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INTRODUZIONE
Cette thèse se propose d‟étudier l‟italien régional employé dans Accabadora, le roman de
Michela Murgia qui a reçu le prix Campiello en 2010.
Plus spécifiquement, nos recherches visent à déterminer la présence dans l‟œuvre de cette
variante de la langue nationale et, dans les cas où c‟est possible, d‟essayer d‟en expliquer les
raisons.
L‟histoire se situe dans un petit village de la Sardaigne pendant les années Cinquante, dont la
vie est fortement liée à ses traditions. Ce qui nous intéressait, c‟était de souligner les stratégies
qui ont permis à l‟auteur de savamment doser deux langues: l‟italien (la langue employée
pour raconter l‟histoire) et le sarde (la langue parlée par les personnages).
Ce travail comprend cinq chapitres.
Le premier est consacré à la « nuova narrativa sarda », ou la nouvelle vague sarde en français.
Après avoir donné une définition du phénomène, nous tracerons les grandes lignes de son
évolution, en ayant soin d‟indiquer pour chaque étape les noms de ses écrivains les plus
représentatifs. Ensuite nous aborderons l‟analyse des principales caractéristiques de
nouveauté par rapport à la littérature sarde précédente: la grande diffusion au niveau national
et européen, l‟abandon de la représentation de la Sardaigne en termes exotiques, le succès du
genre “polarˮ, l‟utilisation d‟une langue qui mélange éléments sardes et italiens. Pour finir
avec une brève biographie de l‟écrivaine et la trame d‟Accabadora.
Le deuxième chapitre est centré sur le style du roman : nous concentrerons notre attention sur
l‟emploi de quelques figures de rhétorique, typiques de la langue parlée, sur le rôle de l‟ironie,
sur le style dépouillé du texte et sur les moyens que l‟écrivaine a utilisé pour l‟obtenir.
Le troisième chapitre aborde l‟analyse de l‟italien régional employé dans le roman du point de
vue morphosyntactique. À ce propos, nous prendrons en examen l‟utilisation de quelques
temps et modes verbaux, la polyvalence du mot italien « che », la position des verbes et des
adjectifs à l‟intérieur de la phrase, la redondance pronominale. Pour chaque élément, nous
indiquerons les occurrences en distinguant les cas où le phénomène paraît dans les dialogues
de ceux où il est employé dans les parties racontées par l‟écrivaine.
2
Le quatrième chapitre poursuit l‟analyse de l‟italien régional en se concentrant sur le champ
lexical. Nous avons relevé les emprunts du sarde et les calques, lexicaux et sémantiques, mais
aussi l‟emploi de choix particuliers parmi les synonymes dont la langue italienne dispose et
qui peuvent dans quelque façon rappeler la phonétique sarde.
Comme dans le chapitre précédent, pour chaque élément analysé, nous indiquerons le nombre
de fois où il est utilisé, en distinguant les cas d‟emploi dans les dialogues des personnages de
ceux qui se trouvent dans les parties réservées à l‟auteur, pour rapporter indirectement les
pensées et les dialogues des personnages ou pour raconter en qualité de narrateur extra-
diégétique.
Enfin dans le cinquième chapitre, sur la base des éléments recueillis, nous essayerons
d‟avancer des hypothèses sur les motivation qui peuvent avoir poussé l‟auteur à faire ces
choix.
L‟analyse de ces phénomènes a mis en relief plusieurs aspects qui serait très intéressant
d‟approfondir: Dans quelle mesure l‟italien régional est effectivement présent dans les œuvres
des écrivains de la nouvelle vague sarde? S‟agit-il d‟un simple but mimétique ou est-ce un
indice de l‟attachement à leurs racines de la part des sardes et d‟une redécouverte des
dialectes régionaux? Pourquoi en Sardaigne ce phénomène est plus diffusé que dans les
autres régions italiennes?
Notre espoir est que cette étude puisse servir de point de départ à ceux qui voudront
approfondir ces thématiques.
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1 LA NUOVA NARRATIVA SARDA
1.1 DEFINIZIONE
“Nuova narrativa sarda” è l‟espressione usata per designare un fenomeno letterario nato
ufficialmente agli inizi degli anni Novanta e caratterizzato dalla presenza di vari elementi di
rottura rispetto alla letteratura precedente: «il fascino […] delle storie poliziesche, spesso
ispirate da fatti di cronaca realmente accaduti», «una scrittura molto vicina al parlato» e infine
interessanti sperimentazioni «anche sul piano della tecnica narrativa» (Mameli, 2003: 18).
