necrotiche. Il danno meccanico porta a ciò. Meccanismi di scavenging: La cellula tiene sotto controllo la formazione dei ROS per evitare danni, attraverso: • Componente enzimatica = Sintesi enzimi antiossidanti come Superossido Dismutasi, Perossidasi e Catalasi, che trasformano le ROS in acqua ossigenata • Componente metabolitica = Sintesi di metaboliti antiossidanti come Glutatione (GSH) e Ascorbato (ASC) che svolgono un ruolo chiave nel contenimento del livello di ROS nella cellula. 8 Il materiale genetico è prevalentemente presente nel nucleo, ma sia i cloroplasti che i mitocondri hanno i loro DNA, ciò ha portato alla comunicazione tra i tre diversi genomi. Sia i cloroplasti che i mitocondri possono sintetizzare dei geni in risposta a determinati stimoli; serve un meccanismo di coordinazione tra nucleo, mitocondrio e cloroplasto che permette di coordinare la trascrizione dei geni in funzione delle diverse condizioni ambientali. Il nucleo, una volta percepito lo stimolo, può inviare dei segnali che permettono di regolare i meccanismi di sintesi dei cloroplasti e dei mitocondri, questa direzione di segnale è definita Anterograda. Tuttavia, gli stessi organelli possono inviare segnali al nucleo, meccanismo detto Retrogrado. I meccanismi di regolazione delle piante avvengono a diversi livelli: • RNA → I geni presente a livello del genoma devono essere trascritti in un determinato modo in funzione delle richieste della pianta, stabilite in funzione degli stimoli che essa riceve. • Proteico → Le modificazioni subite dalle proteine, le post-trasduzionali, possono essere diverse in quanto vengono legate altre molecole come il fosfato, che porta l’indirizzamento delle proteine in determinati processi metabolici. • Enzimatico → Caratterizza le prime fasi di allarme (regolazione omeostatica), dipendono dalle variazioni subite dalla cellula, come di PH, di substrati, dalla presenza di attivatori e/o inibitori o di cofattori che permettono l’aumento dell’attività catalitica da parte dell’enzima (Zolfo, Ferro, Rame etc…). Il livello di regolazione cambia a seconda della complessità dello stimolo e a seconda della fase (allarme, resistenza etc…). Guardare le slide a riguardo. STRESS DA LUCE Processo fotosintetico (Ripassare): Nel cloroplasto avviene la trasformazione dell’energia luminosa in energia chimica e viene prodotto ossigeno, utilizzato dalla respirazione mitocondriale che utilizza i prodotti sintetizzati dalla glicolisi (Piruvato) per produrre la CO2 utilizzata dal processo fotosintetico. I Plastochinoni effettuano un ciclo coinvolto nel trasferimento degli elettroni, sono presenti i due Fotosistemi, la plastocianina e il complesso ATP-sintasi che sfrutta il gradiente protonico. I fotosistemi sono i centri dove avviene la captazione dei fotoni che determina la variazione dello stato energetico dei pigmenti ad essi associati, le clorofille, che una volta eccitate permettono di ridurre gli accettori associati al Fotosistema 2, i Plastochinoni che possono trasferire gli elettroni al Citocromo b6f che li trasferisce a sua volta alle Plastocianine (mobili nel lume tilacoidale) che porterà gli elettroni al Fotosistema 1. Gli elettroni vengono trasferiti infine all’accettore finale, il NADP che diventa NADPH. Il gap elettronico che si viene a generare nelle clorofille del Fotosistema 2 viene recuperato dalla reazione di un complesso enzimatico che evolve l’ossigeno, in grado di catalizzare la fotolisi dell’acqua (ossidazione dell’acqua) e da esso viene liberato ossigeno e protoni nel lume tilacoidale (anche dal blastochinone e dal citocromo b6f). L’accumulo di protoni a livello tilacoidale genera la forza motrice utilizzato dall’ATP-sintasi per la produzione di ATP. I prodotti sono quindi ATP e NADPH. I Fotosistemi 2 sono localizzati nella zona appressata dei grana, non vale per i Fotosistemi 1, perché la parte non appressata dei grana, direttamente a contatto con lo stroma (dove sono presenti gli enzimi del ciclo di Calvin, responsabile dell’organicazione della CO2, ovvero il suo inserimento nei composti organici). L’ATP e il NAPH devono essere facilmente accessibili a questi enzimi perché servono per il processo di Calvin. La localizzazione dei Fotosistemi è importante anche per le risposte delle piante a livello ultrastrutturale in base alle variazioni. Il NADPH accumula il potere riducente che può essere usato nelle reazioni di ossido riduzione. Affinché avvenga il trasferimento elettronico è importante che gli accettori si trovino nella forma ossidata, non in quella ridotta, perché altrimenti gli elettroni devono essere scaricati in altre molecole o in altri sistemi; ciò significa che un rallentamento del ciclo di Calvin coincide con l’attesa che gli accettori tornino in forma ossidata. E’ valido sia per gli accettori finali che per quelli intermedi. 