4
chitarra muoveranno necessariamente tra questi poli culturali per tentare di
tracciare un disegno ampio e consequenziale di quest’arte.
Si perlustreranno in questa sede diverse tipologie di letteratura per voce e chitarra,
cercando di spaziare utilmente in senso geografico e stilistico, dall’aria al Lied
concepito originariamente con l’accompagnamento dello strumento a corde,
passando per le numerose trascrizioni di brani celebri ad uso semidilettantistico,
sino all’emergere di un particolare gusto per un genere definito ancora vagamente
“canzone” o “canzonetta” e per la romanza da camera, ottimo rappresentante di
una pratica salottiera delle classi benestanti nel corso del XIX secolo; proprio la
romanza stimola l’individuazione di una linea stilistica ininterrotta, che trova nel
Settecento alcuni interessanti prototipi
3
in compositori molto mobili tra Italia,
Francia, Germania, Austria e Inghilterra.
4
Per il tardo Settecento si parla per lo più
di arie, ariette, canzonette, anche notturni, per voce e chitarra, ove prevale un
gusto classicheggiante, spesso ingenuo, facilmente melodico e sentimentale che
trova tra i suoi referenti poetici di spicco la lirica metastasiana, la cui fortuna si
estende a tutto il repertorio cameristico e anche oltre. Su un binario formalmente
più complesso e ricercato opererebbero creazioni come anacreontiche e romanze
(romances) su testo francese, sulle quali indirizzeremo inizialmente la nostra
attenzione.
3
Si veda, per la romanza da salotto in genere e per un godibile sguardo agli sviluppi storico-stilistici del rapporto
musica – poesia, il saggio di R. Meloncellli Poesie e poeti della romanza da salotto contenuto in La romanza italiana
da salotto, a cura di Francesco Sanvitale, Ortona, 2002, pp. 55 – 116.
4
R. Meloncelli ricorda nell’opera citata (v. nota precedente) autori non strettamente chitarristi come Felice Blangini,
Bonifacio Asioli e Luigi Cherubini.
5
In ogni caso, da un punto di vista metodologico, l’indagine su un genere nato
minore e come tale percepito dalla storiografia musicale che è seguita nei secoli
dovrà necessariamente essere lungi da una sterile ricerca “alla riscoperta dei
capolavori”
5
che la memoria storica avrebbe ingiustamente trascurato, con la
conseguente presunzione di delineare una gerarchia stilistica all’interno del genere
assolutamente fittizia, e falsa nella realtà. Il nostro modo di procedere sarà in linea
con il metodo d’indagine etnomusicologico di tipo comparativistico, richiamato di
recente in causa da Rostagno
6
per l’analisi di un altro contesto produttivo reso
minore dalla stratificazione storica del pensiero, ossia quello sinfonico italiano
ottocentesco; anche nel presente caso si tenterà di cogliere un insieme organico di
“costanti ambientali” mediante “l’esame delle invarianti e variabili” (con
riferimento a P. Zumthor)
7
che i diversi contesti propongono, senza tuttavia
ambire ad una trattazione sistematica ed esaustiva dei tre livelli antropologico,
ideologico e letterale che lo Zumthor
8
pone come paradigma metodologico. Pur
dovendo distinguere necessariamente la pura dimensione estetica da quella
funzionale, per la quale l’oggetto musicale espleta esclusivamente la propria
funzione antropologica prima eventualmente di eclissarsi dalla memoria storica,
riteniamo di voler accordare al genere del canto accompagnato dalla chitarra un
ruolo sotterraneo, secondario, ma al tempo stesso relativamente stabile e in
continuo contatto – contrasto con i generi dominanti, interessando una “classe
5
Cfr. A. Rostagno, Introduzione a La musica italiana per orchestra nell’Ottocento, Firenze, Olschki, 2003.
6
A. Rostagno, ibidem.
7
P. Zumthor, Introduction à la poésie orale, Paris, De Seuil, 1983, citato da Rostagno.
8
P. Zumthor, ibidem.
6
sociale” di consumo abbastanza delineabile nelle prerogative culturali e di gusto,
ossia una “borghesia per lo più agiata”, economicamente indipendente e
intraprendente, presente con sempre maggior rilievo in tutta Europa (con
l’accertato ritardo dell’Italia, particolarmente del suo centro - sud). Insistiamo sul
carattere pressoché omogeneo di tale realtà sociale, sul piano della condivisione di
generiche categorie culturali, quali soprattutto l’atteggiamento di disimpegnata
galanteria che riscontreremo ovunque negli esempi che seguiranno, prima che le
prime istanze romantiche intervengano a concedere spessore e complessità alle
tematiche, quella amorosa in primis.
