Angela Vettese, critico d’arte: “Anche quando usa i linguaggi più avanzati della ricerca dell’arte, la
pubblicità si ferma sulla soglia assertiva togliendo alla realtà il suo peso drammatico, rendendola
virtuale”. E conclude: “L’arte resta, la pubblicità passa”.
Più saggio, Gillo Dorfles, illustre critico d’arte: “Gli equivoci che si stanno facendo intorno alla
pubblicità e all’arte sono infiniti. Ho sempre difeso molto la pubblicità contro quelli che la
consideravano solo un’espressione mercantile, marginale. Ho sempre sostenuto anche che la
pubblicità quando è fatta bene è uno dei mezzi di diffusione del nuovo linguaggio artistico, anche
tra quei pubblici dove di solito l’arte non arriva. Non tutti vanno a vedere le gallerie d’arte, ma tutti
vedono, più o meno, spot in tv”. E conclude: “Da quando anche l’arte è sottomessa al mercato,
perché questo è indiscutibile, esiste tutto un sottosuolo di artisti mediocri che riescono a sfondare
sul mercato solo perché si fanno pubblicità”.
Non è difficile scovare nelle parole dei primi critici un astio a priori nei confronti della pubblicità e
soprattutto una visione ristretta dell’immaginario pubblicitario, non è difficile, neppure, ribattere ad
una affermazione come quella della Gandini quando dice che la pubblicità è come quella degli anni
sessanta, evidentemente non è aggiornata sullo sviluppo della comunicazione pubblicitaria che non
si rifà più agli schemi bonisti di una volta, ma, il suo punto di forza è proprio lo stupore, la sorpresa.
“Un solo industriale è più utile all’arte moderna e alla nazione che cento critici, che mille inutili
passatisti” Questo diceva Depero nel ‘31, quindi forse non è proprio corretto definire l’artista
unico responsabile di sé stesso, anche l’arte si è sempre servita della pubblicità, e soprattutto delle
commissioni, per esistere, in fondo anche i pittori dovevano mangiare!
E’ chiaro, e nessun pubblicitario dice il contrario, che la pubblicità è uno strumento del marketing
aziendale è il suo scopo è la persuasione, come i tempi cambiano anche le persone e la loro
sensibilità, di conseguenza è impensabile che la pubblicità sia statica o antiquata.
Franco Scepi, illustratore pubblicitario risponde alle accuse di “scippatori di idee”: “Io credo che
l’artista sia sempre stato un pubblicitario, i dadaisti, i futuristi per primi hanno cercato di sviluppare
una dialettica per creare una multidisciplinarietà. L’artista ha sempre cercato l’evento pubblicitario
e devo dire che Marcel Duchamp è quello che ci è riuscito meglio. Oggi, però, viviamo in una
situazione in cui ci sono i cannoni dei media che lavorano con la virtualità, ancora più ingannevoli.
Oggi il compito dell’artista e del pubblicitario è quello di avere una visione stroboscopica, un
occhio al mercato e un occhio ai valori, cercando di recuperare anche valori che possano elevare
l’immaginario collettivo”. Marco Mignani, direttore creativo e amministratore di Euro Rscg,
esordisce “Quello che probabilmente abbiamo in comune è il furto. Ma credo che questo circuito di
ispirazione reciproca e costante oggi è ancora più evidente. E mi sembra che quello che oggi l'arte
rubi di più alla pubblicità sono le possibilità espressive offerte dai media”.
Infine un’ultima battuta di Maurizio D’Adda, direttore creativo dell’agenzia D’Adda, Lorenzini,
Vigorelli BBDO, che durante la tavola rotonda non è riuscito ad intervenire: “Mi è sembrato un
dialogo tra sordi, il discorso è un poco più complesso…In verità i giovani artisti non si vergognano
di frequentare i pubblicitari”.
Prima di intoppare in equivoci è meglio sottolineare che lo studio che ci proponiamo non vuole
nulla togliere ai grandi maestri dell’arte ma vuole solo poter paragonare delle realtà contemporanee.
Verranno presi in considerazione i casi in cui i pubblicitari avranno, esplicitamente citato e meno
esplicitamente si saranno fatti ispirare, da opere famose e facilmente riconoscibili al pubblico
medio. Non è nel nostro interesse decidere se la pubblicità è o non è una forma d’arte, è, invece, nel
nostro interesse capire perchè questi linguaggi si intersecano, in che modo si crea questo binomio
così fertile e perchè si scelgono dei messaggi piuttosto che altri.
La nostra ricerca iconografica si è svolta tra le riviste patinate a tiratura più alta, in particolare
quelle femminili, perchè più ricche di pubblicità (con il 60% di raccolta pubblicitaria). Il periodo di
riferimento delle campagne pubblicitarie è l’anno 2000.
Perchè questa scelta creativa?