9 Lo spettro luminoso utile per le piante va dai 400 ai 700 nm, con due picchi tra i 450 e i 580 nm e tra i 640 e i 680 nm. Le tipologie di pigmenti clorofille presenti nelle piante sono la A e la B. Nella pianta ci sono altri importanti pigmenti come i carotenoidi, importanti perché costituiscono dei pigmenti accessori antenna e tutelano il sistema da possibili eccessi di luce. Lo spettro utilizzabile e utile per il processo fotosintetico è definito PAR (radiazione fotosintetica attiva). Esiste una relazione tra la quantità di luce e la fotosintesi netta (quantità di moli di CO2 fissate e organicate con il ciclo di Calvin). E’ lineare solo a basse quantità di luce, perché si ha linearità tra quantità di fotoni assorbiti e di CO2 fissata; la linearità non è mantenuta a tutte le radiazioni luminose perché man mano che aumenta la PAR la fotosintesi netta si distacca in quanto appena si supera la linearità la quantità di fotoni assorbiti non corrisponde alla quantità di CO2 fissata. L’intercetta della Y (tasso di respirazione al buio) e l’intercetta della X (punto di compensazione della luce) sono concetti che si affronteranno più avanti. L’aumentare della luce porta quindi a un rallentamento della CO 2 fissata. Un eccesso di luce incide sulla funzionalità del Fotosistema 2, il più soggetto a fenomeni di danneggiamento e, per questo motivo, le piante hanno evoluto dei sistemi di riparazione. L’eccessiva esposizione alla luce porta all’instaurarsi delle reazioni definite di Fotoinibizione. Fotosistema 2 → Costituito da complessi proteici esterni (Light Harvesting complex - LHC) di raccolta della luce che la trasferiscono verso il centro di reazione, che si trova nella parte più centrale. In questo Fotosistema sono presenti pigmenti quali clorofille e carotenoidi e si trova l’Oxygen Evolving Complex (ossidazione dell’acqua). Ci sono poi delle proteine D1, associate al centro di reazione, importanti perché subiscono i meccanismi di riparazione. La raccolta della luce avviene grazie ai pigmenti antenna, associati agli LHC, che raccolgono il fotone e lo convogliano verso il centro di reazione. L’energia permette alle clorofille del centro di reazione di passare a degli stadi energetici superiori e possono trasferire la loro energia (elettroni) verso la molecola accettrice Plastochinone. Affinché le clorofille possano trasferire in maniera continuativa l’energia al pool del Plastochinone è indispensabile che tale molecola sia sempre in forma ossidata. Una volta trasferita l’energia le clorofille ritornano allo stadio energetico iniziale. Nei Fotosistemi, quando si ritrovano in una condizione in cui il livello energetico maggiore delle clorofille non riesce ad essere scaricato sul Plastochinone, le clorofille devono comunque tornare al livello energetico inferiore in qualche modo. Le vie che i pigmenti possono utilizzare sono diverse: • Fotochemistry → Via classica della fotosintesi, è il trasferimento elettronico, tutti gli accettori devono essere in forma ossidata. La reazione fotochimica viene attivata nel momento in cui si possono trasferire gli elettroni in tutti i passaggi [Photochemical Quencing]. Se avvengono dei rallentamenti, accade spesso, le clorofille utilizzano altre reazioni. • Emissione di fluorescenza → Le clorofille emettono luce a lunghezze d’onda diverse rispetto ai fotoni assorbiti; le emissioni di luce sottoforma di fluorescenza permette ad esse di tornare allo stato basale. Questa emissione non può essere tradotta in energia chimica, viene persa [Non photochemical quencing]. La fluorescenza emessa può essere misurata per ricavare informazioni sulla funzionalità dei fotosistemi e dell’apparato fotosintetico, al fine di capire come le condizioni ambientali stiano incidendo sulla pianta in questione. 10
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