Proprio il contesto geografico da cui prendiamo le mosse, il Veneto, luogo
d’origine dei poco noti fratelli Merchi, documenta l’inserimento della regione –
ma potremmo estendere l’affermazione a tutto il settentrione della penisola – in un
ambito di gusto e fruizione della musica di portata internazionale, e proprio
l’attività dei Merchi a Parigi mostrerà non solo il grado di accettazione di una
produzione proveniente dall’estero, ma soprattutto l’esistenza di un comune
lessico di natura prettamente sentimentaleggiante che si attua nella coincidenza
speculare di codice tra brani francesi e italiani, tanto che il più delle volte la lingua
in sé non sembra assumere una valenza espressiva decisiva rispetto al contenuto.
Tra l’altro, il Veneto è nel maturo Settecento un luogo privilegiato di ricezione di
Haydn, Mozart e Beethoven,
9
pur con un’ipotizzabile circolazione di musica ancor
prima che di idee; è significativo ad ogni modo il cambiamento epocale avvenuto
9
S. Durante, Classicismo musicale alla periferia dell’impero, in La musica strumentale nel Veneto fra Settecento e
Ottocento. Atti del convegno internazionale di studi, Padova, 4 – 6 novembre 1996, a cura di Lucia Boscolo e Sergio
Durante, Padova, CLEUP, 2000.
7
circa alla metà del secolo, con la cessazione de facto del ruolo di preminenza nello
sviluppo del linguaggio musicale, per lo meno in ambito colto (si pensi a Vivaldi e
Tartini), ed il passaggio ad entità periferica, di consumo passivo del prodotto
musicale;
10
ciò ha indotto molti studiosi ad affermare l’instaurarsi dell’egemonia
culturale da parte della ricca borghesia tedesca nel contesto centroeuropeo,
particolarmente evidente se confrontato con l’arretratezza della situazione italiana.
Durante tuttavia insiste sul carattere aristocratico ed elitario del consumo musicale
italiano e veneto in particolare, consolidato da secoli di “ritualità privata” e
comunque in grado di vagliare autonomamente tra le scelte artistiche a
disposizione, soprattutto quando si entra nei meandri della musica da sala e
strumentale,
11
ove le radici autoctone hanno più possibilità di intervento e
scambio.
La vasta gamma di generi in circolazione ci induce a condividere col Durante
l’opinione che l’intrico di rapporti di varia natura che lega ininterrottamente il
Veneto, e Venezia in particolare, con Parigi, Londra, Vienna non debba essere
sciolto in termini esclusivi di ricerca storica generale limitata alle vicende
dinastiche e politico – economiche, ma affrontato di volta in volta da prospettive
inerenti le specifiche produzioni musicali di riferimento, e rendendo una buona
volta palese l’abisso metodologico che intercorre tra “macrostoria” e
“perlustrazione delle fonti”,
12
ossia tra la storia esclusiva di quei fenomeni che una
data generazione di studiosi ritiene epocali, e viceversa una storia che pone come
10
S. Durante, op. cit., p. 16.
11
S. Durante, op. cit., p. 22.
12
S. Durante, op. cit., p. 20.
8
fondamento metodologico l’analisi e la comparazione specialistica delle varie
tipologie documentarie.
Il nostro percorso d’indagine parte dunque sul primo collegamento utile che
l’editoria musicale del secondo Settecento ci offre, quello appunto tra la regione
veneta e Parigi, ipotizzando un canale di trasmissione di specifici topoi che ben
presto diverranno comuni a tutti i grossi centri del culto chitarristico, grazie ancora
all’attività fuori dalla penisola di eminenze artistiche come Cimarosa e Giuliani, e
accanto a quegli elementi che da sempre il canto accompagnato da strumento a
corda sembra sottendere, quali la modularità delle melodie, la ripetizione come
valore strutturante e necessario ai fini della “memorabilità”, la fissità ed
elementarità dei percorsi armonici che rispondono ad un lessico volutamente
semplice e comunicativo. Spesso – e un po’ forzatamente – si indugerà su
un’analisi pezzo per pezzo proprio per esplicitare nel dettaglio varianti e invarianti
del repertorio
13
, tentando
14
viceversa negli ultimi capitoli di estrapolare in maniera
più succinta ed incisiva le peculiarità che interessano maggiormente lo storico
della musica.
