Appunti di lezione del corso in Sociologia del Terzo Settore del Prof. Lazzarini - a.a 2007/2008
Sociologia del Terzo Settore
di Andrea Balla
Appunti di lezione del corso in Sociologia del Terzo Settore del Prof. Lazzarini -
a.a 2007/2008
Università: Università degli Studi di Torino
Facoltà: Economia
Docente: Prof. Lazzarini1. TERZO SETTORE
Con la definizione di terzo settore si intende identificare una realtà che comprende quelle formazioni sociali
che esercitano la loro attività secondo logiche e modalità differenti rispetto al mercato e al settore pubblico,
ponendo l’accento così sulla natura privata di organizzazioni che erogano servizi e producono beni materiali
e immateriali, la cui produzione è orientata al soddisfacimento di scopi solidaristici e di utilità collettiva: i
soggetti che vi operano difatti manifestano precise motivazioni culturali, etiche valoriali proprie dell’agire
volontario. Si può quindi affermare che il terzo settore (molti sono i termini con il quale è possibile
definirlo, tra i quali terzo sistema, privato sociale, settore no profit, economia civile) è formato dall’insieme
di istituzioni ed iniziative che, nate nel contesto della società civile, hanno la finalità principale di erogare
beni e servizi di pubblica utilità caratterizzati da elevato contenuto relazionale, in quanto un certo numero di
cittadini decide autonomamente di aggregarsi e di cooperare con lo scopo di individuare e fornire una
risposta a bisogni specifici. La sua matrice fondamentale rimane essenzialmente di tipo sociale, ma è
contraddistinto anche da valenze di carattere politico, giuridico, culturale ed economico: proprio in proposito
di tale ultimo carattere, va specificato che le finalità perseguite possono dare luogo alla creazione di profitto,
ma questo non viene né direttamente né indirettamente distribuito fra i soci, in quanto questi dichiarano a
priori di volerlo impiegare per gli scopi statutari.
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Sociologia del Terzo Settore 2. BENI RELAZIONALI
I prodotti tipici dei soggetti operanti nel terzo settore sono beni e/o servizi di tipo relazionale: un bene o
servizio viene definito di tipo relazionale quando implica una condivisione, cioè quando può essere sia
prodotto che fruito insieme da coloro che ne sono i produttori e i fruitori, attraverso appunto lo svolgersi
della relazione che lega i due soggetti; il bene è definito così relazionale per il fatto che implica una
relazione. I beni o servizi relazionali possiedono un’alta utilità sociale, e vengono erogati nell’interesse e a
favore della collettività; non possono quindi essere suscettibili di una valutazione economica, ma il loro
valore è determinato dall’intensità della relazione umana che il volontario riesce ad instaurare con il
destinatario della sua azione. Questa relazione che si viene così a creare è ben sintetizzabile con la frase “Si
dà, ma in contemporanea si riceve”, volta proprio ad esprimere come l’operatore svolga un’azione di
gratuità e ne riceva in cambio, oltre a un senso di appagamento a livello personale, anche un riconoscimento
da parte del destinatario della sua azione. Tali organizzazioni di terzo settore sono facilitati nell’offerta di
questa tipologia di beni a contenuto relazionale, in quanto per la loro realizzazione è strettamente necessaria
una componente umana, forti motivazioni da parte degli operatori impegnati, un forte legame con la
comunità locale ed un elevato radicamento territoriale, il tutto in grado di garantire rapporti tra operatori e
fruitori ad elevata connotazione fiduciaria.