1.2 EVOLUZIONE
La nuova narrativa sarda è un fenomeno complesso sotto molti punti di vista.
La prima difficoltà che si incontra, nel tentativo di darne una definizione univoca, è quella
relativa alla periodizzazione: se la nascita viene fatta coincidere convenzionalmente con i
primi anni Novanta, in realtà l‟espressione impiegata per nominarla la precede di alcuni
decenni. Il primo ad utilizzarla fu Antonio Pigliaru, che nel 1962 pubblicò su Ichnusa un
saggio intitolato Per Un Dodge a fari spenti di Giuseppe Zuri: un bilancio sulla nuova
narrativa sarda. In tale intervento lo studioso indicò Giuseppe Zuri (pseudonimo di Salvatore
Mannuzzu) come il fondatore di una nuova narrativa contraddistinta da elementi di rottura col
passato, sia nell‟ambito del contenuto che in quello del linguaggio. A questa “nuova
generazione” di autori Pigliaru riconduceva anche Mariangela Satta, Giuseppe Fiori, Antonio
Cossu, Giulio Cossu, Michelangelo Pira, Francesco Masala, Ignazio Delogu e Maria
Giacobbe.
I caratteri innovativi messi in luce dal fondatore di Ichnusa si sono consolidati nei decenni
successivi. Marci (1991: 46) parla di una «vera e propria esplosione che segnerà gli anni
Settanta con la pubblicazione di tre titoli fondamentali: Paese d’ombre (1972) di Giuseppe
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Dessì […], Padre padrone (1975) di Gavino Ledda […] e Il giorno del giudizio (1977) di
Salvatore Satta», opere diversissime accomunate dal tentativo di rappresentare un mondo e i
suoi problemi in termini narrativi moderni.
Dei tre Padre padrone è il romanzo che ha ottenuto maggior visibilità trasformandosi, nel
giro di pochi anni, in un caso letterario mondiale. Alla pubblicazione, nel 1975, ha fatto
seguito l‟uscita di un film ad opera dei fratelli Taviani (1977), e varie traduzioni sia in Europa
che nel resto del mondo.
L‟importanza attribuita a quest‟opera nel panorama letterario sardo è fondamentale. Lo
scrittore Giulio Angioni, ad esempio, indica l‟uscita del romanzo di Ledda come la tappa
d‟inizio di un processo che ha portato gli scrittori isolani ad abbandonare la rappresentazione
della Sardegna in termini esotici
1
.
Ledda infatti, diversamente dai suoi predecessori, non fa un ritratto idilliaco della sua terra,
ma si sforza di darne un‟immagine il più possibile aderente alla realtà.
Attraverso la ribellione del piccolo Gavino al padre, che vorrebbe farne un pastore, lo scrittore
illustra la situazione dell‟isola in un periodo di grande mutamento provocato dall‟avanzare del
nuovo che annienta il tradizionale universo agricolo e pastorale sardo. Non bisogna
dimenticare infatti che, sotto un certo aspetto, gli anni Settanta hanno rappresentato il distacco
dal mondo delle origini: un cambiamento epocale che non poteva non avere dei riflessi sulla
letteratura.
Ma questo romanzo si contraddistingue anche per l‟uso di una lingua nuova, frutto di un
impasto tra sardo e italiano. La tendenza ad impiegare vocaboli sardi nei testi scritti in italiano
comincia a delinearsi proprio in questi anni, e Ledda vi ricorre abbondantemente, allo scopo
di descrivere fin nei dettagli e nel modo più realistico possibile il suo mondo di appartenenza.
Gli anni Ottanta si distinguono per la notevole presenza di scrittori sardi fuori dall‟isola, a
seguito della scoperta dei nostri autori da parte delle case editrici nazionali, ma anche a causa
del conseguimento, da parte degli stessi scrittori, di importanti riconoscimenti.
Dal punto di vista linguistico si evidenzia l‟uscita di varie opere (romanzi e poesie) scritte
interamente in sardo (Sos sinnos di Michelangelo Pira, 1983; Po cantu Biddanoa di
1
Giulio Angioni La Nouvelle Vague sarda, articolo comparso su La Nuova Sardegna del 18 settembre 2007.