13
Negli esempi musicali che riporteremo a supporto dell’analisi, la scrittura delle note (legate o meno, ecc.) e la
sillabazione delle parole sono state concepite tenendo conto il più possibile dei criteri moderni di edizione critica di un
testo poetico in musica.
14
Come auspicato dal correlatore della presente tesi, prof. Gossett, che ringrazio.
9
2. La “Raccolta d’ariette francesi ed jtaliane” di Giacomo Merchi
Presso taluni studiosi, anche recenti,
15
si riscontra la convinzione che la
storiografia musicale raramente prenda in considerazione la vita musicale
francese, ritenendola di secondo piano rispetto ad altri poli di eminenza artistica; il
problema principale sarebbe la scarsità di fonti adeguate e obiettive che
consentano di tracciare un prospetto limpido, particolarmente per quanto riguarda
il periodo che intercorre tra la decadenza dell’Ancien Régime e la Rivoluzione,
ma a ciò si accompagnerebbe l’inveterato atteggiamento metodologico di tanta
musicologia ufficiale, unicamente interessata al “capolavoro”, che come creazione
unica, irripetibile e frutto del genio individuale, esula facilmente dalle strutture
socioculturali di riferimento; un tipo di musicologia stigmatizzata e superata, tra
gli altri, da François Lesure, già dal 1953, come “musicologia che cerca
l’eccezionale a scapito del caratteristico”,
16
ignorando conseguentemente i
rapporti che possono intercorrere tra musica e problemi dell’uomo secondo il
paradigma creatore – tecniche – ambienti sociali, un paradigma evidentemente
caro anche a M. A. Silbermann, per il quale l’indagine su un periodo storico si
sostanzia dello “studio dinamico delle condizioni e forme di certi modelli
sociomusicali in un certo lasso di tempo”.
17
I luoghi della vita musicale francese del tempo sono in breve l’Opéra, l’Opéra –
Comique, le logge massoniche e le società paramassoniche di concerti, oltre
15
B. Brévan, Prefazione a Musica e Rivoluzione francese: la vita musicale a Parigi dal 1774 al 1793, Milano, Ricordi,
1986.
16
B. Brévan, ibidem.
17
B. Brévan, ibidem.
10
ovviamente ai multiformi contesti privati, cui si rapportano gli “attori musicali”,
creatori e pubblico,
18
mentre intanto sorgono le prime idee riguardo al diritto
d’autore e i filosofi del “partito degli enciclopedici” portano avanti le loro
esigenze di riforma musicale – esemplate da Gluck – interessandosi pressoché
esclusivamente di musica vocale e di opera.
L’istruzione musicale risente abbondantemente di un clima sotto diversi aspetti
ancora tradizionalista, legato ai centenari privilegi delle classi più in vista. L’unico
luogo di insegnamento musicale sono le cantorie religiose, presenti capillarmente
in cattedrali e collegiate, nelle quali i giovanetti di maggior talento percorrono
tutta la fase della formazione e dei primi riscontri professionali.
19
Di contro al carattere chiuso di Chiesa e Corte scorre parallelamente un’attività
musicale sempre più animata, grazie allo sviluppo della sinfonia concertante, del
concerto, e della musica da camera, che qui ci interessa. Parigi è soprattutto la
capitale mondiale dell’incisione di musica per tutto il Settecento, favorita dal fatto
che essa è esente dal privilegio che invece presiede alla stampa, privilegio
appartenente alla famiglia Ballard dal 1552; l’incisione a sua volta permette la
libera ristampa delle composizioni, permettendo perciò un’ingente circolazione di
musica in pubblicazioni di livello variabile.
20
Questa proliferazione di pubblicazioni musicali va di pari passo con il dilagare
della voga del “divertimento musicale”, specie presso i dilettanti appartenenti alle
classi colte e relativamente agiate, ossia quelle “borghesie” culturalmente ed
18
B. Brévan, ibidem.
19
B. Brévan, op. cit., p. 88.
20
B. Brévan, op. cit., p. 95.
11
economicamente dinamiche che avanzano prepotentemente lungo tutto il secolo
portando avanti le proprie istanze spirituali, solo in parte inglobate
dall’aristocrazia. Un segnale inequivocabile dell’ascesa di questa composita classe
sociale lo si riscontra nelle dediche poste dai compositori alle proprie opere, nelle
quali è palese la transizione da un’ideologia aristocratica di asservimento ad un
padrone – protettore, ad una forma professionalmente ben più gratificante nella
quale l’autore si rivolge ad un collega - il cui prestigio è legato al merito e non alla
nascita - affidando a questi l’esecuzione e la ‘nobilitazione’ del lavoro dedicatogli;
Brévan parla a proposito di questo passaggio di un’affermazione dei valori
borghesi della capacità e del merito.