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Sociologia del Terzo Settore 3. SELEZIONE E FORMAZIONE
L’acquisizione di una sempre più elevata competenza relazionale da parte degli operatori è lo strumento
fondamentale che le organizzazioni di volontariato devono affrontare affinché il loro operato possa essere
realmente efficace, dato che è oramai convinzione diffusa che le competenze relazionali degli addetti debba
essere sorretta da un’adeguata e costante formazione, in aggiunta alle motivazioni personal di ognuno che ne
determinano l’impegno e l’investimento personale. I volontari e le organizzazioni operano secondo criteri di
professionalità, acquisiti in seguito a una preparazione e a una formazione specialistiche, messe poi al
servizio della collettività con interventi qualificati e mirati. Nessuna organizzazione può prescindere
dall’attuare una seppur minima selezione di chi si presenta come candidato: no è difatti possibile accettare
chiunque semplicemente sulla base della disponibilità di tempo e della buona volontà; per il bene degli
utenti, dei volontari e dell’organizzazione stessa sono necessari meccanismi di selezione che consentano di
verificare la coerenza tra i fini dell’organizzazione e le caratteristiche e attitudini delle persone. È quindi
necessario che già nei messaggi di sensibilizzazione finalizzati alla ricerca di nuovi volontari si evidenzino
chiaramente le competenze che si richiedono, cosicché chi non le possiede eviti di presentarsi. La
formazione non è un impegno per i soli nuovi volontari, ma consiste in un percorso permanente di
apprendimento per tutti gli operatori. Questi aspetti sono rilevanti per il fatto che la credibilità e il prestigio
dell’azione gratuita si giocano fondamentalmente sulla base dell’eccellenza delle prestazioni e del modo di
erogarle: in una sola parola, sulla qualità, intesa come l’insieme delle proprietà del servizio svolto che
permette dei soddisfare pienamente le esigenze dell’utenza.
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Sociologia del Terzo Settore 4. CAPITALE SOCIALE
Il valore di un’impresa, sia essa for profit o no profit, è calcolabile non solo sulla base dei beni materiali che
essa possiede (cioè ad esempio le immobilizzazioni presenti nel suo bilancio), ma anche in riferimento ai
suoi beni intangibili, come ad esempio i dipendenti: difatti, sempre tenendo come esempio quello dei
dipendenti, questi non rappresentano solo un costo per l’azienda, ma anche un bene intangibile, in quanto
più il personale è preparato e motivato nel proprio lavoro, e più l’impresa ha valore. Questi beni intangibili
possono essere di tipo motivazionale, professionale e di appartenenza, e sono beni individuali; ma se queste
persone vengono messe assieme a lavorare, entrano in relazione fra di loro, producendo altri beni intangibili
di tipo relazionale, che si presentano sottoforma di “clima” (un clima aziendale di collaborazione e di stima
reciproca difatti è un bene intangibile, in grado di creare valore all’interno di un’impresa). Questi beni
intangibili di tipo relazionale possono essere tanto interni all’organizzazione, quanto invece rivolti anche
all’esterno della stessa: quelli rivolti all’esterno forniscono il cosiddetto capitale sociale o capitale
relazionale, basato su relazioni di fiducia, benessere, amicizia e quant’altro, frutti della relazione fra
individui. Le relazioni costituiscono quindi , specie nell’ambito delle organizzazioni di terzo settore, un
capitale, basato però sulla gratuità, sulla produzione di beni e/o servizi senza scopi utilitaristici, con una
finalità di base improntata sulla solidarietà e sulla cooperazione.
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Sociologia del Terzo Settore 5. IMPRENDITORIALITA’
Oggi le organizzazioni di terzo settore si trovano ad affrontare la sfida di rimanere fedeli agli scopi originari
di utilità sociale e, nello stesso tempo, mirare alla qualità dei beni e dei servizi offerti; per promuovere un no
profit di qualità è necessario lo sviluppo di organizzazioni efficienti che sappiano rispondere adeguatamente
ai bisogni della collettività, realizzando i propri obiettivi, attirando risorse (sia umane che finanziarie) e
stimolando i propri collaboratori. Per l’organizzazione no profit il fine primario è quello di perseguire, nel
medio-lungo termine, l’interesse generale della comunità di appartenenza, ovvero di operare
imprenditorialmente, cioè esercitando un’attività economica organizzata al fine della produzione e dello
scambio di beni e servizi per fini solidaristici: un’organizzazione che si pone tali finalità è detta anche
impresa sociale. Questo spirito imprenditoriale diventa così una prerogativa di tutte le organizzazioni del
terzo settore. Il manager no profit dovrà così saper procurare entrate finanziarie confrontandosi con il
mercato dei servizi, costruendo pubbliche relazioni atte ad agevolare finanziamenti presso aziende private,
benefattori privati, istituzioni pubbliche. Risulta tuttavia ancora abbastanza diffusa l’opinione che il
volontariato non possa assumere modalità organizzative di tipo manageriale, in quanto gli aspetti
economico-gestionali sono visti come antagonisti rispetto alle finalità sociali, nonostante l’altro filone di
pensiero invece ponga particolare attenzione proprio al tema dell’imprenditorialità, e ai connessi concetti di
efficienza ed efficacia, che garantirebbero migliori livelli di performance.
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