5
Benvenuto Lobina, 1987; S’istoria di Francesco Masala, 1989…), mentre relativamente ai
processi narrativi il 1988 con L’oro di Fraus e Procedura (rispettivamente di Giulio Angioni
e di Salvatore Mannuzzu) segna la nascita della cosiddetta “scuola sarda di giallo”
2
, che tenta
un approccio alla realtà isolana utilizzando la struttura del romanzo giallo o dell‟inchiesta.
Infine, sul piano del contenuto, le opere di questo periodo sembrano testimoniare
l‟accettazione del nuovo che avanza inarrestabile.
Negli anni Novanta si rafforzano ulteriormente gli elementi di novità che si erano delineati nei
due decenni precedenti e aumenta il numero di pubblicazioni di scrittori e poeti.
Tra gli autori più rappresentativi di questo periodo ci sono Salvatore Mannuzzu e Sergio
Atzeni.
Gli scritti di Mannuzzu si caratterizzano per l‟abbandono di temi e ambientazioni tipici sardi.
Ciò che interessa lo scrittore è raccontare i drammi legati alla vita moderna, ragion per cui,
pur ambientando le sue opere in Sardegna, egli sceglie luoghi in grado di trasmettere l‟idea di
una modernità che ha le stesse caratteristiche in tutto il mondo.
Per Atzeni, invece, l‟isola con la sua storia ha un ruolo centrale: lo scrittore cagliaritano
intendeva «raccontare tutta la Sardegna e […] trovare una modulazione della scrittura
coerente con le tre anime dalle quali sentiva composta la sua individualità: quella sarda, quella
italiana e quella europea» (Marci, 2006: 288). A questo scopo, nei suoi romanzi, si serviva di
un “misturo” linguistico che ha raggiunto il culmine in Bellas Mariposas (pubblicato postumo
nel 1996), dove la contaminazione non è più solo tra sardo e italiano, come nelle prime opere,
ma tra sardo, italiano, francese, inglese, arabo e parole inventate.
Per il carattere innovativo delle sue opere, Atzeni è considerato ormai da critici e letterati il
capostipite della nuova narrativa sarda. Di lui ha detto Mario Argiolas: «Da Atzeni in poi si
verifica una sorta di passaggio, dalla narrativa di tipo tradizionale dei grandi scrittori classici
ai nuovi scrittori più vicini all‟immaginario anche dei giovani lettori» (Amendola, 2006: 248)
Dopo la sua scomparsa (1995), altri scrittori hanno imboccato la strada della sperimentazione
linguistica. Fra questi Giulio Angioni, che vi ricorre fin dagli esordi, spingendosi sino alla
combinazione tra varie lingue (tra cui arabo, swahili e kikuyu) e dialetti italiani, e Marcello
2
L‟espressione “scuola sarda di giallo” è stata usata per la prima volta dallo scrittore Oreste Del Buono in
occasione della quasi contemporanea pubblicazione dei romanzi citati sopra.
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Fois, che cerca di «piegare la sua lingua materna [il sardo nuorese] alle esigenze di una
comunicazione letteraria giocata sulla prospettiva del confronto fra linguaggi» (Marci, 2006:
289). Ed è stato proprio un romanzo di Fois, Sempre caro, a segnare, nel 1998, il boom della
nuova narrativa.
Nel decennio successivo, i nomi degli scrittori sardi che hanno raggiunto le librerie della
Penisola sono legati all‟assegnazione di prestigiosi premi nazionali: si pensi a Flavio Soriga,
vincitore nel 2000 del premio Calvino con I diavoli di Nuraiò, a Giulia Clarkson, vincitrice
nel 2002 del premio Grazia Deledda con La città d’acqua o, più recentemente, a Michela
Murgia, vincitrice nel 2010 del premio Campiello con Accabadora.
Tra gli autori che hanno esordito nel XXI secolo ci sono anche Luciano Marrocu con Fáulas
(2000), Giorgio Todde con Lo stato delle anime (2000), Gianni Marilotti con La
quattordicesima commensale (2003) e Milena Agus con Mentre dorme il pescecane (2005).
1.3 CARATTERISTICHE
1.3.1 SUCCESSO INTERNAZIONALE
Tra le caratteristiche di questo fenomeno, quella più evidente, anche per i non addetti ai
lavori, è sicuramente il grande successo ottenuto dai romanzi sardi negli ultimi anni.