21
D’altro canto, questa “borghesia” trova
terreno fertile di espansione nelle rinnovate opportunità di realizzazione
individuale offerte da società di concerto, editoria, insegnamento;
22
cambiano cioè
le condizioni psicologiche, economiche e sociali di chi fa musica, e la società si
apre ad un consumo più vasto e variegato di generi, mentre l’aristocrazia più
intransigente si arroccherebbe, secondo i Massin, su posizioni di sdegnosa
indifferenza (valga da esempio l’esperienza in terra francese di Mozart).
23
Arricchiscono il quadro così delineato varie figure di musicisti stranieri, come i
Merchi, veneti per formazione ed esordi professionali, immediatamente inseritisi
in un ambiente assolutamente ricettivo e propositivo. A tal proposito occorre
subito insistere sul fervido carattere degli scambi culturali che avvengono tra la
21
B. Brévan, op. cit., p. 104. Sulla diffusione dell’ideologia borghese l’autore rimanda a Guy Chaussinand – Nogaret,
La Noblesse au XVIIIe siècle, Paris, Librairie Hachette, 1976.
22
Barry S. Brook, La symphonie française dans la seconde moitié du XVIIIe siècle, Paris, Institut de Musicologie de
l’Université de Paris, 1962, pp. 381 – 382, citato anche da Brévan.
23
J. e B. Massin, W. A. Mozart, Paris, Club Français du Livre, 1959, p. 237, citato ancora da Brévan.
12
Francia e il Veneto, e tra Parigi e Venezia in particolare; quella spinta
all’internazionalismo culturale e religioso, salutata con entusiasmo da uomini di
cultura come Voltaire e Rousseau, trova in Venezia un formidabile punto di
convergenza, offrendo secondo Vovelle un osservatorio privilegiato per lo
studioso che intenda analizzare il mosaico di scambi culturali del diciottesimo
secolo maturo.
24
Di contro il gusto imperante sarebbe comunque quello francese,
tanto che da più parti si parla di “Europe Française”, concetto sintetizzato
dall’espressione di Roland Mousnier “Jadis tout était romain, aujourd’hui tout est
français”;
25
un’egemonia che comunque contiene già in sé i germi della propria
dissoluzione, se si tengono presenti la diffusione sempre più capillare delle varie
anglomanie, su tutte il coffee house,
26
di preromanticismi nelle arti e nel pensiero,
e del “risveglio germanico” anch’esso irresistibile.
L’internazionalismo poggia in ogni caso su solidi presupposti sociali, culturali ed
economici, tra cui i crescenti viaggi, non più riservati a soli personaggi eminenti;
l’importanza delle università, impegnate nel veicolare forme di sapere non più
esclusivamente nazionalistiche (si tengano però presenti gli sviluppi romantici);
gli ambiti massonici, contesti di grande attrattiva e vastità di conoscenze, anche se
presto latori di conformismo culturale, grazie alla diffusione di logge
dall’Inghilterra ad Amburgo, Parigi, quindi Firenze (qui nasce la prima loggia
italiana nel 1733, per mano di nobili inglesi), Torino (due logge: “Il grande oriente
24
M. Vovelle, Les échanges culturels aux XVIIIème siècle, in Parigi – Venezia: cultura, relazioni, influenze negli
scambi culturali del Settecento, a cura di C. Ossola, Firenze, Olschki, 1998, pp. 39 – 54.
25
M. Vovelle, op. cit., p.41; cit. da R. Mousnier, La civilisation du XVIIIème siècle, Paris, 1960.
26
M. Vovelle, op. cit., p. 42.
13
d’Italia” e “Propaganda”), Napoli (con l’alterna simpatia borbonica, prima
dell’approvazione napoleonica); a questi elementi si aggiunge lo sviluppo
imponente dell’editoria, dai repertori e dizionari di carattere appunto
internazionale e illuminato, alla produzione epistolare e a quella musicale,
testimonianti la crescita produttiva delle regioni dell’Europa settentrionale a
scapito dell’Europa meridionale.