Prima Parte
CAPITOLO 1 - LE MOTIVAZIONI DELLA PERCEZIONE VISIVA
UNA LETTURA A TRE LIVELLI
In questo capitolo ci avvaleremo delle leggi della percezione visiva per capire in che modo le
immagini artistiche appaiono ai nostri occhi, o meglio, in che modo la nostra intelligenza le traduce
per percepirle. Naturalmente queste leggi non nascono espressamente per il nostro scopo, ma si
adattano al nostro punto di vista, e ci spiegano scientificamente questo fenomeno così ampio.
Nel linguaggio visivo le immagini comunicano con segni organizzati e ordinati in strutture
associative di significati e significanti, la cui formazione è dovuta alle icone, o segni iconici, che
consentono la lettura delle immagini stesse a tre livelli:
a. Livello iconico-descrittivo, con il riconoscimento delle figure e degli oggetti racchiusi
nell'immagine.
b. Livello iconografico-denotativo, i cui segni, presenti nell`immagine, designano significati legati
alla cultura individuale.
L’utilizzo di immagini artistiche, vuole agire a questo livello in quanto, l’individuazione del target,
se fatta ad hoc, suggerisce l’uso di immagini fortemente evocative proprio per quel tipo di target, in
questo modo nella significazione dell’immagine interviene la cultura individuale, precedentemente
“abbozzata” dalla strategia di comunicazione. Solo in questo modo il messaggio viene
correttamente assorbito, trovando dei codici affini ad ogni tipologia di fruitore.
c. Livello iconologico o connotativo, a seguire la lettura dei significati.
In un secondo momento il destinatario del messaggio riesce ad individuare tutte le caratteristiche
dell'immagine, quali l'autore, la forma, l'epoca, il contesto sociale e culturale in cui l'immagine è
stata realizzata.
LE MODIFICAZIONI DEL LINGUAGGIO
Per comprendere un testo visivo ed in particolare un testo visivo artistico, che subisce una
decontestualizzazione ogni volta che viene utilizzato, è necessario conoscere le molteplicità dei
linguaggi e le modificazioni che gli vengono assoggettate nel tempo e nello spazio.
Il rapporto dell'uomo con i linguaggi visivi determina le modificazioni nel loro uso, poiché i
linguaggi stessi interagiscono con i fattori ambientali, storici e sociali. Anche in questo caso
esistono più tipologie di modificazione che determinano il cambiamento del linguaggio:
a. modificazioni diacroniche
Il linguaggio visivo si modifica attraverso i tempi, con il cambiamento dell'uso dei codici e delle
regole, determinando anche una diversa dimensione data da linguaggi come frutto di eredità delle
epoche storiche anteriori.
Le modificazioni diacroniche vengono sfruttate, nel caso delle “pubblicità d’autore”, per creare dei
parallelismi di significazione fra significato attuale e passato. Queste “figure espressive retoriche”
provocano un forte aumento dell’attenzione ed innescano un rapido circuito persuasivo, per effetto
della coesione e della compattezza che viene assegnata al messaggio. Ne esistono diverse,facciamo
solo alcuni esempi:
Figure di amplificazione orizzontale - aumentano l’efficacia del discorso, dando rilievo a particolari
che vengono ad acquistare valore, o insistendo su concetti fondamentali: esempio la ripetizione.
Figure di chiarificazione semantica - danno la possibilità di centrare il concetto fondamentale,
identificandolo e assicurando facilità di comprensione: esempio la definizione.
Figure di dilatazione semantica -hanno la funzione di dare rilievo al pensiero principale mediante
l’integrazione con altri pensieri, che tendono ad esaltare il primo: esempio l’iperbole (spingere
all’estremo); esempio la similitudine.
Figure di sostituzione:esempio la metafora.
b. modificazioni sincroniche
Nella comunicazione visiva i linguaggi cambiano in relazione allo spazio, secondo i luoghi
geografici in cui sono stati prodotti. Oggi però, con le nuove tecnologie, l’ integrazione e le
mescolanze dei linguaggi tendono ad appiattire ogni influenza ambientale.
c. modificazioni mediali
Il linguaggio visivo si modifica secondo i canali di trasmissione utilizzati.
Ogni momento storico ha visto l'adozione di determinati materiali e tecniche, che si sono andate
evolvendo in rapporto allo sviluppo scientifico, tecnologico ed economico.