In Sardegna, prima che si affermasse la “nouvelle vague”
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, la narrativa non godeva di una
grande considerazione. Questo fatto era dovuto in parte alla presenza nell‟isola di un numero
ristretto di lettori, in parte alla diffidenza verso la produzione indigena (atteggiamento non
nuovo, di cui aveva fatto le spese anche la Deledda).
In passato i lettori sardi preferivano acquistare libri sull‟ambiente o testi di saggistica storica
e, se optavano per la narrativa, si orientavano verso quella di provenienza “continentale”,
ampiamente promossa dai settimanali femminili.
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L‟espressione “nouvelle vague sarda” è ormai impiegata correntemente in ambito letterario come sinonimo di
“nuova narrativa sarda”. Essa comparve per la prima volta su Panorama (numero 46 del 13 novembre 2003) in
un articolo firmato da Goffredo Fofi.
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Da circa un ventennio, invece, la situazione è radicalmente cambiata e i romanzieri sardi
hanno ottenuto e continuano ad ottenere un largo consenso presso il pubblico sia isolano che
nazionale. Tale consenso non riguarda soltanto gli scrittori che pubblicano presso case editrici
della penisola (quindi in qualche modo riconosciuti fuori dalla Sardegna), ma anche quelli che
affidano i loro lavori agli editori sardi.
L‟improvviso rigoglio della letteratura sarda ha alla base l‟attività svolta dai premi letterari,
dalle case editrici e dalle riviste letterarie.
Il ruolo dei premi letterari è fondamentale per la promozione della narrativa in generale. Nel
caso della Sardegna, sono stati principalmente i concorsi nazionali a riconoscere l‟operato
degli scrittori sardi: le carriere di Marcello Fois, Flavio Soriga e Gianni Marilotti, ad esempio,
sono iniziate in seguito all‟assegnazione, rispettivamente nel 1992, 2000 e 2003, del Premio
Calvino, un concorso destinato esclusivamente a opere inedite di scrittori esordienti, mentre
quelle di Salvatore Mannuzzu e Salvatore Niffoi sono state favorite dall‟attribuzione
rispettivamente del Premio Viareggio nel 1989 e del Campiello nel 2006.
Anche i premi letterari sardi hanno contribuito alla diffusione della letteratura della regione,
seppure in misura minore. Nella maggior parte dei casi, infatti, i concorsi letterari isolani sono
riservati a poesie in “limba”, e i pochi destinati alla prosa in italiano sono orientati
principalmente al riconoscimento dell‟attività di scrittori già affermati, più che alla scoperta di
nuovi talenti. Un‟eccezione è rappresentata dal Premio Junturas, nato nel 2002 su iniziativa
dello scrittore Salvatore Niffoi e destinato a opere inedite.
Nell‟individuazione di nuovi talenti, in Sardegna, un ruolo di primo piano è ricoperto dalle
case editrici: sono loro oggi a scommettere sugli scrittori emergenti.
Stando ai dati raccolti nel 2005, attualmente nell‟isola si contano 45 case editrici, di cui 10
abbastanza grandi da poter essere considerate piccole case editrici a livello nazionale. Tra
queste ultime spicca Il Maestrale.
Nata nel 1992 ad opera di due librai nuoresi, Giuseppe Podda e Raffaele Casula, per
rispondere alle numerose richieste dei clienti alla ricerca di copie di classici ormai fuori
catalogo, questa piccola casa editrice ha fatto la scelta coraggiosa di concentrarsi sulla
8
narrativa sarda, dando così un forte impulso alla valorizzazione degli autori isolani. Alla
collana Tascabili, riservata ai nomi noti della letteratura sarda come Deledda, Lussu e Atzeni,
si è aggiunta nel giro di pochi anni la collana Narrativa, destinata a raccogliere le opere di
scrittori esordienti. Inaugurata da Fois nel 1997 col romanzo Nulla, si è arricchita nel tempo di
firme ormai note come Salvatore Niffoi, Francesco Abate, Flavio Soriga. Dopo i primi 10
anni di attività, Il Maestrale ha cominciato a distribuire anche nella Penisola, forte
dell‟appoggio della casa editrice Frassinelli, con la quale ha pubblicato in coedizione alcuni
romanzi di Fois, Todde e Abate.