27
Così, Venezia, pur sempre il luogo tradizionale dell’editoria e della drammaturgia
musicale,
28
come delle arti e delle suggestioni figurative, accoglie visitatori da
ogni dove, per il carnevale ed altre occasioni; ma è uno scambio bipolare, perché
Venezia esporta, oltre alla propria immagine, personalità di primo piano come
Goldoni in quel di Parigi, il Canaletto e altri, tra cui i Merchi.
Giacomo Merchi (Brescia 1726 – 1790) è stato frequentemente confuso col
fratello Joseph Bernard (Napoli 1730 – 1793), con cui ha comunque più volte
intrecciato le proprie esperienze e vicende artistiche; sappiamo di un loro comune
soggiorno in Francia a Rennes nel 1751, ove si sono distinti sia come compositori
che come suonatori di mandolino, liuto, tiorba, colascione, ma anche di violino e
27
M. Vovelle, op. cit., pp. 47 – 49.
28
Si tenga presente il colpo di fulmine di J. J. Rousseau per l’opera italiana, incentrato in particolare sulla natura
dell’accento italiano, in grado, come quello delle lingue antiche, d’essere immensamente espressivo, tanto da poter
assurgere ad accento universale. Rousseau stima moltissimo anche la mirabile unione che nell’opera italiana si
realizzerebbe tra armonia e melodia, ossia quella Unité de melodie che il francese dichiara di aver conosciuto a Venezia
per la prima volta: “Il y a dans la Musique, une Unité successive qui se rapporte au suyet, et par laquelle tout les Parties,
bien liées, composent un seul tout, dont on apperçoit l’ensemble et tout les rapports”; “L’Harmonie, qui devroit étouffer
la Mélodie, l’anime, la renforce, la détermine: les diverses Parties, sans se confondre, concourent au même effet ; et
quoique chacune d’elles paroisse avoir son Chant propre, de toutes ces Parties réunies, on n’entend sortir qu’un seul et
même Chant. C’est-là ce que j’appelle Unité de melodie" (J. J. Rousseau, Dictionnaire de musique, in Ecrits sur la
musique, la langue et le théâtre, Œuvres complètes; V, Paris, Editions Gallimard, pp. 1143 - 1146). Su Rousseau a
Venezia si veda A. Wyss, La Venise intérieure. L’accent, le melodrame et les musiques de Venise, in C. Ossola, op. cit.,
pp. 194 – 202.
14
violoncello.
29
Sempre nel ’51 i due sono a Digione e sono conosciuti come
“fratelli Merchi musicisti del re di Sardegna”. Sappiamo che uno dei due fratelli –
dopo un fortunato periodo di concerti in tutta Europa – rimane a Parigi
continuando le attività di composizione e insegnamento di chitarra, mandolino e
violino; ottenuto addirittura un privilegio reale, i Merchi iniziano la pubblicazione
dei propri lavori vocali e strumentali, i quali recano spesso la generica firma
“Merchi”, talvolta invece – come nel caso della Raccolta op. 4 di cui ci
occupiamo – il nome del solo Giacomo. La loro produzione (sonate, duetti, trii,
divertimenti per ensembles di strumenti a corda, cui si aggiungono opere vocali
quali barcarole, vaudevilles, e appunto le ariette) si inserisce nel contesto parigino
prerivoluzionario come un ulteriore arricchimento in direzione di una maggiore
pluralità di generi praticabili e, nello specifico, della conoscenza ed assimilazione
di una precisa professionalità proveniente dal Veneto.
30
Il personale contributo poi
che i due fratelli hanno dato al perfezionamento della tecnica chitarristica ha
costituito la base sulla quale sono stati concepiti prodotti di qualità elevata;
Libbert sostiene la rilevanza dei loro lavori quali testimoni del passaggio dalla
chitarra barocca allo strumento classico.
31
La Raccolta d’ariette francesi ed
jtaliane è pubblicata nel 1760, lo stesso anno dell’uscita di Ariette et vaudevilles
nouveaux, sempre per voce solista e chitarra, a testimonianza del favore che il
genere incontra in questo particolare momento a Parigi e non solo. La tematica
29
v. voce “Merchi” curata da Jürgen Libbert ne The New Grove Dictionary of Music and Musicians, vol. XVI, pp. 449-
450.