In pubblicità ogni media richiede l'uso di particolari tecniche che consentono di sviluppare le
peculiarità comunicative ed espressive, tipiche del media-stesso. Nel caso del nostro studio, i canali
originali di trasmissione del messaggio erano la tela e l’impatto diretto con l’opera d’arte. Diciamo
che il messaggio primario ha subìto un’ulteriore mediazione, ma questo passaggio in più non ha
logorato il significato, lo ha arricchito di nuove connotazioni di cui abbiamo già parlato.
d. modificazione di target
Ogni utente, sia esso ricevente o produttore di messaggi, utilizza i linguaggi diversamente, in
relazione alla classe sociale cui appartiene, agli strumenti culturali che possiede, alla condizione
psicologica e storica in cui vive. Sicuramente questa modificazione sarebbe interessante se noi
volessimo veicolare lo stesso messaggio dell’artista, ma il messaggio pubblicitario è sempre
attualizzato e congruente al tempo in cui è emesso.
e- modificazioni lessicali
Il linguaggio visivo cambia in rapporto ai diversi testi, che possiedono una propria struttura
lessicale, il registro compositivo ed il sottocodice, cioè l'uso di ogni specifica terminologia. In
pubblicità i sottocodici sono dati dalla classificazione delle immagini delle figure retoriche.
LE FUNZIONI DEL MESSAGGIO VISIVO
Tutti i messaggi visivi, quando vengono prodotti, sono portatori di diversi scopi comunicativi, più
o meno manifesti.
Il messaggio visivo risulta possedere una struttura composta da codici e sottocodici molteplici,
utilizzati per la veicolazione di significati ideologici, le cui tipologie propongono modelli diversi,
ripresi dalla retorica classica, originariamente limitata al linguaggio verbale.
Il registro verbale della comunicazione pubblicitaria fa riferimento diretto alle figure della
tradizionale retorica, con funzione di ancoraggio al registro visivo, nella necessità di persuadere ad
una certa lettura dell'immagine.
Numerosi sono stati i modelli che si rifanno ad una metodologia di analisi del messaggio
pubblicitario inserito nello studio dell'articolazione degli scopi comunicativi. Quello che a noi
interessa, in quanto individua le funzioni di un immagine artistica a scopo pubblicitario, è quello di
R. Jakobson.
Ogni messaggio secondo il modello proposto da Jakobson, ha più di una funzione poiché, sebbene
distinguiamo sei aspetti basilari del linguaggio, ben difficilmente potremmo trovare messaggi che
assolvono soltanto una di queste funzioni.
Ciò che differenzia un messaggio da un altro non e` la prevalenza di una funzione sull'altra, ma la
loro diversa disposizione gerarchica. La struttura di un messaggio dipende innanzitutto dalla
funzione predominante.
Nelle pubblicità d’autore noi possiamo cogliere diverse di queste funzioni, il fruitore del messaggio
è quindi spinto dal gioco tra il testo visivo ed il testo scritto, a leggere più livelli, e scoprire i
molteplici messaggi. Lo scopo è scatenare nella mente dell’osservatore associazioni destinate al
rafforzamento dell’immagine aziendale o del prodotto.
a. La funzione emotiva o espressiva
Centrata sull'emittente, che produce un messaggio con lo scopo di suscitare reazioni emotive dirette,
utilizzando sentimenti, stati d'animo o realtà immaginarie.
b. La funzione estetica o poetica
Centrata sul messaggio che per attirare l'attenzione e sorprendere, si struttura in modo ambiguo,
utilizzando soprattutto gli effetti estetici del taglio compositivo, della luce e del colore.
c. La funzione referenziale o informativa
Centrata sul contesto, cioè sul messaggio che intende denotare, come realtà, il prodotto o il servizio
pubblicizzati.
d. La funzione imperativa o esortativa o conativa
Centrata sul destinatario del messaggio, a cui si vuole più o meno esplicitamente far fare qualche
cosa, esortando a precise scelte, sollecitare e indurre a specifici comportamenti.
e. La funzione fàtica o di contatto
Il messaggio, fingendo di dire o di suscitare emozioni, stabilisce o prolunga o interrompe la
comunicazione tra emittente e destinatario, per verificare se il circuito comunicativo funziona,
spostando l'attenzione soprattutto sul canale di trasmissione.
f. La funzione metalinguistica
Orientata verso il codice che. diventa l'oggetto stesso del discorso.
In un singolo discorso, per stabilire la qualità del valore informativo delle affermazioni visivo-
verbali, è necessario individuare la funzione dominante che risulta essere una conseguenza delle
altre funzioni presenti nel testo visivo, in un rapporto di interdipendenza fra le funzioni stesse.
Il testo pubblicitario generalmente ha uno scopo conativo per spingere il destinatario del messaggio
a compiere l'azione (l'acquisto del prodotto) percorrendo dapprima un itinerario referenziale
alternativo (con la descrizione del prodotto), utilizzando poi un testo scritto e delle immagini, che
assolvono ad una precisa funzione estetica (posizione del prodotto, impaginazione, effetti di luce e
cromatici).
La pubblicità d’autore spesso sorprende perchè la funzione referenziale, a primo impatto, nonè
rivelata dalla funzione estetica e dalla metalinguistica, ma ciò che si denota lo si ha in un’unica
lettura a più livelli.