Le caratteristiche che hanno portato al successo questa piccola casa editrice sono riassunte
nelle parole di Giancarlo Porcu, direttore editoriale del Maestrale, che in una recente intervista
ha dichiarato: «La narrativa forma l‟asse principale della produzione, con particolare riguardo
al romanzo di buona scrittura e buone idee. […] “Scrivi bene di quel che conosci davvero” è
infatti un valido imperativo di cui verifichiamo l‟operatività in ciò che valutiamo e
pubblichiamo»
4
. La qualità dei prodotti, la scelta di rivolgersi prevalentemente ai giovani, la
realizzazione di libri di dimensioni ridotte e dal prezzo contenuto, sono solo alcune delle
strategie di mercato impiegate dalla casa editrice nuorese.
I risultati di queste felici scelte editoriali sono sotto gli occhi di tutti: gli autori del Maestrale
superano abbondantemente le 600-800 copie vendute in media dai libri di narrativa sarda
5
. Per
fare alcuni esempi: Il viaggio degli inganni di Salvatore Niffoi ha venduto 3.500 copie, I
diavoli di Nuraiò di Flavio Soriga 3.100 solo nel primo anno, Lo stato delle anime di Giorgio
Todde e Fàulas di Luciano Marrocu 3.000 solo nei primi due anni
6
.
Infine un altro contributo importante alla diffusione della narrativa nell‟isola lo hanno dato
riviste come “La grotta della vipera”, “Ichnusa” e “Nae”. Fondate da letterati, scrittori e
intellettuali per favorire il dibattito culturale, per decenni hanno accolto nelle loro pagine
interviste, recensioni, dibattiti e racconti.
4
L’editore si racconta: Il Maestrale, articolo comparso sulla rivista L’estroverso maggio-giugno 2011.
5
Manlio Brigaglia Qualche problema di mercato in La Nuova narrativa in Sardegna. Atti del convegno in onore
di Michelangelo Pira, Quartu 26/27 ottobre 2002, Cagliari, Tema.
6
Ivi, pp. 25-27. I dati si riferiscono al 2002.
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Dalle librerie italiane a quelle europee il passo è breve. I romanzi di molti autori sono stati
tradotti in vari paesi europei, e non si tratta solo di scrittori ormai affermati, come Fois, Todde
e Niffoi, ma anche di nomi più recenti come Milena Agus, Alessandro De Roma e Michela
Murgia.
La Francia è particolarmente interessata al fenomeno. Nell‟ultimo decennio la narrativa sarda
è diventata sempre più presente nelle librerie d‟oltralpe, tanto da spingere Next, il
supplemento mensile di Libèration, nel 2007, a parlare di una vera e propria nouvelle vague.
Tra gli scrittori più apprezzati in terra francese c‟è la cagliaritana Milena Agus. Il suo primo
romanzo tradotto in Francia, Mal de pierres (2007), con 50.000 copie vendute ad appena un
mese dall‟uscita, ha segnato l‟inizio della fortunata carriera della scrittrice oltralpe, tanto che
il romanzo successivo (Ali di babbo, 2008) è uscito prima in Francia che in Italia.
L‟interesse europeo sta coinvolgendo anche l‟ambito accademico con l‟organizzazione di
convegni e la discussione di tesi di laurea su quello che è ormai considerato un interessante
caso di “letteratura minore”, perché prodotta dalla minoranza sarda nella lingua della
maggioranza (l‟italiano). Nel 2000, per esempio, l'Università di Stoccarda ha ospitato il
convegno Sardische Sprache und Literatur zwischen Tradition und Modernität (Lingua e
letteratura sarda fra tradizione e modernità), mentre nel 2008 Birgit Wagner, docente
all'Università di Vienna, ha pubblicato il libro Sardinien: Insel im Dialog: Texte, Diskurse,
Filme. Anche il convegno sull‟identità sarda, svoltosi nel 2011 a Parigi in collaborazione con
l‟Université de Paris Ouest Nanterre la Défense e l‟University of Leeds, è frutto della
crescente attenzione internazionale per la cultura e la letteratura isolana.
1.3.2 GENERE POLIZIESCO
Un‟altra caratteristica innovativa della nouvelle vague sarda è, come già detto, il notevole
successo dei racconti polizieschi.
Nati alla fine degli anni Ottanta, i romanzi della “scuola sarda di giallo” sono stati anche
definiti «falsi gialli» (Marci, 2006: 310) perché prendono le mosse da un delitto per condurre
il lettore a riflettere su aspetti estranei alla soluzione del caso. Attraverso le indagini svolte dai
personaggi, infatti, gli scrittori si soffermano sui mali che affliggono l‟isola e risalendo nella
memoria individuale e collettiva cercano di individuarne le origini. Dato il carattere