30
Testimoniata anche dalla pubblicazione dei due metodi per chitarra Le guide des écoliers de guitarre op. 7 e Traité
des agréments op. 35.
31
J. Libbert, Merchi in Die Musik in Geschichte und Gegenwart, vol. XII, coll. 15 – 19.
15
centrale è quella amorosa, in grado di ispirare l’intera successione di quadretti
galanti e nomi di figure femminili oggetto d’adorazione.
Titolo Incipit del testo Tonalità Tempo
Ariette
Brunette
Musette Allemande
Ariette dans le gôut italienne
Romance
Ariette
Romance
Ariette
Ariette
Arietta del Sig. G. Merchi
Canzonetta del Sig. G. Merchi
Arietta
Arietta
Arietta
Arietta
De l’amour je bravois l’empire
Helas! Maman pardonnés
Pour Jeannette ma Musette
Ah! Si vous pouviés comprendre
L’amour m’à fait la peinture de Daphné
Dans un détour me promenant au bois
Au fond d’un bois solitaire
Me promenant près du Logis
Pourquoi te plaindre Titire
Cara bell’Jdol mio
Che bel visetto che gha Ninetta
Se vi dicessi che son amante
Grazie agl’inganni tuoi al fin respiro
Tre giorni son che Nina in letto se ne stà
Spera forsanch’un dì questo mio labro
Re min.
Sol magg.
Re magg.
Fa magg.
Do magg.
Do magg.
La min.
Fa magg.
Re magg.
Sol magg.
La magg.
Sol magg.
Sol magg.
Sol min.
Do magg.
4/4
4/4
¾
3/4
4/4
4/4
4/4
4/4
6/8
2/4
3/8
3/4
3/8
2/4
2/4
Già la tonalità di Re minore del primo brano esprime un sentimentalismo in
qualche modo sofferto e impegnato; si affrontano i luoghi tipici della tirannia
dell’amore, dei vincoli che esso pone a chi vi si avventura, e di ciò ne è
consapevole il soggetto lirico che vede la propria libertà estinguersi:
16
De l’amour je bravois l’empire,
mais pour me réduire sous ses loix
c’est de vous qu’il a fait choix:
je vous aime, belle Lorette,
et loin que je regrette
la liberté que je perds,
trop charmé de ma défaite
je vole au devant de mes fers.
Le due quartine (per lo più in octosyllabes)
32
con rima abbc - cdcd, contribuiscono
alla danzante cantabilità dell’insieme, senza dubbio ammiccante ad un tenero
struggimento; la strutturazione formale della musica non rispetta la cesura data
dalla divisione in quartine ma, dopo aver previsto una ripetizione testuale dei
primi tre versi riparte con la dichiarazione d’amore esplicita rivolta alla “belle
Lorette”. Su un ‘facile’ accompagnamento terzinato della chitarra la melodia
vocale scorre anch’essa fluida, con un profilo ondulante ed una forte spinta
direzionale verso il Re di ogni fine sezione, concedendo alla dominante La un
convenzionale ruolo di polo oppositivo e funzionale alle cadenze perfette
conclusive
33
:
32
Ringrazio sentitamente il prof. Philip Gossett ed il prof. Antonio Rostagno per i suggerimenti e le correzioni riguardo
la metrica francese.
33
Il carattere scontato quanto naturale della dialettica tonica – dominante viene confermato dal suo pressoché costante
utilizzo nel repertorio che affrontiamo e già nella presente raccolta; la stessa dialettica tra i due poli tonali ricorre nel
brano seguente (con l’eccezionale inserzione della dominante della dominante), ma anche nel terzo, nel quarto, e
volentieri anche nei successivi.
17
Questa melliflua sensualità si ripresenta nel brano successivo, nel quale il poeta
ribadisce il carattere vincolante dell’amore, ed immerge in uno scenario agreste
l’episodio dell’innamoramento; la parola passa ora ad una giovincella, che con i
modi e la retorica affettiva di una perfetta “borghese” si rivolge nel ritornello
direttamente alla madre, chiedendole ironicamente perdono per aver perso la testa,
mentre nelle quattro strofette approfondisce i nuclei tematici fondanti
(l’approvazione materna a questo sentimento, il primo bacio con l’amato, il
rapporto dialettico legame amoroso – ricerca della verità, la riflessione sul piacere
e sul peccato):
Rit.: Helas! Maman pardonnés,
je vous prie un mouvement de curiosité.